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“Nu paése nevèlle”

Abruzzesità poetica / 98

“Nu paése nevèlle”  

di Vittorio Monaco

 Ci sono luoghi che non si vedono, non possono essere visti da tutti.

Sono i paesi di dentro, come le voci di dentro, vivono centro di noi, dentro ciascuno di noi. Come sono fatti, vi chiedete? Come tutti i paesi, anzi meglio, nel senso che sono come noi li immaginiamo e desideriamo, come corremmo che fossero. Ci sono strade, case, pietre, erba: Ci sono le stelle e gatti che vivono senza cibo.  Non sono di nessuno, cioè ognuno di noi può immaginarsene uno a sua misura anche se, in genere, ognuno di noi ne ha uno e se lo porta appresso sempre. E’ il paese del cuore, degli affetti, del “C’era una volta…”, il paese di un’infanzia trascorsa, di una gioventù passata, di gente andata eppure ancora dentro di noi.

Basta poco per riviverlo, quel paese anche perché il treno che ci conduce da lui non ha bisogno di binari, di ferrovia. No, ha bisogno solo di voglia di andarci e lo si può raggiungere da svegli, immaginandolo, o dormienti, sognandolo. Vittorio Monaco, col suo dialetto pettoranese, è riuscito ad innamorarci di quel paese e, magicamente, ci ha invogliati a mettere in marcia il nostro, di treno: Quello di ciascuno di noi. Un fischio e via: si parte!

“ Nu paése nevèlle ”                

 di Vittorio Monaco

 

Ogne tréne che péjje,

a l’addòrme o revéjje,

pòrta au paése mia!

Nu paése de vie

sòle, de jèrve e préte,

d’ènne remaste arréte

(le case, sempre chèlle –

chiù funnùte, le stèlle)

E jatte a l’addejùne…

Na tèrra de nesciùne,

a do’ se fèrma sèmpre

(da jennàre a decièmbre)

sòle qui tréne mia –

sènza la ferruvìa.

 

UN PAESE DA NESSUNA PARTE (Che non c’è)

Ogni treno che prendo,

a occhi aperti o dormendo,

porta al paese mio!

Un paese di vie

sole, di erbacce e pietre,

di anni rimasti indietro

(le case, sempre quelle –

più remote, le stelle! )

e di gatti digiuni…

Un luogo di nessuno,

dove fa scalo sempre

(da gennaio a dicembre)

solo quel treno mio –

senza la ferrovia.

 

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