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Tra sonnambuli e negazionisti

 Il Limite 134

Tra sonnambuli e negazionisti:

di Raniero Regni

 La lettura del Rapporto Censis sulla situazione sociale del paese è, per chi scrive, un compito consueto. È un’abitudine che ho acquisito dai miei maestri. Pur avvezzi alla speculazione o forse proprio per questo, mi hanno insegnato che era utile passare qualche ora a leggere le sintesi e approfondire le tabelle e i numeri con cui si cerca di fotografare un oggetto grande e complesso come è il nostro paese. Ma oltre i numeri, il Censis ci ha abituato a trasformare l’arida statistica in metafore. Anche il 57° Rapporto compie questa operazione. La metafora, ovvero l’immagine fatta di parole che è stata scelta è quella di una società sonnambulica. I sonnambuli. Ciechi davanti ai presagi si intitola la sintesi con cui si apre il Rapporto. Ecco l’incipit, “alcuni processi economici e sociali largamente prevedibili nei loro effetti sembrano rimossi dall’agenda collettiva del Paese, o comunque sottovalutati. Benché il loro impatto sarà dirompente per la tenuta del sistema, l’insipienza di fronte ai cupi presagi si traduce in una colpevole irresolutezza. La società italiana sembra affetta da un sonnambulismo diffuso, precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali, di lungo periodo, dagli effetti potenzialmente funesti”. Quali sono questi fenomeni?   Nel 2050, fra meno di trent’anni, l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti.  Questo dato sarà il risultato composto di una diminuzione di 9,1 milioni di persone con meno di 65 anni (e -3,7 milioni con meno di 35 anni) e di un aumento di 4,6 milioni di persone con 65 anni e oltre (e +1,6 milioni con 85 anni e oltre). Attualmente le donne in età feconda (convenzionalmente, la popolazione femminile di 15-49 anni di età) sono 11,6 milioni, nel 2050 diminuiranno di più di 2 milioni di unità. Si stimano quasi 8 milioni di persone in età attiva in meno nel 2050 e quindi una scarsità di lavoratori. Nel 2050 la spesa sanitaria pubblica sarebbe pari a 177 miliardi di euro, a fronte dei 131 miliardi di oggi. Carenza di manodopera e di lavoratori specializzati, che si intrecciano con alti tassi di disoccupazione; dissenso senza conflitto e incomunicabilità generazionale fanno poi da corollari. Infatti i giovani tra i 18-34enni sono poco più di 10 milioni, pari al 17,5% della popolazione; nel 2003 superavano i 13 milioni, pari al 23,0% del totale: in vent’anni abbiamo perso quasi 3 milioni di giovani. Unico dato positivo è che la popolazione più giovane è consapevole della necessità di adottare stili di vita più rispettosi dell’ambiente.

Il sonnambulo è colui che si muove ma sta dormendo. Vive, ma non vive nella realtà ma nel sogno. La società italiana sembra costituita da persone narcotizzate che non fanno nulla per cambiare la loro situazione. Paralizzate dall’impotenza e dalla rassegnazione non vedono i problemi gravi che possono portare al collasso dell’intera struttura società. Più che cercare di capire razionalmente quello che sta accedendo e farvi fronte si preferisce abbandonarsi alle risposte emotive, come quella rassegnata di fronte all’impazzimento del clima, con la sua scia di catastrofi naturali sempre più frequenti. Tutto appare precario e ogni agio sembra che possa essere perduto in breve tempo.  Alla percezione di un allarme generalizzato, la società sembra rispondere paradossalmente: se tutto è emergenza niente lo è veramente.

Il senso di vulnerabilità individuale aumenta. Né il lavoro né il consumo sembrano attrarre fortemente come prima. Si investe meno nello studio, e quindi sul futuro, e ci si ripiega sul presente.

Certo la situazione internazionale non aiuta, con le guerre in corso e con le difficoltà a vedere un’uscita pacifica dai conflitti. Anche l’altra battaglia, quella decisiva, ingaggiata dall’intera umanità per impedire il catastrofico riscaldamento globale è ad un punto critico. Mi riferisco alla Conferenza Onu sul cambiamento climatico in corso a Dubai. Alla Cop28 (Global Cooling Pledge, impegno per il raffreddamento globale) la posta in gioco appare la più grande e riguarda la sopravviveva della vita sul nostro pianeta. L’obiettivo è quello di mantenere il riscaldamento globale sotto l’aumento di 1,5 gradi entro i prossimi sette anni. Obbiettivo che appare sempre più irraggiungibile per la divaricazione tra le parole e i fatti, tra gli impegni presi a livello planetario e le politiche concrete dei vari stati. La Cop28 è presieduta infatti dal sultano Ahmed al-Jaber, amministratore delegato della compagnia petrolifera Adnoc, il quale in un fuori onda ha fatto affermazioni apertamente negazioniste della crisi climatica. L’obiettivo della Conferenza è quello di eliminare i combustibili fossili. All’avvio della settimana conclusiva, i 197 ministri-delegati di altrettante nazioni più l’Unione Europea (Ue) hanno preso di petto il punto più spinoso: lo stop a carbone, gas e petrolio, chiesto a gran voce dagli scienziati e sostenuto dalle Nazioni Unite, dalle principali organizzazioni umanitarie e dalla Santa Sede. Contro si sono schierati l’Arabia Saudita, la Russia, la Cina e un nutrito seguito di petro-potenze, nonché ovviamente l’Organizzazione dei produttori di greggio (Opec).

Nonostante gli impegni per aiutare i paesi poveri colpiti dall’ingiustizia climatica (ovvero il fatto che a subire gli effetti devastanti del riscaldamento globale causato dai paesi ricchi siano i paesi poveri), la battaglia epocale in corso sembra prendere una china negativa. Duemilaquattrocentocinquantasei (2456) sono i delegati delle industrie petrolifere presenti a Dubai. L’azione di questi lobbisti appare potente ed è evidente che hanno fatto la scelta di far finire in bancarotta il mondo piuttosto che le loro industrie. Pur di poter ancora bruciare petrolio, gas e carbone ci si è inventata, e la si ripropone, la cattura della Co2, che invece la scienza condanna, e si chiedono proroghe irresponsabili.

È questa la battaglia decisiva globale che dovremmo seguire con il fiato sospeso e sostenere con un impegno forte, anche a livello locale. Ma è forse chiedere troppo a dei sonnambuli, a chi vive dormendo ad occhi chiusi. Viene allora in mente lo sconsolato augurio del geniale A. Arbasino: “buona notte Italia, ovunque tu sia”.

 

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