Tra Oriente e Occidente

Il Limite / 114

Tra Oriente e Occidente

di Raniero Regni

 

I cinesi non sono andati meno avanti dei greci, sono andati altrove

         C. Bollas, La mente orientale

 

 Il mondo è oggi diviso in lingue e culture (più di seimila), in nazioni (più di duecento), in civiltà (almeno cinque). Possiamo ridurre ancora il discorso a due ancor più grandi prospettive quali quelle di Oriente ed Occidente? Possono essere concetti utili oppure sono delle categorie arbitrari e quindi inutili o addirittura pericolose?

Certo la mente corre subito alla guerra in Ucraina, dove si fronteggia l’Europa occidentale e i suoi alleati contro la Russia, potenza dell’Europa orientale. Così come corre al fronteggiarsi, nel nuovo mare decisivo, l’Oceano Pacifico, degli Sati Uniti e della Cina. Ma il pensiero può andare anche ad un famoso dibattito tra due grandi intellettuali tedeschi, avvenuto nel secondo dopoguerra, C. Schmitt e E. Junger. Il primo sa che esiste un legame profondo tra il paesaggio, la cultura, l’organizzazione sociale e la dimensione politica. Ci sono potenze di mare e potenze di terra, libere e spregiudicate le prime, conservatrici e legate allo spazio vitale le seconde. Tra la casa e la nave, tra il contadino e il marinaio, tra l’agricoltore e l’ingegnere esiste una tensione insanabile. Ma Schmitt sa anche, da storico, che le cose accadono una volta sola e la verità storica “è vera solo una volta”. Per cui ogni evento è unico.

Per Junger invece, Oriente e Occidente non sono solo luoghi storici e geopolitici unici e irripetibili, ma due dimensioni o metafore fondamentali che possono essere presenti in ogni civiltà, in ogni cultura, persino in ogni essere umano. La contrapposizione è antistorica e antispaziale, come polarità elementare, archetipica, mitica, simbolica, caratteriologica. L’Oriente è il simbolo elementare della necessità, del destino, della fatalità, della quiete, dell’immobilità, dell’eternità. L’Occidente è libertà, storia, decisione, azione, mobilità, temporalità, giustizia. L’opposizione è tra Mythos e Ethos, in ultima istanza, tra libertà e dispotismo. Di nuovo, non due luoghi fisici, ma “due strati della natura umana che ciascuno reca in sé”.

Per qualcuno l’oriente è una costruzione occidentale, prodotta dall’orientalismo. Come scrive E. Said, “l’Oriente non è solo adiacente all’Europa; è anche la sede delle più antiche, ricche, estese, colonie europee; è la fonte delle sue civiltà e delle sue lingue; è il concorrente principale in campo culturale; è uno dei più radicati e ricorrenti simboli del Diverso”. Per altri autori l’Oriente è sempre stato pensato come ciò che manca all’Occidente, con un legame dialettico di attrazione e repulsione. La mente orientale compensa e integra i limiti di quella occidentale, ognuna è quello che manca all’altra.

Se l’opposizione che abbiamo provato a delineare ha una qualche verità, si pone una domanda ulteriore. Tra Oriente ed Occidente, qual è il ruolo oggi dell’Europa? È evidente che l’Unione Europea rappresenta in pieno la civiltà occidentale, ne è stata la culla, ma al contempo, la sua natura non imperiale le permette di sfruttare la sua curiosità e la sua capacità di dialogo con il resto del mondo, senza scopi di dominio.

Tra il cosmopolitismo auspicabile del one world, di un futuro mondo unito e pacificato e il multipolarismo realistico di più potenze globali che si mantengono in equilibrio, l’Europa ha o dovrebbe avere un grande ruolo di mediazione e di armonizzazione. Di difesa dei suoi valori, come quello della libertà e del rispetto della persona, di giustizia e diritto, ma anche di apertura e dialogo.

L’Europa potrebbe evitare le unilateralità dei due estremi, l’individualismo consumista-produttivista e la presunzione tecnologica dell’occidente americano e la mancanza di libertà e l’assenza di una società civile orientale, russa e cinese. Come potrebbe assorbire la grande spiritualità e saggezza che vengono da Oriente e il pragmatismo e la fiducia nella scienza statunitense. Insomma, prendere il meglio ed evitare il peggio, dando vita ad una forma davvero democratica di patriottismo europeo.

L’Unione Europea potrebbe poi aggiungere una superiore coscienza ecologica capace di produrre un futuro sostenibile, cercando non il potere ma la potenza spirituale in una saggia convivenza con la natura.

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