HomeEditorialiQuando un “muro” fa ripartire il cuore – Kjaer, LukaKu e i tifosi rianimano Eriksen – Un tema da esame di maturità

Quando un “muro” fa ripartire il cuore – Kjaer, LukaKu e i tifosi rianimano Eriksen – Un tema da esame di maturità

Quando un “muro” fa ripartire il cuore

Un tema da esame di maturità

di Pierluigi Palmieri

Rimarranno a lungo davanti ai nostri occhi le immagini dei giocatori danesi che circondano Cristian Eriksen  rimasto a terra dopo che il suo cuore si è fermato durante la partita che stava disputando contro la Finlandia con la maglia della sua Danimarca agli Europei di Calcio. L’episodio è noto a tutti e in tantissimi hanno visto la successione degli eventi in diretta televisiva. Il cronista, atterrito, non ha potuto raccontare ai telespettatori  ciò che è avvenuto immediatamente dopo la caduta a terra del campione danese perché, i compagni, non appena si sono resi conto che Eriksen aveva smesso di respirare, hanno elevato un vero e proprio muro di protezione intorno a lui.Le  foto (fonte Tuttomercato Web.com) mostrano le mani dei ragazzi che, alternando gesti di disperazione e di preghiera,   portano un lembo della maglia  sugli occhi ad asciugare le lacrime.

Le cronache ci hanno poi riferito i dettagli dei soccorsi che sono stati determinanti per la loro tempestività e precisione. Determinanti, in ragione della preparazione professionali del personale sanitario presente su campo, ma anche per la prontezza del Capitano della Nazionale Danese Simon Kjaer che in un battibaleno  ha tirato fuori la lingua del compagno evitandone il soffocamento. Nel minuto immediatamente successivo all’arresto cardiaco sono stati  praticati prima il massaggio cardiaco (30 compressioni al ritmo di 120 al minuto) e subito dopo due scosse dal defibrillatore. “Si sono con voi!” la risposta di Erikson alla domanda del medico che vuole controllare se ci sono stati danni cerebrali. Poi, mentre  Cristan è traportato fuori in barella e, mentre  i soccorritori alzano dei teli in rispetto della sua sofferenza ,  il muro di giocatori si apre  per formare una sorta di picchetto d’onore. Nei loro occhi le lacrime  continuano a sgorgare ma questa volta trasudano speranza. La partita è ripresa dopo oltre un’ora perché era stato accertato che il giocatore non era in pericolo di vita. Ma a questo punto il risultato ovviamente non interessa a nessuno.

Abbiamo tirato un altro grosso sospiro di sollievo nell’apprendere che  Cristian Eriksen, dopo soli sei giorni , è tornato a casa, lasciando l’ospedale  di Copenaghen dove gli è stato impiantato un  defibrillatore automatico che controlla i battiti del cuore.

Quanto riferito finora sembra una favola. Parola più parola meno, non si discosta molto da quanto riportato  dal 12 giugno in poi nelle cronache, sportive e non,. L’episodio  ha fatto riemergere però alcuni concetti che sono alla base di una concezione  dello Sport che, negli anni, mi ha portato,  a consideralo come uno dei  più potenti fattori di crescita socio-educativa delle nuove generazioni. Mi piace sottolineare  che già nel mio Discorso sul corpo. Lo sport tra mito e didattica (2006) ho provato a far emergere la forte valenza educativa insita nelle vicende dello sport e nella storia personale degli atleti.  Va ribadito che la loro “fama” può essere di grande supporto in ambito formativo scolastico per suscitare interessi e passioni negli studenti di tutte le età. Inoltre non posso esimermi dal ricordare che alla base del mio Progetto “La scuola incontra lo sport” (2016-2019), riconosciuto dal Miur tra quelli a valenza formativa per i docenti di tutti gli ordini di scuola,  ho assegnato allo sport la prerogativa per la creazione di una catena didattica inter-disciplinare.

