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BUONE FESTIVITA’ NATALIZIE AI LETTORI DI CENTRALMENTE LA RIVISTA CON L’ALBERO DI GUBBIO…

 Il Limite 135

Cop28: lo scontro tra scienza e politica ed economia

di Raniero Regni

A Dubai si è conclusa la Cop28. La questione decisiva di questa conferenza a cui hanno partecipato oltre 200 paesi per parlare delle sorti del pianeta era posta in maniera quasi amletica: Phace-out o phace-down? Uscita o riduzione del combustibile fossile?

La posta in gioco era la salvezza del pianeta, le forze in campo favorevoli alla fuoriuscita dai combustibili fossili erano i paesi più consapevoli della necessità di porre fine all’era dei combustibili fossili ed entrare nell’era delle rinnovabili, come l’Unione Europea, e i 39 paesi insulari più minacciati dall’innalzamento delle acque causato dal riscaldamento globale, la cui stessa sopravvivenza fisica è minacciata. Contro c’erano gli interessi delle lobby del petrolio, del gas e del carbone e di tutto l’apparato industriale e finanziario più grande e potente del mondo. C’erano i rappresentanti della “sporca cinquina”, i derty five, ovvero i paesi del golfo produttori di petrolio, uno dei quali presiedeva la Conferenza. C’erano la Cina a e la Russia.

Qual è il risultato? Un compromesso, che ha deluso molti, ma non completamente. Per la prima volta si è scritto in un documento ufficiale “transizione verso l’abbandono” dei combustibili fossili, dalla combustione dei quali dipende l’86 % delle emissioni di gas serra. Certo, le parole non sono le cose e questi accordi tra 224 paesi del mondo non sono vincolanti ma comunque hanno un peso enorme nell’indirizzare le politiche economiche ed energetiche dei prossimi anni. E’ l’inizio della fine di un’era industriale iniziata duecentocinquant’anni fa con il carbone e il motore e a vapore. Certo la data delle zero emissioni è stata spostata al 2050 (vedremo che cosa ne pensa la Natura!), ma nel testo approvato c’è anche dell’altro. Si dice infatti che c’è un impegno a triplicare gli investimenti nelle energie rinnovabili e c’è bisogno di un’”accelerazione in questo decennio”. Transizione vuol dire che ora non si torna più indietro.

Certo, la scienza, rappresentata soprattutto dall’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), il più autorevole organo mondiale aveva chiesto ben altro per contenere l’innalzamento delle temperature medie di 1,5, aveva chiesto la riduzione immediata delle emissioni di CO2 ed è critica nei confronti del nucleare e delle tecniche di cattura dell’anidride carbonica, riferimenti che invece compaiono nel testo.

La politica si è piegata ancora una volta verso l’economia ammettendo la sua non autonomia e la sua dipendenza, invece di piegarsi verso la scienza. Questo rappresenta un enorme problema. Un esempio che ci riguarda è la situazione del Mediterraneo. Questo mare e i paesi che vi si bagnano nei prossimi 15 anni vedranno un innalzamento del livello del mare di 20 centimetri e la temperatura dell’acqua aumenterà del 20% in più rispetto alla media globale. “La scienza ha il dovere di comunicare la gravità degli eventi – ha detto recentemente lo studioso italiano vincitore del “Nobel dell’acqua”, A. Rinaldo -, e la politica semmai di consolare”. Quando la frequenza delle catastrofi aumenterà allora la politica si accorgerà e correrà seriamente ai ripari ma la situazione potrebbe a quel punto essere irreversibile.

“Un mondo concretamente unito, che ancora non si unisce politicamente”, ha scritto di recente il filosofo della complessità M. Ceruti. Questa è l’evidenza che dovrebbe far indignare tutti e spingere tutti all’unità. Questo è il ritardo della politica non solo rispetto alla scienza ma rispetto alla saggezza e alla lungimiranza di cui abbiamo assolutamente bisogno oggi.

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