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L’ARTE DI VICTOR HUGO, UN ROMANTICO CONTEMPORANEO

Victor Hugo è comunemente noto come uno dei più grandi scrittori del XIX secolo, celebre per opere come “I Miserabili” e “Notre-Dame de Paris” (meglio conosciuto come “Il Gobbo di Notre-Dame”). Tuttavia, pochi sanno che Hugo non era solo uno straordinario autore ma anche un abile pittore. La sua pittura, considerata dai critici dell’epoca meno raffinata rispetto alla sua scrittura,  non ottenne  la stessa notorietà delle sue opere letterarie, ma ciò non impedì a Hugo di continuare a dipingere con dedizione e passione. Molte delle sue opere  hanno trovato collocazione in autorevoli  musei francesi.  Un’analisi più approfondita e puntuale sulla sua opera pittorica è contenuta nella comunicazione del critico e storico dell’arte Beatrice Dotzo che volentieri ospitiamo nella nostra rubrica settimanale.

(R.P.)

Di Beatrice Dotzo

L’arte di Victor Hugo, un romantico contemporaneo.

Uno dei quartieri più raffinati di Parigi, quello di Marais, ospita nella celebre Place des Vosges la Maison de Victor Hugo. L’appartamento dove lo scrittore visse con la famiglia dal 1832 al 1848, nel 1903 venne trasformato in un singolare museo che, oltre a comprendere una  ricca documentazione relativa alla sua attività letteraria, ci consente di scoprire la sua creatività artistica attraverso numerose opere grafiche di straordinaria originalità. La collezione, che comprende un ricchissimo repertorio di fotografie, dipinti, disegni, stampe, manoscritti, oltre ai mobili progettati dallo stesso Hugo, è affiancata da una raccolta altrettanto corposa di disegni, conservati presso il Cabinet des Etampes della Bibliothèque Nationale di Parigi.

   

Trattare dell’opera di Hugo significa soffermarsi in primo luogo sulla sua capacità di coniugare arte e letteratura in un processo inizialmente quasi spontaneo che si consolida nel tempo . Durante l’inizio della sua carriera Hugo si occupa della rubrica artistica del Conservateur littéraire tra il 1819 e il 1821, mentre frequenta pittori come Louis Boulanger e Célestin Naunteil, abile incisore che lo accompagnerà nel viaggio in Normandia nel 1836. Proprio negli anni Trenta emerge con maggiore evidenza il suo interesse per l’arte. I soggetti prediletti sono i paesaggi delle regioni renane inseriti nei chaiers de voyage, che testimoniano quel senso di libertà espressiva incondizionata e determinante nelle successive esperienze. Visioni di borghi medievali, costruzioni e castelli arroccati su aspre colline contengono spesso appunti e riflessioni come mezzo alternativo agli impegni letterari. Le annotazioni sulla quotidianità, l’approccio poetico ai luoghi visitati o rievocati si sovrappongono o si affiancano agli schizzi a matita o a penna dove, come ha sottolineato Gaetan Picon, un “sole d’inchiostro” genera le forme nell’oscurità delle ombre.

