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VINÍCIUS DE MORAES POETA

Marcus Vinícius da Cruz de Mello Moraes  (Vinícius de Moraes) (Rio de Janeiro, 19 – 10 -1913 / 9 – 7 -1980)  poeta, cantante, compositore, drammaturgo. Nasce in una famiglia ricca, autore di testi famosi, da una sua opera fu girato il film Orfeo negro.

Nel libro Vinicius de Moraes: o Poeta da Paixão – uma Biografia il biografo José Castello descrive il poeta come un uomo che ha vissuto per andar oltre e smentirsi; per concedersi totalmente e fuggire, dopo, definitivamente; per giocare, infine con le illusioni e con la credulità; per essere cosciente che la vita niente di più è se non una forma incarnata di finzione. Un uomo appassionato con la coscienza e la cultura di esserlo. E’ stato detto di lui: “Vinicius è l’unico poeta brasiliano che osò vivere sotto il segno della passione, ovvero dalla poesia allo stato naturale”. “Io avrei voluto essere Vinicius de Moraes” , Riconosciuto come l’unico poeta carioca, diceva di se stesso di non esser nient’altro che “un labirinto alla ricerca di un’uscita”. 

Dentro questo intricato labirinto la grande poesia di Vinicius sta nella percezione del lato oscuro dell’uomo e del coraggio di viverlo affrontandolo. I temi fondamentali della sua opera possono essere riassunti nell’ossessione del mistero, della passione accesa e  malinconia e la morte. La morte intesa non solo come la fine della vita ma soprattutto come il termine doloroso di tutte le tappe giornaliere che implicano coscienza e raziocinio così come la loro mancanza, dal desidero all’amore e alla sua fine.

Il periodo che visse in apparentemente distacco con la poesia  per diventare uno show-man della MPB, per vivere nuovi matrimoni, per trascorrere la vita viaggiando, Vinicius in un compulsivo esercizio di inconsapevole-consapevole autoanalisi stava esercitando, più che mai, il sentimento di vivere poeticamente la propria esistenza.

(R. Puzzu)

 

 

 

Sonetto di Devozione

Questa donna che si butta, fredda

E lubrica tra le mia braccia, e tra i seni

Mi stringe e mi bacia e balbetta

Versi, preghiere d’amore e improperi.

Questa donna, fior di melanconia

Che ride dei miei pallidi timori

L’unica tra tutte alla quale ho dato

L’affetto che a nessun’altra avrei dato.

Questa donna che di ogni amor proclama

La miseria e la grandezza di chi ama

E conserva il marchio dei miei denti su di lei.

Questa donna è un mondo! – una cagna

Forse… – ma nella cornice di un letto

Nessuna donna è stata cosi bella!

 

Tenerezza

Io ti chiedo perdono di amarti all’improvviso
Benché il mio amore sia una vecchia canzone alle tue orecchie,
Delle ore passate all’ombra dei tuoi gesti
Bevendo nella tua bocca il profumo dei sorrisi
Delle notti che vissi ninnato
Dalla grazia ineffabile dei tuoi passi eternamente in fuga
Porto la dolcezza di coloro che accettano malinconicamente.
E posso dirti che il grande affetto che ti lascio
Non porta l’esasperazione delle lacrime né il fascino delle promesse
Né le misteriose parole dei veli dell’anima …
È una calma, una dolcezza, un traboccare di carezze
E richiede solo che tu riposi quieta, molto quieta
E lasci che le mani ardenti della notte incontrino senza fatalità lo
sguardo estatico dell’aurora.

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