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I CERI, UNA FESTA E IL SUO SEGRETO

 Il Limite /1556

di Raniero Regni     

 

“Il noto in genere, appunto perché noto, non è conosciuto”

G.W. F. Hegel

Il vecchio filosofo tedesco Hegel diceva una cosa giusta, il noto, paradossalmente, ci è ignoto, perché ciò che si conosce non è il familiare. Per accedere a ciò che è familiare bisogna incrinare quella familiarità. Penso sempre a questa sottile dialettica tra ciò che è noto e ciò che è conosciuto quando penso alla festa più famosa della mia città, Gubbio, la Festa dei Ceri. Come ogni anno, il 15 maggio, si corre con i Ceri sulle spalle in onore del santo patrono, vescovo e protettore della città, S. Ubaldo.

Una festa e una corsa unite assieme, una spettacolare baraonda di colori, il giallo, l’azzurro, il nero, il rosso, il bianco, che trasforma l’austera città medievale in una tavolozza di colori. Per chi come me vi è nato e cresciuto, la festa dei Ceri è sacra. Ovvero è qualcosa che non si tocca e non si discute, c’è, si fa, si rispetta, e basta.

Ma appena si cerca di trasformare quello che si vive in quello che si conosce, tutta la sua potenza emotiva, tutto lo sforzo e tutto l’impegno, sembrano evaporare. Si incontra di nuovo anche qui un limite, la differenza tra quello che si vive e quello che si può raccontare, il limite che separa il dicibile dall’indicibile. Eppure è una festa a cui siamo stati iniziati sin da bambini, ne conosciamo ogni angolo, ogni dettaglio, l’abbiamo vissuta da sempre come ceraioli, per cui dovremmo saper dire qual è il suo significato. La dovremmo sapere raccontare e spiegare ad altri. Invece non ce la facciamo, qualcosa ci sfugge sempre. Sì la raccontiamo a chi non l’ha mai vista. Io stesso ho provato ogni anno a scrivere un pezzo, meditato e limato. Ma sento di non essere riuscito mai a penetrare il suo segreto, che tocca e colpisce chiunque vi partecipi, anche il turista. Sì al centro della festa c’è un mistero, un segreto che si può solo vivere. Ogni volta che ne parli sei nella stessa condizione cantata in un poema in cui si narra di un pescatore di perle che si tuffa nel mare dove vede brillare un tesoro, ma ogni volta che riemerge quelle che ha tra le mani non sono le perle ma solo gocce d’acqua che brillano al sole.

Il segreto di questa festa appartiene ai bambini, così mi è capitato di intitolare uno dei tanti brevi scritto sui Ceri. È un pezzo del 2012, l’anno in cui è nato il mio primo nipote, che oggi è un giovane ceraiolo, bello, alto e slanciato, di dodici anni. E con questa lunga autocitazione concludo questo articolo. “Un bambino appena nato apre i suoi grandi occhi azzurri sul mondo. Con il suo sguardo liquido seguirà senza capire la sgargiante tavolozza dei colori ceraioli. Sarà attratto e spaventato dalla giostra della festa che accelera impazzita. I segreti dei Ceri appartengono ai bambini. Con questo imprinting crescerà fino a prendere il suo posto sotto la stanga, mentre il suo cuore batterà sempre più veloce, ma non più veloce delle sue gambe.  

Il suo futuro da ceraiolo è già tutto in quello sguardo, in quella passione riconoscente. Gireranno gli anni, sorgeranno i soli e la vita manterrà le sue promesse. In un mondo finalmente fatto per i trasparenti e i migliori, ricorderà queste prime voci, saprà riconoscere quei volti con cui la Festa gli si sarà rivolta la prima volta.  

Se è vero che il primo amore ti aspetta fino alla fine dei giorni, il bambino ritroverà questa eredità di emozioni, di colori, di grida e canti. Custodirà come un tesoro prezioso queste sue prime esperienze ceraiole. Esse cresceranno, anno dopo anno, ma la serie di strati che sembreranno aggiungere qualcosa in realtà serviranno soprattutto a proteggere il segreto del suo cuore, che comunica con il cuore segreto della nostra Festa.

Tutto passa ma niente muore. Nel suo sguardo dialogano le generazioni e si riverberano le passioni ceraiole dei genitori, dei nonni, dei bisnonni, degli zii. Cercando le somiglianze nel suo volto si raccontano storie di uomini e donne, si rimanda ad una infinita genealogia di ricordi e aneddoti.  La segreta bellezza dei Ceri gli parlerà come un’eco che sale da una profonda sorgente di acqua pura, l’unica che rinfresca. Il dono della vita è senza pari. Così i Ceri mettono al mondo la loro discendenza attraverso il sole e la storia”.

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