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IN UN MONDO DI AVVERSITA’ L’EQUILIBRIO E’ LA FELICITA’ E “6L’IMPONDERABILE” ACCENDE UNA LUCE IN 6FONDO AL TUNNEL

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IN UN MONDO DI AVVERSITA’ L’EQUILIBRIO

E’ LA FELICITA’  E “L’IMPONDERABILE”

ACCENDE UNA LUCE IN FONDO AL TUNNEL

 di Marcello Martelli

Guerre, pandemia, malattie, alluvioni, amici che ci lasciano…Il mondo è pieno di avversità, mentre i vecchi saggi raccontano che l’universo e anche il nostro corpo si tengono in equilibrio con la felicità, che spesso viene a mancare, e ogni volta insorgono disturbi e malattie.

 Ma a proposito di salute e benessere, vorrei augurare a tutti di non trovarvi mai davanti ad un medico che comunica una diagnosi infausta.

A me è capitato una decina d’anni fa e so cosa significa. “Ha un tumoretto”, mi disse semplicemente lo specialista, mostrando le analisi che confermavano con molta chiarezza. Difficile raccontare ciò che provai. Ma ricordo ciò che domandai al professore in camice bianco: “Ho capito male o mi ha dato una sentenza di morte? La sostanza è questa o no?”.

Il vecchio medico, abituato a certi difficili passaggi professionali, senza scomporsi, chiarì: “No, non si preoccupi. Basta un buon chirurgo e guarirà”. Per fortuna, andò tutto secondo le sue rosee previsioni. Confesso che ho sempre avuto terrore delle camere operatorie.

Avevo subìto da poco il dolore più grande della mia vita con la perdita d’una persona molto cara. Un evento terribile e vissi giorni di grande sconforto che, forse, avevano causato in me quel morbo molto pericoloso. Anche se, pensando spesso alla persona prematuramente scomparsa, trovai la forza necessaria per tirare avanti e, più di sempre, la sentii vicina a me. Anzi, mi dette continue prove della sua affettuosa vicinanza. Prima e dopo il temuto intervento chirurgico. A cominciare dal giorno di quella brutta diagnosi, che ebbi nell’ospedale intestato a un santo che aveva lo stesso nome di chi mi aveva lasciato. Idem per l’assistente del chirurgo che, da subito, con la premura di un figlio, prima di finire sotto i ferri, mi accompagnò personalmente per accelerare le analisi.

Ma quel nome di mio figlio Massimo, scomparso da poco, mi seguì incredibilmente passo passo, per altre due volte, lungo un itinerario fatto di incognite e paure. Aveva lo stesso nome l’infermiere che mi incoraggiò portandomi in barella verso la camera operatoria e persino l’addetto allo sportello Asl. Dove, a cose fatte, ritirai la cartella clinica dell’intervento che mi aveva salvato la vita.

Il nome di mio figlio defunto e straordinariamente ripetuto per ben quattro volte, fu come un faro che illuminò la mia strada, salvandomi da un grave male. Semplice coincidenza o segnali imponderabili di chi ti ama e non c’è più, ma sa come farti sentire il conforto della sua presenza?

Domande che, ancora oggi mi rivolgo, più che mai convinto che, da lassù, qualcuno ci guarda in questo nostro mondo a rischio continuo.

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