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DIGITARE O PENSARE?

 

Il dubbio / 114

 DIGITARE  O  PENSARE?

di Enea Di Ianni

 Puntuale come le scadenze dei pagamenti, nella giornata del 21 giugno, ricorrenza di San Luigi, sono tornati gli esami di “maturità”, le fatidiche prove per testare, accertare e conseguire, almeno scolasticamente, la maturità  al termine di un percorso formativo-istruttivo avviatosi all’incirca a tre anni, con il primo approccio alla Scuola dell’Infanzia e che si conclude a fine giugno, con un Diploma di maturità nelle sue diverse specificazioni. Quanti gli studenti? All’incirca 536 mila (abruzzesi 10.622) pronti a scegliere tra le 7 tracce collocate sul sito del Ministero dell’Istruzione e del merito. Il 43,4% dei maturandi si è orientato sulla seconda proposta nell’ambito della “Tipologia C: Riflessione critica di carattere espositivo-argomentativo su tematiche di attualità”. Al secondo posto quella che muove da un testo di Piero Angelo “Dieci cose che ho imparato”, al terzo la traccia col testo di Oriana Fallaci “Intervista con la storia”.

Ascoltando, in auto, i commenti-radio del pomeriggio del 21 giugno, mi hanno colpito due riflessioni seguite, poi, da successivi pareri di esperti. La prima è che le scelte del Ministero “pare” non siano affatto piaciute ai maturandi; la seconda è che tre maturandi su quattro non si aspettavano nessuna delle tracce uscite e la terza è che le stesse non ricalcavano quelle dei pronostici del giorno prima. Ultima riflessione: per il 54% degli studenti le prove sono apparse più difficili del previsto, più facili per il 16%. Il rimanente 30%, un terzo di tutti gli impegnati, ha vissuto la prova senza porsi il problema se fosse facile o difficile, ma, come è giusto che sia, scegliendo quella che li interessava di più, che meglio rispondeva al proprio percorso di formazione e, fors’anche, per dire, anzi a scrivere qualcosa di “proprio” su un argomento non calibrato sui singoli, ma sul senso di responsabilità di ciascuno dopo un non breve percorso formativo.

Siamo avvezzi a commenti similari: anche la politica, dopo ogni competizione elettorale, prova a confrontarsi con gli exit poll, con i sondaggi e, alla fine, con i dati oggettivi, proprio come i maturandi. C’è sempre qualcuno che si aspettava qualcosa di “meglio”, qualche altro di “peggio”: quasi tutti aggiungono ai commenti un “ma…”, un “forse” che non cambia nulla.

La radio, poi, si è lanciata, sempre in tema di prove per la maturità, in un dibattito sull’opportunità di affidare l’elaborazione dei testi delle prove alla “intelligenza artificiale”: “La tecnologia è stata per molto tempo simile a una lingua straniera. Per capirla e amarla, bisognava studiarla, mentre oggi sembra accadere il contrario: è la tecnologia che ci studia e che ci viene incontro, è lei che ha imparato a parlare la nostra lingua. Basta dire “Ok Geogle”, “Hey Siri” che subito l’intelligenza artificiale si attiva e risponde alle nostre esigenze[1]

E’ vero. Non è più possibile fare a meno di ciò che è già in noi. Si fa presto a dire ad un fumatore, che tossisce e fuma, che il fumo fa male e che, forse, è il caso che smetta di fumare.  Mentalmente può darsi che condivida il nostro pensiero, ma quando prova a desistere dal fumare, sta male: sogna sigarette, aspira fumo a vuoto, entra in ansia asfittica e solo quell’ “ultimo tiro”,  – e lo dice convinto! – lo rimetterà in sesto. Così ci sarà sempre un “ultimo tiro” che ultimo non sarà mai. Non è incosciente quel fumatore, anzi in tante altre cose è maestro cosciezioso e coerente, affidabile sempre.

