HomeLa RivistaSPERARE ANCORA?

SPERARE ANCORA?

Il Dubbio / 99

SPERARE ANCORA?

di Enea DI Ianni

Non si finisce mai di imparare e, quanto più si apprende, si rimane sempre meravigliati per quanto l’inimmaginabile sia appostato dietro l’angolo.

E’ di questi giorni la notizia davvero strana per me, ma anche per tanti sulmonesi apparsa sul giornale “Il Germe”,Sulmona,: “La scuola non esiste: bloccati i lavori di demolizione… “   Si tratta della scuola “Giuseppe Lombardo Radice”, dal 1917 svuotata dei bimbi e di ogni attività perché non rispondente ai parametri sulla sicurezza sismica.

Nel settembre 1995 assunsi servizio, come Direttore Didattico, al 3° Circolo Didattico di Sulmona, in viale Togliatti. Era una scuola di recente costruzione, su due piani e, credo, risalente agli anni settanta. Immersa in un bagno di verde campagnolo a primavera e giallo oro in autunno, la scuola si apriva alla frequenza di alunni appartenenti  per lo più a nuclei familiari ubicati fuori dal centro storico, oltre il ponte Capograssi. Il primo settembre 1995 presi in consegna l’istituto e proprio in tarda mattinata, accompagnato dai collaboratori scolastici, presi coscienza dell’enorme spazio incolto  che circondava la struttura rimanendone fortemente impressionato e affascinato. Poi, riguardando tutt’intorno l’edificio, mi accorsi che l’immobile era dotato anche di due scale antincendio: una sul versante nord-est e l’altra  su quello sud-ovest. Le scale, metalliche, conducevano direttamente da terra al piano superiore e, in caso di emergenza, avrebbero permesso l’evacuazione, in sicurezza, di alunni e personale impegnato in quel piano. Ma erano semi coperte da parte della vegetazione ingiallita, con i collaboratori provammo a raggiungere il piano superiore e scoprimmo che quelle due scale sarebbero state assolutamente inutilizzabili. Considerato che, da quella mattinata, ero io il diretto responsabile della sicurezza, contattai immediatamente i tecnici comunali che, devo ammettere, senza indugio, ci raggiunsero rimanendo essi stessi sorpresi. Si interrogarono su ruolo del progettista, del direttore dei lavori, sui collaudi per  agibilità e sicurezza. Io, a dire il vero, avevo ben poco da interrogarmi, ero interamente preso dal tema “responsabilità” perché da quella mattinata, firmando la presa di servizio, mi ero assunto la piena responsabilità  su tutto ciò che potesse accadere anche in tema di sicurezza e prevenzione. Avevo firmato ritenendo che, almeno in relazione alla struttura, data la sua recente costruzione, sulla sicurezza e l’agibilità dell’edificio non ci fossero problemi di sorta.   Allertate formalmente le autorità competenti, devo dire che Ufficio tecnico comunale e Vigili del Fuoco, furono davvero solerti al massimo e, in men che non si dica, quelle due scalinate si aprirono ai rispettivi accessi consentendoci di avere sul serio anche la sicurezza sismica (dopo il terremoto dell’84, anche Sulmona, “toccata” dal sisma, aveva ricevuto fondi specifici).

