
Le “Cento poesie d’amore a Ladyhawke” di Michele Mari sono un’immersione profonda nell’oscuro e misterioso mondo dell’amore. L’autore ci conduce attraverso un percorso di passione e desiderio così intenso da sfidare la realtà stessa.
L’amore descritto in queste poesie è di natura segreta, un sentimento che nasce negli angoli più nascosti dell’anima e si nutre di sogni. Questo amore non può essere condiviso con nessuno, neanche con la persona amata, poiché vive al di fuori dei confini della realtà. È un amore romantico, irrazionale e inafferrabile, che ignora il compromesso e preferisce vivere nell’eterno.
Questi amori segreti sono irrequieti, nostalgici e teatrali. Non cercano obiettivi concreti, ma si dedicano a ideali irrealizzabili. Idealizzano il sesso ma lo temono, dando priorità alla potenza sull’atto stesso. Vivono nel passato e nella rappresentazione anziché nel presente e nell’esperienza.
Michele Mari dipinge un quadro affascinante di un amore platonico e ossessivo per Ladyhawke, una donna reale che ha ispirato nel poeta una dedizione totale e irragionevole. Questo amore è nato in giovane età, ma il poeta non ha mai avuto il coraggio di dichiararsi. La sua vera aspirazione era quella di proiettare questa esperienza in una dimensione eterna, al di fuori del tempo, cercando di mantenere intatto il desiderio.
La carne e il sesso sono relegati all’immaginazione, dove possono conservare il loro potenziale intatto. L’autore sfida il lettore a mantenere l’equilibrio tra la potenzialità e la realtà, sottolineando la bellezza di rimanere nel limbo delle cose sospese, dove la felicità risiede in un compromesso che sfida ogni logica e razionalità.
La scrittura di Mari è audace e smaliziata. La mancanza di punteggiatura, ad eccezione del punto interrogativo,rinuncia quasi completamente alla punteggiatura, ad eccezione del punto interrogativo, creando una prosa che sembra in continua evoluzione, senza mai giungere a una conclusione definitiva dove le pause sintattiche sono delineate solo dalla struttura grafica delle poesie, creando un’atmosfera di incertezza e tensione.
(R.P)
Michele Mari scrittore e filologo italiano (n. Milano 1955). Professore di Letteratura italiana presso l’università degli Studi di Milano, nei suoi scritti i temi più ricorrenti sono quelli dell’infanzia e della memoria, che in uno stile ricercato spesso usato in chiave gotica e barocca si ispira al genere horror e a quello della fantascienza. In diversi libri inoltre è evidente la matrice autobiografica e in altri la verità storica si intreccia con l’invenzione fantastica. Traduttore, accompagna all’attività letteraria quella critico-filologica dedicata specialmente alla letteratura italiana del Settecento e Ottocento e ha collaborato con quotidiani come il Corriere della Sera, la Repubblica e Il Manifesto.
Centoundici giorni
sono passati dalla tua nascita alla mia
cento
perchè si lambicasse il maleficio
dieci
per organizzare il nostro incontro
uno
perchè ti amassi
Ti ho amata sempre nel silenzio
contando sull’ingombro
di quell’amore
e di quel silenzio
Arrivati a questo punto
dicesti
o si va oltre
o non ci si vede mai più
Non capivi che il bello era proprio quel punto
era rimanere
nel limbo delle cose sospese
nella tensione di un permamente principio
nel nascondiglio di una vita nell’altra
Così il mio contrappasso di pokerista
è stato perdere tutto
appena hai forzato la mano
Ero fatto per esserti fedele
ma tu mi sei passata davanti
come un treno che non ferma
così lo scambio mi ha deviato sul binario
dei traditori e dei puttanieri