Hugo ci restituisce una natura sommersa dal passato e dall’incuria dei tempi: la predilezione per il medioevo emerge costante nei suoi disegni, in cui si fondono elementi paesistici reali e immaginari, architetture e rovine che aleggiano di mistero e che, in alcuni scorci incompiuti, rievocano con intensità le visioni di Piranesi. I suoi paesaggi sono spesso risolti nell’allegoria di un dramma interiore: la natura sovrasta la fragilità umana e l’artista non può che evidenziarne gli effetti. Hugo ne trasfigura le suggestioni con tale passionalità e trasgressione da modificare la realtà più consueta, ben oltre le capricciose ispirazioni romantiche. Anche la tecnica è alquanto singolare: utilizza prevalentemente il lavis, ossia l’acquerello, colora i disegni con inchiostro, seppia o bistro allungati con acqua. All’inchiostro deve l’effetto espressivo , vi mescola il caffè che dà tono e calore, lo invecchia e vi aggiunge il colore. Spesso impiega anche i fiammiferi spenti, intensificando il tratto più che con la penna o la matita. Sui disegni, che non seguono mai un abbozzo preliminare, riversa spesso piccole quantità di caffè o d’inchiostro e, in questa liquida oscurità, crea l’essenziale: macchie scure e chiare, tenebre e luci soffuse, ombre profonde. Accanto alle prodigiose visioni concepisce la figura umana con altrettanta passionalità: la sua umanità diventa allegoria di una società decadente immersa nei conflitti dell’Ancien Régime: una folla di caricature che, come comparse, si muovono in un mondo privo di ideali. Anche Les Misérables, scritto durante l’esilio a Guernesey, diventa terreno fertile per ogni biasimo contro l’ignavia del regime, riguardo ad alcune delle maggiori problematiche del tempo: lo stato delle carceri e dei condannati, la giustizia, la condizione  della donna si evolvono in acute riflessioni grafiche sui temi narrativi trattati durante la stesura dell’opera. All’interesse per la caricatura si deve Le théatre de la Gaité (risalente ancora al periodo dell’esilio), dal nome di un famoso teatro parigino: una serie di caricature in cui domina l’ispirazione anticlericale e antimilitarista. L’autore raggruppa i disegni per temi e la sua penna colpisce ferocemente l’esercito, il governo, i devoti, gli inquisitori, la magistratura, i filosofi, gli ecclesiastici, i borghesi.

 Si tratta di schizzi che nascono di getto, in cui Hugo ama deformare, attraverso un’abile selezione di particolari, i tratti della figura umana in fisionomie grottesche, ossessionato dai drammi dei suoi protagonisti, per i quali usa prevalentemente l’inchiostro e l’acquerello in una sintesi espressiva essenziale e d’impatto. Il profondo interesse per una realtà drammatica, multiforme, spesso offuscata dal mistero risulta costante nella sua poetica. L’autore si inoltra nell’anima di una Parigi sotterranea con le sue miserie e i suoi segreti, la sua umanità che affonda nella fatica, ma ammira anche il popolo del mare. I pescatori dell’isola in cui risiede durante l’esilio diventano ispirazione per il romanzo Les Travailleurs de la mer,  al quale affianca una raccolta omonima di 36 disegni, eseguiti per lo più a posteriori.

Se le sue città sono intrise di mistero, anche il mare brulica di relitti sepolti, tesori nascosti e catastrofi. Dagli assalti delle tempeste emergono creature mostruose che si muovono nell’oscurità della notte in un clima terrificante di violenti contrasti tra le macchie d’inchiostro e le sfumature del lapis, espressioni di un tangibile pessimismo: Hugo è costretto a vivere in un’isola come straniero a causa dell’esilio e la sua posizione, riguardo al disegno e alla tecnica, può essere ormai ritenuta autonoma rispetto ai suoi obiettivi letterari. Il suo eclettismo genera contenuti e orizzonti formali in evoluzione.

Da un lato compaiono le antiche architetture medievali ricche di un passato inquietante, mentre le rive del Reno con i suoi paesaggi fantastici costituiscono il tentativo di superare l’orizzonte figurativo verso un universo astratto e magmatico. Il suo costante sperimentare e il gusto per la materia, gli strumenti inconsueti e la libertà nell’impiego di mezzi espressivi alquanto diversificati sono più forti di ogni premessa culturale. Altrettanto significativo è l’interesse per l’arte applicata, una vera eccezione tra gli artisti romantici. E il desiderio di creare una dimora che potesse rispecchiare il  suo genio lo porta a concepire e a progettare l’arredamento di Hauteville-House, residenza dell’esilio, in cui visse con la sua famiglia dal 1856 al 1870. Hugo si destreggia come un abile artigiano. Ancora una volta il fascino della materia e del contatto con essa trasforma, in singolari contaminazioni, quanto può apparire consueto ed equilibrato. Negli ambienti ampi oltremisura, immersi in un’atmosfera malinconica, tutto è ridondante, materiali sobri si uniscono alla preziosità ricercata dell’Estremo Oriente, alle stranezze dei complementi d’arredo, ai contrasti cromatici delle stoffe.

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