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DARIO BELLEZZA E LA SUA «CANZONE PER POCHI ELETTI», tra Pier Paolo Pasolini e Amelia Rosselli

Letteratura e Poesia  / 102

DARIO BELLEZZA E LA SUA «CANZONE PER POCHI ELETTI»,

tra Pier Paolo Pasolini e Amelia Rosselli

Mi ha fatto conoscere il suo lavoro Carola Masini, un’artista delle arti plastico – visive di singolare talento con un occhio attento non solo alla dialettica della contemporaneità dell’arte ma anche alla produzione poetica nazionale ed alla musica. Così è nato l’interesse per il lavoro di Dario Bellezza, per la sua «canzone per pochi eletti» nata  con un occhio attento a Pier Paolo Pasolini, suo padre putativo e ad una collaborazione stretta con Amelia Rosselli. Tra  letture che privilegiavano  Rimbaud insieme ad altri “maledetti”, fino ai primi anni Novanta Dario Bellezza ha passato le giornate a scrivere nel suo appartamento di via dei Pettinari a Roma, dove riceveva amici e qualche volta si relazionava con la stampa.

Caratterizzano la sua opera: la pungente ironia, la dissacrante (e pasoliniana) critica alla «più consolatrice borghesia» (Bellezza 2015), l’attenzione profonda, spontanea e pietosa – «fin troppo miseramente umana»,  con la voce di Pasolini – rivolta all’uomo e alle creature, prime fra tutte i gatti. È il ritratto di un poeta che ha saputo esprimere e difendere il proprio “non-io” senza censure e con fare orgogliosamente barocco, «con una dialettica tra allegro rifiuto del mondo, da una parte, e teatralizzazione dolente, dall’altra» (Luperini 2012), nello sfidare orgogliosamente e sprezzantemente l’ignoranza gratuita che troppo spesso lo ha condannato a essere reietto, emarginato e incompreso.

Era stato scoperto e lanciato da Pasolini, nel definirlo, al suo esordio poetico, di cui scrisse nel risvolto di copertina: «il miglior poeta della nuova generazione» (Bellezza 1971),  che lo introdusse inoltre nei salotti letterari romani popolati da poeti e intellettuali come Sandro Penna, Alberto Moravia, Elsa Morante e Anna Maria Ortese.

La «poesia di Bellezza» – scrive Roberto Deidier nell’introduzione al volume di Tutte le poesie«appare in fuga, o meglio si costruisce e si atteggia come una fuga» (Bellezza 2015) legata a un dissidio-scissione che intreccia realtà e finzione. L’ambiguità, tratto fondamentale dello stile del poeta, sia sul versante concettuale che formale, quale dualità e ambivalenza e contrasto e opposizione, viene lusingata, cercata, respinta e infine applicata in modo turbolento ma costante ai nuclei tematici prediletti dall’autore, organizzati in un repertorio fisso perennemente rielaborato nel corso della sua carriera. L’ambiguità travolge l’amore, intimamente legato alla fisicità, la religione, intesa sia come fede tradizionale che come serbatoio di miti tra ricerca di salvezza e condanna ineluttabile e, infine, la quotidianità, garante per l’io di spontaneità e parimenti teatro di azioni ripetute e ossessive. La prima opera poetica di Bellezza, ovvero Invettive e licenze (Garzanti 1971), ne è una dimostrazione: le «licenze» di Bellezza sono infatti pensate come la controparte delle «invettive» in una incessante dinamica degli opposti, i quali si trovano impegnati in dialettiche insolvibili e vengono resi oggetti e mezzi di una ricerca mai destinata a placarsi.

Abbiamo scelto una poesia che rende le caratteristiche poetiche del Poeta a Libro di poesia (Garzanti 1990)

Congedo

Pasolini Ginsberg Sandro Penna
e quanti altri mai ebbi maestri
Kavafis Leopardi Baudelaire
eccomi a voi ignaro e deluso
affondare il bisturi della poesia
sopra il mio corpo lasso:

tutto è perduto, il mondo lascio
indifferente ad altri, canto
una canzone per pochi eletti
che si raccolgono intorno
al mio pianto: ho sbancato

la vita fuggendo mi ha lasciato
qui desolato e incapace di
procedere; una volta
sapevo ancora combattere
con le armi della dialettica
una battaglia celestiale.
Spreco di aggettivi oggi mi basta
per rimanere fermo su un letto
fra tepore e consiglio di vittorie
future da combattersi mai:
la poesia persino fu liquidata
al suo congedo definitivo:
non resta che piangere un pianto
senza lacrime, ditelo al nemico.

Tunìs 1988

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