HomeLa RivistaEDOARDO SANGUINETTI: RIVOLUZIONARIO DELLA LINGUA E POETA DELLA PROVOCAZIONE

EDOARDO SANGUINETTI: RIVOLUZIONARIO DELLA LINGUA E POETA DELLA PROVOCAZIONE

Edoardo Sanguineti è stato una figura eclettica nel panorama culturale italiano, riuscendo a distinguersi come poeta, drammaturgo, critico letterario, traduttore e saggista. Nato il 9 dicembre 1930 a Genova, è stato uno dei membri fondatori del Gruppo 63, un movimento letterario che ha svolto un ruolo significativo nella scena intellettuale italiana degli anni ’60. Inoltre, ha ricoperto la posizione di professore di Letteratura italiana presso le università di Torino, Salerno e Genova.

La poetica di Sanguineti si è distinta per la sua coscienza critica nei confronti del suo tempo e per la sua abilità di manipolare il linguaggio. Era considerato un artificiere del linguaggio, un maestro nel giocare con le parole e nel provocare riflessioni attraverso la sua scrittura. La sua opera si caratterizza per un uso audace della parola e della forma poetica, sfidando le convenzioni tradizionali e spingendo i limiti della lingua.

Dagli anni ’50, le poesie di Sanguineti hanno scosso il panorama poetico italiano. La sua poetica è stata influenzata dal neorealismo e dall’ermetismo montaliano, ma lui stesso ha cercato di superare queste influenze per creare una forma di espressione poetica del tutto nuova. Il suo obiettivo era “distruggere” il modello imperante della poesia borghese, rifiutando le regole metriche e sintattiche e scomponendo il linguaggio e il verso.

La sua originalità risiedeva nel sabotare le forme letterarie tradizionali per far emergere le contraddizioni insite in esse. Attraverso versi assemblati in modo asintattico, Sanguineti mescolava diverse lingue, compreso il latino, e generi letterari. Il suo intento era dare forma al caos, generando un pensiero in grado di sfidare le convinzioni borghesi e rappresentare la realtà sociale mutevole del tempo.

Già nella sua prima opera, “Laborintus”, Sanguineti rappresentò l’esaurimento della civiltà occidentale attraverso lo scardinamento delle regole linguistiche e poetiche, affiancando un discorso sull’amore come forza di rigenerazione. I suoi primi tre libri di poesie, raccolti nel volume “Triperuno” (che include anche “Erotopaegnia” e “Purgatorio de l’Inferno”), mettono in scena un movimento che va dall’impulso anarchico all’azione rivoluzionaria sulla realtà. Questo si traduce in un modo diverso di parlare di quella realtà, poiché i materiali culturali, le parole e l’immaginario non sono mai neutri, ma sempre schierati da una parte.

Sanguineti ha dimostrato un forte impegno politico non solo nella sua scrittura, ma anche nella sua vita. È stato attivo nella politica locale e nazionale, contribuendo al dibattito e alle lotte del suo tempo. La sua visione poetica e la sua attività intellettuale sono state influenzate dalla consapevolezza delle differenze culturali e delle condizioni sociali ed economiche che influenzano l’individuo e la collettività.

Il 18 maggio 2010, Sanguineti è deceduto a Genova all’età di 79 anni, mentre si trovava ancora in sala operatoria a seguito di un’operazione d’urgenza causata da un aneurisma. La sua morte ha lasciato un vuoto nella comunità letteraria italiana e ha rappresentato la perdita di un pensatore innovativo e audace.

L’eredità di Edoardo Sanguineti risiede nel suo contributo alla letteratura italiana e alla sperimentazione linguistica. La sua poetica rivoluzionaria ha aperto nuove prospettive e ha sfidato le convenzioni letterarie. La sua ricerca di praticare l’impossibile, come descritto nel suo saggio su John Cage, ha evidenziato la sua convinzione che il cambiamento nell’arte possa portare a una rivoluzione progressiva nei comportamenti sociali e alla trasformazione del mondo.

Siamo tutti politici (e animali)

Siamo tutti politici (e animali):
premesso questo, posso dirti che
odio i politici odiosi: (e ti risparmio anche soltanto un parco abbozzo di catalogo
esemplificativo e ragionato): (puoi sceglierti da te cognomi e nomi, e sparare
nel mucchio): (e sceglierti i perché, caso per caso)
ma, per semplificare, ti aggiungo che, se è vero che,
per me (come dico e ridico) è politica tutto,
a questo mondo, non è poi tutto, invece, la politica: (e questo mi definisce,
sempre per me, i politici odiosi, e il mio perché:
amo, così, quella grande politica
che è viva nei gesti della vita quotidiana, nelle parole quotidiane
(come ciao, pane, fica, grazie mille): (come quelle che ti trovi graffite dentro i cessi,
spraiate sopra i muri, tra uno slogan e un altro, abbasso, viva):
(e poi, lo so che non si dice, ma, alla fine, mi sono odiosi e uomini e animali)

 

Se d’amore si muore, siamo morti noi

se d’amore si muore, siamo morti noi:
siamo un romanzo d’appendice in atto: (anzi,
siamo un romanzo nazional-popolare, ma calibraticamente camuffato da romanzetto rosa): (anzi,
siamo un romanzo osè): (un rosè): (anzi, una coppia di vegeti, di vegetanti vecchietti,
torchiati nel torpido torchio delle nozze d’argento): (a un passo, a un pelo, appena,
da un romanzo nero): (siamo un romanzo rosso, quasi): e noi facciamo, parliamoci chiaro,
pena piena, e pietà

comunico le coordinate necessarie; torno da Como, è il 26
settembre, sono le 21,37, ho chiesto il conto al ristorante, prenderò il rapido
delle 21,50, e ti ho capito: è tutto:

perché, per te, per me, non è possibile
sopportarla più oltre, questa ambivalenza insolubile, nel vino della vita che viviamo:

questa vita, anzi: (la vita): (annacquata, innacquata): e se ti dico e se ti scrivo che
non sono altro che un contemporaneo, a capirmi, a capirci, se va bene, abbiamo, in tutto
e per tutto, il 25% dei nostri eredi naturali, allo stato attuale delle cose:
così, con tanti auguri, ti aggiungo, poi, che noi

se d’amore si vive, siamo vivi.

Ballata delle donne

Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.

Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.

Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.

Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.

Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, ti prendo per mano.

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