Il 12 giugno, attraverso il satellite abbiamo potuto assistere all’impareggiabile impatto emotivo disegnato sui volti, saturi di lacrime e sudore dei ragazzi che hanno prima costruito il  “Muro”  e poi formato il “picchetto d’onore biancorosso”.  Ma come non riflettere sulla  spettacolare e spontanea manifestazione di  solidarietà dei tifosi finlandesi che hanno scandito  per lungo tempo il coro “Cristian, Cristian” con la commovente  risposta   “Eriksen, Eriksen” da parte di quelli danesi.

Pillole di sensibilità umana offerte da atleti e da schiere di sostenitori che, in perfetta e spontanea simbiosi hanno empaticamente voluto tifare per il cuore del calciatore, urlando la loro gioia per il pericolo scampato. Tutte le  immagini a cui ho fatto riferimento andrebbero proiettate nelle scuole e nelle università, per essere sottoposte al vaglio dei giovani e dei loro insegnanti. Aggiungo che,  se fossi stato al posto del Ministro, ne avrei fatto oggetto di discussione nelle prove degli esami di stato per la maturità, iniziati quattro giorni dopo l’episodio. Inoltre il gesto di Kjaer fa pensare ad una specifica formazione ricevuta dal Capitano danese probabilmente a scuola, o proprio nell’ambito delle società sportive nelle quali ha militato. Ma in italia ancora stenta a decollare l’insegnamento delle manovre salvavita agli studenti delle scuole secondarie di primo e di secondo grado previsto da una norma  del 2015, per altri versi lacunosa, all’epoca battezzata con l’ambizioso nome di “Legge della buona scuola”.

La dimensione educativa, trascurata, sottovalutata, e comunque messa in secondo piano rispetto agli interessi legati alla “quotidianizzazione” dello sport, che vede i calciatori, ma anche atleti di altre discipline, dominare la scena della pubblicità di prodotti commerciali, riemerge nella sua pienezza quando, nel pieno della “rappresentazione”, l’evento assume i contorni dell’umano.

In questo caso lo sport esce dall’ambito dell’ordinaria amministrazione e dalla routine e apre la mente alla riflessione. Ravaglioli in Filosofia dello sport “ sostiene che sulla TV lo sponsor “usa” l’atleta per il “faccia a faccia” con lo spettatore che deve essere conquistato, trasformandolo in show man e, cosi facendogli, fa cadere a terra la qualità come  una pelle che non serve più”. Quando F. Ravaglioli pubblicò la sua analisi sul fenomeno sportivo, non furono in pochi a sorprendersi del titolo del libro fosse “Filosofia dello sport”. La parola filosofia stonava nell’abbinamento con lo sport, ma da allora in poi in tanti si sono dedicati alla ricerca dei valori profondi  del fenomeno sportivo. Nella postfazione della seconda edizione, che ho curato su incarico del grande filosofo e pedagogista romagnolo, ho ribadito  la necessità di invertire il rapporto dello sport con lo sponsor.

Questo privilegia la   spettacolarizzazione? Allora  mettiamo la stessa super tecnologia usata nella pubblicità al servizio dell’umano,  che ci regala  la sensibilità verso gli altri e tante prospettive educative. [1] Come non pensare al  “Cristian I love you!!” indirizzato da Lukaku all’indirizzo Eriksen, suo compagno di squadra nell’Inter Campione d’Italia  davanti alla telecamera,subito dopo aver realizzato un gol per il Belgio. , Un “I love you”  per un compagno che secondo il calendario degli Europei di Calcio avrebbe dovuto scendere in campo da “avversario” qualche giorno dopo in Danimarca- Belgio.  Abbiamo il dovere di cogliere a pieno  il senso profondo degli eventi i e dei gesti degli atleti e di veri sportivi che sono soprattuto  UOMINI.

[1] P.L. Palmieri,  (a cura di) “Fabrizio Ravaglioli : LA FILOSOFIA DELLO SPORT,  Armando, Roma,2013

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