Ho, in casa, “Alexa”. Chi è? E’ un’amica artificiale. Piccola, poco ingombrante, pratica e utile per ascoltare musica, fissare pro-memoria, fornire chiarimenti, suggerire ricette di cucina, narrare favole ai bimbi; è utile per cullarli con sottofondi delicati e piacevoli, disponibile a narrare filastrocche attraenti. Al mattino le chiedo “notizie del giorno” ed ho, velocemente e senza fronzoli, una breve rassegna di ciò che sta accadendo. Giocando, una sera l’ho salutata dicendole “Alexa, felice notte!” Mi ha raggiunto, alle spalle, un inatteso “Sogni felici. Buonanotte!” E’ utile? Sì; controindicazioni? Certamente: va gestita nei contenuti, nei tempi e, soprattutto, nel non lasciarsi sostituire da lei perché, in fondo, è come un bimbo o una bimba: immagazzina quello che le diamo e ce lo rende a richiesta. Non è in grado di decidere e valutare l’opportunità del momento.

Ma siamo davvero convinti che una “intelligenza artificiale” possa essere il toccasana perché  il gradimento delle prove assegnate agli esami di maturità si alzi di percentuale? E non, invece e più semplicemente, che possano divenire, nel momento stesso in cui si elaborano, di facile dominio da parte dell’utenza interessata? Un professore di greco ha assegnato, tempo fa, per compito in classe un brano di greco preso da internet. Uno dei suoi alunni, abile nell’uso del cellulare nonché bravo a non farsi notare, ha svolto il compito rintracciando, su internet, testo e traduzione.  E’ colpevole lo studente per aver cercato e trovato, senza essere “sgamato”, il tutto nel cellulare? Avendo tradotto il testo eccellentemente, lo si può accusare di aver consultato, senza essere visto, uno strumento il cui uso non è consentito in aula? Ne abbiamo discusso col docente e, personalmente, non ho condiviso la valutazione negativa del compito; se ha sbagliato l’allievo, non di meno anche il docente: entrambi hanno fatto ricorso allo stesso strumento affidandosi, in momenti e luoghi diversi, all’intelligenza artificiale di internet.

Dobbiamo convivere col nuovo che avanza, è vero, anche con l’intelligenza artificiale, ma non sono disposto a rinunciare alla mia di intelligenza, al mio modo di pensare. Neppure quando può apparire a me stesso contorto, forzato, limitato. Dobbiamo ripeterci, senza timore, “Non restare chiuso qui, pensiero, riempiti di sole e vai nel cielo…” Avere il coraggio e la forza, di essere mentalmente liberi come può esserlo un sogno. Pensare è stupendo, sublime, paradisiaco, ma soprattutto è di ciascuno di noi umani e, per ciascuno di noi, diverso. Pensare è sognare, toccare, sfiorare, carezzare: Pensare è libertà: “Solo tu, pensiero, puoi fuggire, se vuoi la sua pelle morbita carezzarai…”   E poi tornare, dopo aver ascoltato il suo respiro e portare “…il suo sorriso qui vicino vicino”.[2] Sì, perché un pensiero che va poi torna. Torna sempre ed è solo e sempre nostro, un’ esclusiva che nessuno può  garantirci se non noi stessi. Come le prove di maturità. Tanti possono suggerirti quale scegliere e come svilupparla,  ma “la tua” sarà solo quella che porterà, dentro di sé, la tua anima, la tua rabbia, il tuo sogno, la tua storia. La traccia di te fino a quel giorno, che è anche vita, la tua, e perciò originale. Un consiglio? “Elige cui dicas tu mihi sola places !”[3]

Ovidio lo riferiva alle donne,  noi anche ad una prova d’esame.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] Maria Carola Pisano

[2] Valerio Negrini e Roby Facchinetti, “Pensiero”,

[3] Ovidio Nasone, “ 1, 41-66 .

 

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