Poco dopo il “3° Circolo Didattico” divenne Direzione Didattica StataleGiuseppe Lombardo Radice” e anche le diverse scuole ebbero una intitolazione cessando genericamente di chiamarsi col nome della via che le ospitava. Gli spazi incolti, intorno alla Direzione, si trasformarono in campetti per il calcio, per la pallacanestro, per il tennis, e per l’atletica; il tutto arricchito, nel perimetro interno, da alberi da frutta.  Intorno e dentro quella scuola sono fiorite esperienze didattiche e momenti di vitalità che hanno avuto, protagonista principale, l’infanzia tutta, senza distinzione alcuna, e, come co-protagonisti, insegnanti, genitori, nonni e nonne, gente comune e istituzioni. In quella scuola hanno preso consistenza progetti di inserimento e integrazione mettendo, fianco a fianco, famiglie italiane e famiglie albanesi, rumene, polacche, colombiane, ucraine, messicane, russe, tedesche e uruguaiane. Proprio quella scuola, che oggi non “esisterebbe, è stato luogo e sede di coordinamento per esercitazioni sulla sicurezza intercomunale e, nel 2009, durante gli effetti del sisma, ha ospitato il Consiglio comunale di Sulmona nella seduta in cui  si deliberò, tra l’altro, il “Piano sulla sicurezza sismica. Voglio dire che quell’edificio scolastico c’era, c’era già dagli anni 70.  Con la riforma “Moratti” la “Lombardo Radice” e la scuola dell’Infanzia “Don Bosco” hanno sperimentato i singoli aspetti delle innovazioni proposte confrontandosi, periodicamente, con altre 79 Direzioni e con lo stesso Ministero dell’Istruzione. C’erano le strutture: la palestra per le attività ginnico-sportive, la Biblioteca dei ragazzi, ùl’ampio atrio vivacizzato, sempre, da momenti d’arte, di teatro, di accoglienza e di commiato, gli ambienti specifici per le esercitazioni delle “Banda musicale Radice” e dell’omonimo coro folcloristico e il laboratorio di informatica. Quellpo di pittura e scultura venivano coordinati dagli artisti Di Placido e Malvestuto e gli ambienti-mensa, colorati con garbo., oltre agli uffici di Segreteria e Direzione e un’ampia e accogliente sala per i momenti di collegialità culturale e didattica e di rappresentanza. E siccome il grigio esterno delle pareti in cemento  non consentiva di poter essere “vivacizzato” con i colori dell’età infantile, gli stessi ragazzi della “Radice” provvidero, assistiti da insegnanti e collaboratori e coordinati dal prof. Umberto Malvestuto,  a realizzare due pannelli istoriati con i personaggi della loro fantasia, due pannelli che furono – e sono! – collocati sopra l’ingresso principale a testimoniare e ricordare che il luogo, “quel luogo”, non potesse che appartenere all’infanzia, ai ragazzi, alla loro fantasia.   Il 31 agosto del 2012, al momento di lasciare il servizio attivo di Dirigente scolastico, ero lì con tutto il personale. Ero in quell’atrio che ci aveva visti e accolti tantissime altre volte risuonando del fresco e gioioso clamore che sanno fare da sempre solo i bimbi e i ragazzi. L’ho vista, quella scuola, con i bambini fino al 2017, poi si è svuotata per poter essere messa  sismicamente a norma. Non  nascondo la tristezza provata ogni volta che mi è accaduto di passarci a lato e prendere atto che il vuoto e la desolazione  si erano sostituiti alla vivacità fresca e prorompente di frotte di alunni dai grembiulini color cielo, al vociare pacato di genitori e nonni in attesa dell’uscita, al via vai frettoloso  di insegnanti e collaboratori scolastici. Da un giorno all’altro il niente… da tanto di tutto a niente! Per tutti questi anni abbiamo lasciato aperta la porta alla speranza. Insegnanti, bimbi, genitori, operatori scolastici, cittadini come me  hanno continuato a credere  che sarebbero tornati a risentire il suono della campanella che apriva al riversarsi della fiumana di bimbi, dal grembiule color cielo, sull’esterno dell’edificio e, prima di perdersi negli abbraccio dei familiari, tornare a riascoltarli inneggiare alla loro età con i versi dell’inno che erano soliti intonare ad ogni evento: “Se il colore dei grembiuli sa di cielo, c’è nel cuore tanto verde di speranza e il calor dei nostri affetti scioglie il gelo. Siamo noi la gioventù che già s’avanza! Sperare ancora?

Nessun Commento

Inserisci un commento