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Intelligenza artificiale e stupidità naturale

Il Limite / 107

Intelligenza artificiale e stupidità naturale

di Raniero Regni  

Il vero pericolo non è che i calcolatori un giorno penseranno come gli uomini, ma che gli uomini inizieranno a pensare come i calcolatori   

   T. Deacon

 

La prima notizia è stata quella che un migliaio di studiosi e imprenditori, tra cui E. Mask, hanno chiesto una moratoria di sei mesi sulla ricerca nel campo dell’Intelligenza Artificiale (IA), in modo tale da poter valutare i rischi di un’immissione sul mercato e in rete di Chat-GPT. La seconda notizia è stata quella delle dimissioni di G. Hinton, scienziato inglese di 75 anni, uno dei padri delle reti neurali artificiali di Google, che ha lasciato la sua impresa per poter dire tutto liberamente a proposito dei rischi dell’IA. Sua la dichiarazione, “ho creato l’IA e ora la temo”.

I danni sociali e politici dei social sono oramai sotto gli occhi di tutti, ma è difficile immaginare le conseguenze di quello che potrebbe accadere con la diffusione dell’IA.

Ma che cos’è l’Intelligenza Artificiale? Siamo al di là della potenza di calcolo dei computer che oramai dominano gran parte dei nostri sistemi di vita. Siamo anche oltre il cosiddetto machine Learning, ovvero la capacità automatica dei computer di apprendere autonomamente, incrementando la loro capacità di calcolo. Siamo di fronte ad una simulazione della mente umana capace di elaborare il linguaggio e ogni tipo di reazione umana fino al punto di non sapere più se dall’altra parte dello schermo o del terminale ci sia una persona o una macchina.

Poi è arrivato uno dei più letti intellettuali e futurologi globali, N. Harari, con un articolo su “The Economist”. L’IA ha violato il sistema operativo della civiltà umana, ovvero il linguaggio e “la lingua è la sostanza di cui è fatta tutta la cultura umana…Attraverso la sua padronanza del linguaggio, l’intelligenza artificiale potrebbe persino formare relazioni intime con le persone e utilizzare il potere dell’intimità per cambiare le nostre opinioni e visioni del mondo”. La stessa democrazia è legata al linguaggio, essa è una forma di conversazione e se l’IA “hakerasse” il linguaggio, potrebbe distruggere la nostra capacità di avere conversazioni significative. E l’esempio dell’effetto dei social nelle campagne elettorali e in politica è sotto gli occhi di tutti.

Il tono dell’articolo si fa poi sempre più apocalittico, “ciò di cui stiamo parlando è potenzialmente la fine della storia umana”. L’IA non solo creerà un nuovo ambiente dell’informazione, come è già successo con gli altri media. Ma, “che cosa accadrà della storia quando l’IA prenderà il, sopravvento sulla cultura e comincerà a produrre storie, melodie, leggi e religioni?”. Harari non ignora che potrà avere anche applicazioni buone. Ma di queste già parlano abbondantemente i creatori di Chat-GPT. Al contrario, il ruolo di un intellettuale umanista è quello di segnalarne i pericoli. E, in questo caso, il pericolo appare enorme, “ora dobbiamo fare i conti con una nuova arma di distruzione di massa che può annientare il nostro mondo mentale e sociale”. Ma, a differenza della bomba atomica, che era un oggetto isolato e controllabile, l’IA potrebbe essere dappertutto. Stiamo per creare una nuova entità intelligente, un alieno che non viene da altri mondi ma che è una nostra creazione. E, non a caso, il testo finisce con la dichiarazione sconcertante, ma a questo punto indispensabile, “questo testo è stato generato da un essere umano”!

Uno degli aspetti più preoccupanti di questa vicenda è che nei giornali questa notizia compare come una tra le altre. Quello che spaventa sono proprio i limiti della intelligenza umana non temperata dalla saggezza. Quello che preoccupa non è tanto l’intelligenza delle macchine ma la stupidità naturale e l’incoscienza degli esseri umani che le hanno create e che oggi, in maniera irresponsabile, pensano di lanciarle come un qualsiasi prodotto di consumo.

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