HomeEdizioniLà dove c’erano i larici ora c’è una pista di cemento

Là dove c’erano i larici ora c’è una pista di cemento

 Il Limite /146

Là dove c’erano i larici ora c’è una pista di cemento

di Raniero Regni

 

Cortina, frazione Ronco. Un violoncellista con il suo strumento si inoltra nel bosco e poi inizia a suonare un brano struggente. L’incanto della musica viene poco dopo rotto dal rumore delle motoseghe al lavoro. Il musicista era venuto per i cinquecento larici, vecchi di trecento anni, che verranno abbattuti per fare posto ad una mostruosa struttura tubolare di cemento armato lunga milleseicento metri e dal costo inziale di 120 milioni di euro. La famigerata pista da bob voluta da poteri lontani e vicini, a dispetto dell’ambiente e del volere di gran parte della stessa comunità ampezzana.

“Sono qui – ha detto il violoncellista Mario Brunello – per dare voce a questi larici, che sono qui da secoli, e non hanno avuto l’opportunità di vivere con la musica, ma una voce dovrebbero averla e dovrebbero essere ascoltati. È una richiesta di pietà per uno scempio che sta avvenendo in questo bosco di Ronco per un’improbabile pista di bob. Con un po’ di musica ho provato a dare loro una voce, a esprimere una richiesta di pietà, proprio adesso che abbiamo bisogno del loro aiuto per questo pianeta”.

Amo questi luoghi. I miei amici di Cortina, che mi hanno insegnato l’amore per la montagna, abitano proprio davanti a questo bosco. Il mio amico vi è nato e cresciuto e adesso il suo paesaggio viene per sempre modificato. La stessa sua identità ne viene danneggiata per un’opera assurda, inutile, dannosa, che servirà solo le solite filiere di potere dei costruttori, degli imprenditori, dei produttori di cemento, e dei loro rappresentanti nel mondo della politica e dello sport. Una pista che avrà costi altissimi di costruzione e gestione e, subito dopo le gare, finirà per essere dismessa, come è successo già con gli impianti di Torino.

Parlo con le persone che incontro, sembrano rassegnate. Le decisioni calano dall’alto e finisco per essere accettate come un destino. Riemerge il fondo antico, cupo, del pensiero contadino e montanaro. Molti però si sono ribellati, hanno protestato e non si rassegnano. Alcuni puntano su di un adattamento disperato, cercando di salvare il salvabile, proteggendo sezioni intatte del parco delle Dolomiti anche dall’invasione dei turisti. Alcuni, pochi, sperano che possa costituire un beneficio, ma sento che in cuor loro non ne sono convinti neppure loro. Eppure la pista si farà, almeno si proverà a finirla in tempo con maestranze straniere specializzate.  E poi, se non sarà terminata non fa niente, intanto i soldi saranno stati spesi e via verso un’altra opera grandiosa, dannosa e inutile, come il ponte sullo stretto di Messina.

Si viene sulle Dolomiti, per riempirsi gli occhi di neve fresca, per ascoltare il silenzio del bosco innevato, per respirare un’aria fantastica, un aerosol di nuvole basse, e anche qui si è raggiunti da quello che un poeta ha definito “il progresso scorsoio”. Una contraddizione sistemica che è locale e globale. Lo sviluppo cieco che, invece di cambiare direzione, punta sulla stessa crescita illimitata che ha prodotto il disastro ambientale, purché sia aumentato il PIL e i soldi girino. La politica docile e complice, segue l’economia in questa giostra insensata che ci porterà dritto dritto alla catastrofe ecologica e alla distruzione paesaggistica. Ma i poteri economici, il mercato anonimo e nichilista, dettano legge e i cittadini subiscono: fino a quando?

Intanto la natura tace e medita. Il suo silenzio non è muto, perché ciò che è muto non è silenzio. Il suo silenzio è una forma altissima di comunicazione. Se sapessimo ascoltarla ci direbbe che esistono i limiti, che non bisogna superarli. Che non siamo noi che dobbiamo proteggere gli alberi ma che sono loro che proteggono noi. Che loro c’erano prima di noi e hanno permesso la vita. Che loro ci saranno anche quando noi non ci saremo più. Testimoni muti del nostro delirio di onnipotenza.

Ascoltare nel silenzio, ascoltare il silenzio del bosco antico. Intanto gli alberi tacciono mentre le note del violoncello svaniscono sullo sfondo della Tofana e del monte Cristallo. La musica, sorella della poesia e della preghiera, voci di una saggezza dimenticata.

Lascio Cortina, incantata e bellissima, sotto quasi un metro di neve fresca, portando nel cuore un triste presentimento, che cerco di scacciare con tutte le mie forze. Il sospetto che le Olimpiadi invernali la danneggeranno in maniera irreversibile.

Nessun Commento

Inserisci un commento