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INFLAZIONE TRA MITO E REALTA’

     Economia & Finanza / 71             

  INFLAZIONE TRA MITO E REALTA’

di Mario Travaglini

Non posso far cadere nel vuoto il simpatico richiamo del Professor Palmieri che con il suo editoriale dell’altra settimana, prendendo a pretesto tra il serio ed il faceto l’abnorme aumento del prezzo delle ciliege, mi invitava a spiegare  quel fenomeno e, in modo molto più generale, lo stato dell’arte dell’inflazione e se questa potrebbe essere tenuta sotto controllo con un “vaccino”. Sul primo punto non c’è molto da dire perché è di tutta evidenza che un aumento del 470% non ha niente a che vedere con il processo inflattivo in atto . Il fenomeno è da catalogare nell’ambito di una malattia che spesso contagia in modo collaterale  alcuni settori del lusso ed ha un nome ben noto : la speculazione.

Quanto invece alla seconda questione ricordo ai lettori di essermi più volte  espresso sul tema nella nostra rivista con  L’INFLAZIONE AVANZA, PENSIAMO A PROTEGGERCI ,con QUALI  AZIONI COMPRARE PER PROTEGGERSI DALL’INFLAZIONE ? e con ECONOMIA IN TEMPO DI GUERRA (seconda parte) Facciamo dunque il punto partendo dai dati ISTAT e ponendoci questa semplice domanda: Oggi a cosa è dovuta l’inflazione? I dati emessi dall’Istituto di Statistica ci dicono che a partire dalla seconda metà del 2021, l’inflazione ha cominciato a salire e oggi si attesta  al 7,9% (rilevazione di luglio- fonte e foto è di Soldionline) ovvero a  livelli record a cui non si assisteva da oltre 20 anni. Mi permetto di osservare che le rilevazioni essendo eseguite a posteriori, che essendo passato anche un altro mese e che non tenendo esse conto di molti beni non inseriti nel paniere, sono da ritenersi sottostimate.  I prezzi più vicini alla realtà, quelli contro cui il consumatore  si confronta tutti i giorni (escluso ovviamente le ciliege del Prof. Palmieri) ci parlano di una inflazione ben maggiore che alcuni esperti attuariali hanno stimato intorno al 12-14%.  Occorre tener conto che tale dato esprimendo la sintesi media di tutti i rincari contiene sia beni che hanno subito aumenti modesti (caffè 5,4% – birra 3,5% – latte fresco 6,8%- carne bovina 6%- salse e condimenti 6,8% etc etc) che beni che hanno subito rincari stratosferici (energia elettrica 73%-gas 66%- olio di semi 70%- biglietti aerei 103%- gasolio da riscaldamento 47%- gasolio per trazione 25%- benzina 20%). Si tratta di un fenomeno globale che vede sia le economie avanzate che quelle emergenti in una sorta di burrasca contraddittoria in cui da un lato viene eroso il reddito disponibile dei consumatori, dall’altro, le banche centrali adottano politiche di Quantitative Tightening (QT) e di rialzo dei tassi per ridurre la quantità di moneta in circolazione. Il lettore arguto a questo punto si chiederà : ma le banche centrali sono impazzite? Fino a ieri con la politica monetaria del Quantitative Easing (QE) hanno rovesciato sui mercati denaro a costo zero per sostenere la ripresa ed oggi fanno l’esatto contrario  per ridurre i consumi ? L’interrogativo è talmente legittimo tanto da rendere difficile darne una spiegazione tecnica, se non ammettendo il fallimento di una politica monetaria dal denaro facile adottata dal 2010 per uscire dalla crisi dei subprime, mantenuta per troppo tempo  e poi addirittura reiterata nel periodo Covid.  E proprio durante questo periodo  del 2021,  per effetto della combinazione tra eccesso di moneta in circolazione e desiderio di tornare ad una vita normale, si è verificato un considerevole aumento dei consumi spingendo  l’inflazione a crescere in modo sostenuto  fino a rendersi temporaneamente irreversibile. I sacri testi la definiscono come  inflazione classica, quella, tanto per intenderci, per eccesso di domanda.  A dire il vero il processo inflattivo è stato favorito anche da una carenza di beni e servizi dovuta al rallentamento dei ritmi produttivi ed alla riduzione del traffico internazionale di merci, cagionati, a loro volta, dai vari lock down adottati in tutto il mondo. Emblematico il caso della Cina, dove la politica di zero-Covid ha rallentato sensibilmente – più che in altri Paesi – la normalizzazione delle catene produttive, tuttora al di sotto del loro potenziale. Ma la vera particolarità degli attuali livelli di inflazione è che a quella per eccesso di domanda si è aggiunta anche quella per scarsità di offerta, scatenatasi sei mesi or sono con l’avvio della guerra russo-ucraina. Il conflitto in sostanza ha finito per  esasperare le dinamiche inflattive dal momento che entrambi i Paesi coinvolti nelle ostilità sono importanti esportatori sia di energia (soprattutto la Russia, che possiede petrolio e gas naturale) che di materie prime alimentari (l’Ucraina è uno dei maggiori esportatori al mondo di grano). La  crisi geopolitica ha determinato una riduzione dell’offerta di questi beni e un conseguente aumento del loro prezzo, che si è trasmesso in modo automatico e graduale a tutti i beni e servizi intermedi e/o finali, pervadendo di fatto tutti i settori dell’economia. Ma non è finita qui. La diabolica spirale di rincari si è ritrovata ad essere alimentata anche    dal processo di indebolimento dell’euro, in atto già da qualche tempo, rispetto al dollaro che ha trovato in questa occasione terreno fertile per rafforzarsi e consolidarsi. Le conseguenze non sono di poco conto perché sarà più caro acquistare prodotti e componenti dagli Usa e nei mercati in cui i negoziati avvengono in dollari. Aumenteranno i prezzi di tutte le merci di origine americana, con particolare riferimento ai prodotti hi-tech, come i-Phone,  ai computer Microsoft, dalle schede madri fino a componenti necessari per l’industria ad alta tecnologia. Sarà anche più oneroso importare il petrolio, dato che la quotazione del barile è da sempre fatta in dollari. E anche il gas rischia di aumentare ancora di più, visto che l’Italia prevede di importarne molto di più  dagli Stati Uniti rispetto al passato. Il quadro appena sopra ricostruito ha tutta l’aria di annunziare una “tempesta perfetta” nella quale la combinazione dei vari elementi non potrà che avere risultati negativi sulla economia, il cui rallentamento   insieme all’alta inflazione aprirà la strada ad un periodo molto lungo di  stagflazione, ossia ad  una recessione accompagnata da alta inflazione. Insomma  Mala tempora currunt et peiora premunt, a meno che non si trovi un modo per far cessare la guerra in Ucraina, vero ed unico “vaccino” in grado di risolvere il problema.

  1. B. Articoli correlati:

–  L’INFLAZIONE AVANZA, PENSIAMO A PROTEGGERCI (https://www.centralmente.com/2021/05/30/esempio-articolo-la-rivista-40/)

–  QUALI  AZIONI COMPRARE PER PROTEGGERSI DALL’INFLAZIONE ? (https://www.centralmente.com/2021/11/27/mario-travaglini-economia/ )

– ECONOMIA IN TEMPO DI GUERRA (seconda parte) (https://www.centralmente.com/2022/03/20/economia-in-tempo-di-guerra-seconda-parte/)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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