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SERVONO ANCORA I NONNI?

Il dubbio / 125

SERVONO ANCORA I NONNI?

di Enea Di Ianni

 

I nonni ti vedono crescere sapendo che ti lasceranno prima degli altri. Forse è per questo che ti amano più di tutti (Anonimo).

 

 Lunedì 2 ottobre 2023. Mentre faccio colazione ascolto, dalla radio, le notizie del giorno. Sono di poco diverse da quelle del giorno prima.

Si parla di Ucraina, di migranti in arrivo, di statistiche che registrano un incremento di occupati nel mese di agosto. Non mancano i commenti sui risultati delle partite di calcio del giorno prima, su qualche panchina che vacilla, sulla vittoria che rimette in carreggiata la Roma.

Si parla sempre, si parla tanto, forse troppo. Sono circondato da parole, una litania di parole vaganti nell’aria fino a conciliarti una sorta di indifferenza verso gli argomenti trattati, una brutta specie di tutto che sa di routine, comprese le voci degli speaker che incalzano nel bombardarti con  le loro cantilene accelerate fatte di notizie che si inseguono e si scalzano.

Poi l’annuncio della ricorrenza del giorno: la festa dei nonni, di tutti i nonni e le nonne, “vicini e lontani” com’era solito aprire Nunzio Filogamo, presentatore in una RAI d’altri tempi, che si sentiva in dovere di essere gentile, garbato e timidamente impegnato ad accattivarsi l’attenzione e la cordialità di quanti fossero stati in ascolto. Ma torniamo ad oggi.

Qualcuno chiede a qualche altro, sempre in radio, quale dovrebbe essere, oggi, il ruolo dei nonni. Indirettamente ne avverto un’altra di domanda, un  quesito tipico del nostro tempo e perfettamente in linea con l’utilitarismo, trabocchevole e abnorme, che pervade un po’ tutti gli aspetti del vivere contemporaneo.

A che servono i nonni? Cosa dovrebbero fare?”

Bella domanda, bella e stupida.  A che servono i nonni?

Degli umani che si interrogano su altri umani lasciando sottintendere uno sfondo di pensiero utilitaristico del tipo “Sono ancora utili, oggi, i nonni?

A caldo, quasi d’istinto, oserei rispondere “Sì, sono ancora utili!. Perché? Perché in un paese come il nostro, dove il benessere non è di tutti e dove i furbi stanno sempre dalla stessa parte, ancora tanti nonni e tante nonne aiutano il ménage familiare dei propri figli e figlie col poco o meno poco che possono. Tanti nonni e nonne sono gli elargitori a vita di “paghette” che, se non risolvono i problemi di una famiglia di oggi, aiutano, però, a non farla soccombere. I nonni e le nonne di oggi sono quei “genitori di ieri” che hanno impegnato una vita per realizzare il sogno  di una “casa di proprietà” e quella casa è lì, a disposizione dei figli e dei nipoti, e lo sarà per sempre a condizione  che siano, i figli e i nipoti, capaci di “adattarsi”.

Adattarsi non è qualcosa di brutto e non sa di limitazione. Adattarsi significa esser capaci di trovate intelligenti, di voglia di coniugare e mettere d’accordo sogno e realtà, passato e presente, noi e gli altri, desideri e ambizioni in vista di un possibile star bene insieme.

I nonni di tutti i tempi, prima di essere diventati nonni, sono stati madri e padri, mogli e mariti. Sono stati giovani e, prima ancora, sono stati anch’essi figli e bambini. Nel traghettarsi dall’essere bambini all’essere nonni hanno vissuto, toccato, assaporato e respirato la vita lasciando andare il peggio e conservando il meglio, l’essenzialità anziché  la superficialità .

I nonni apprezzano la gioia perché hanno conosciuto il dolore, coltivano gli affetti perché hanno sofferto la solitudine, praticano la lealtà perché hanno incrociato le ingiustizie. Essi sanno cosa offrire ai nipotini perché non hanno dimenticato le loro privazioni. E poi i nonni e le nonne sono, oggi, gli unici padroni del proprio tempo. Dopo averne speso tanto lavorando, ora dispongono a pieno di quel che gli rimane. Ne hanno addirittura più degli stessi bambini destinati, dopo l’oasi della scuola dell’infanzia, ad essere immessi nell’assurdo e insensato via vai degli adulti, dei loro genitori, che vivono all’insegna della velocità e della mancanza di tempo.

I nonni non solo hanno tempo, hanno anche tanta capacità  e voglia di viverlo e saper aspettare…!

Aspettare che cosa? Aspettare che ci sia qualcuno che desideri ascoltarli, anzi che goda del loro narrare senza fretta, ricco di particolari, di pause e rinvii, di dimenticanze, ma anche di improvvisi e sempre nuovi particolari.

I nonni, oggi come ieri e come domani,  devono raccontare!

Sì, i nonni devono raccontare, ma raccontare facendo, raccontare ascoltando, raccontare cantando, raccontare sognando, raccontare confondendosi coi nipotini, accordando con essi il passo, la voce, la melodia, la fantasia. I nonni devono raccontare non una volta, ma tante volte e, ogni volta, avere l’accortezza di dare spazio alla novità perché è la novità che stimola la curiosità e alimenta il desiderio di ascoltare ancora.

I nonni devono lasciarsi conoscere dai nipotini e i nipotini devono poter conoscere i nonni vivendoli nella quotidianità. Perché?

Perché i nonni possano raccontar loro – e lo sanno fare! – la vita della loro mamma e del loro papà, delle tante marachelle da essi compiute, degli impegni che hanno affrontato e di quelli che ancora affrontano cosicché, ascoltandoli, i nipotini possano sentirsi più vicini ad essi, ai loro genitori.

I nonni devono poter raccontare e, raccontando, non avere fretta per educare i bimbi, indirettamente, alla pazienza, a saper vivere ogni attimo del loro tempo e a non bruciarlo.

I nonni devono poter stare fisicamente coi bimbi, abitualmente e non “una tantum”. Devono poterci stare perché essi, da nonni, li educano all’amore amandoli con un altruismo che non ha eguali, ma anche perché sanno e sentono che, lontani dal contatto coi nipotini, essi tornano ad essere, troppe volte, soltanto dei vecchi.

 

 

 

 

 

 

 

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