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IL SECONDO GRAN RIFIUTO

 

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IL SECONDO GRAN RIFIUTO

Con la celebrazione dei funerali di Papa Benedetto si sono attutiti, ma non cessati, commenti, dibattiti, discussioni, analisi, tesi, sintesi, sulle ragioni e sulle decisioni assunte dal Papa, che ha messo in atto “Il secondo Gran Rifiuto” della storia per la gestione e l’amministrazione della fede cristiana. Ho ascoltato, con la dovuta e rispettosa attenzione, centinaia di argomentazioni. Tutte valide, importanti e apprezzabili, da tenere nella debita considerazione.

Dopo questa doverosa premessa, con molta umiltà, vorrei aggiungere una mia riflessione, senza entrare nel merito delle disquisizioni ascoltate e lette. Subito dopo il terremoto, Papa Benedetto arrivò a Onna per sostenere moralmente gli abitanti del centro più martoriato dal sisma. Giunse calzando le leggerissime scarpine rosse che quotidianamente usava nella residenza romana. Stava per mettere i piedi in una fangosa pozza d’acqua, quando il Comandante dei Vigili del Fuoco lo abbracciò e lo depose amorevolmente sul selciato umido, ma privo d’acqua. La successiva visita a Collemaggio, per rendere omaggio alla memoria del suo predecessore è rimasta scolpita nella mia memoria. La rivedo in tutti i particolari ogni volta che ci ripenso. La Chiesa era gremita di fedeli, di cittadini, di curiosi. Il Papa si è diretto con decisione verso il sarcofago di Celestino. Il suo “Maestro”, che lo aveva preceduto di ben sette secoli. Forse, un filo conduttore, lungo settecento anni, li teneva legati attraverso gli studi, le ricerche, le riflessioni di Papa Benedetto. Credo, anzi sono convinto, che una sola ragione abbia tenuto strette le rispettive radici. “La corruzione”. Presente e dilagante ai tempi di Celestino, dentro e fuori le mura dello Stato Vaticano.”La corruzione”. Più raffinata, dirompente e contagiosa in maniera esponenziale ai tempi attuali. “La pedofilia” e gli intrighi economico finanziari dello IOR. Papa Benedetto si è diretto con decisione verso il sarcofago di Celestino. Si è fermato ai margini dello stesso.. si è concentrato nelle sue idee e, forse, avrà avuto un intenso colloquio interiore con l’anima di Celestino. Dopo di che, con molta grazia e determinazione, ha staccato dal suo collo il “Pallio”, simbolo della pastoralità di Cristo. Con molto garbo e attenzione lo ha posto sul sarcofago, sistemandolo per bene. Questo, a mio parere, è stato il momento solenne con cui Papa Benedetto ha effettuato al sua “Grande rinuncia”, lasciando a Celestino il “Pallio” come garanzia e pegno della decisione assunta. Per un attimo ha sollevato la testa. I nostri sguardi si sono incrociati. Non ho visto gli occhi tranquilli e sereni dello studioso, del teologo. Uno strale di luce vivace, forte, penetrante, si è infilato nelle mie orbite, raggiungendo cuore e anima. La sua testa si è abbassata con un piccolo gesto, con il quale ho avuto l’impressione di aver ricevuto un messaggio importante: “Ho deciso e tu lo sai”. Il secondo “Gran rifiuto” era stato assunto, a tutti gli effetti, anche se la formalizzazione ha avuto la necessità dei tempi tecnici necessari. Si è voltato, dopo essersi segnato di croce, e, con calma, ha imboccato l’uscita per fare mestamente ritorno alla sede romana. Si è verificato, in prossimità dei funerali un fatto, una specie di prova del nove, che potrebbe confermare quanto è accaduto. In una intervista RAI, fatta al suo Segretario personale, questi, guarda caso, ha riferito fatti, particolari e circostanze che confermano decisamente le mie impressioni, le mie sensazioni. Un giorno Papa Benedetto ha fatto promettere, prima di tutto, di non rivelare a nessuno quello che stava per affermare. Poi, ha precisato con chiarezza: “ ho assunto l’impegno di effettuare il mio “Gran Rifiuto”. Non mi sento, in coscienza, di continuare ad amministrare religiosamente e civilmente una struttura piena di corruzione che non osserva le regole”. Al che, il Segretario precisò: “è un argomento oggetto di analisi, di studio, che si potrebbe affrontare nelle opportune sedi con gradualità”. Risposta secca e decisa di Papa Benedetto: “la decisione è stata assunta già da tempo. Non sarà oggetto di alcuna discussione”. Tale decisione era stata maturata e assunta a L’Aquila, all’interno della Basilica di Collemaggio, con la deposizione del “Pallio” sul sarcofago di Celestino.

Questo fatto, attentamente osservato, dovrebbe sollecitare le menti degli amministratori locali. E’ un’occasione da non perdere. Bisognerebbe rintracciare questo prezioso “Pallio”, l’unico mancante alla raccolta effettuata in Vaticano perché si trova a L’Aquila. Sistemarlo e custodirlo gelosamente in una preziosa teca, da collocare nelle immediate vicinanze del sarcofago di Celestino. Sarebbe un ulteriore attrattore per i grandi flussi del turismo religioso. Un bene capace di generare redditi per la nostra comunità. Sono certo, però, che anche questa proposta, da me formulata, farà la stessa fine di quella relativa al tentativo di restituire “dignità” e “prestigio” a un grande artista del secolo scorso: Teofilo Patini. Pittore realista conosciuto nell’ambito comunitario e internazionale. Tenuto in disparte, nell’oblio, nei meandri della memoria. Eppure, ci riempiamo la bocca di essere una delle più belle città d’arte e, poi, ignoriamo i nostri migliori artisti, come se non fossero mai esistiti. Gettandoli nell’oscurantismo. Basta guardare e ammirare i lavori che ha lasciato Patini all’umanità. Il pittore che, cento anni fa, ha avuto il coraggio di denunciare alla pubblica opinione l’inumano sfruttamento delle donne. È arrivato il momento che il Presidente, la Giunta e il Consiglio Provinciale, se esiste ancora, chiamino a raccolta anche gli altri Comuni per redigere un ferreo documento che impegni il Comune dell’Aquila ad assolvere al dovere di restituire ogni “dignità” ad uno dei suoi migliori figli: Teofilo Patini.

(Fulgo Graziosi – Facebook gennaio 2023)

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