HomeLa RivistaEducazione e AmbienteLa gentilezza, una Pasqua del cuore

La gentilezza, una Pasqua del cuore

Il Limite / 10 

La gentilezza, una Pasqua del cuore

di Raniero Regni

 

La gentilezza nelle parole crea fiducia. La gentilezza nel pensare crea profondità. La gentilezza nel dare crea amore (Lao-Tzu)

Ci sono dei comportamenti che non costerebbero niente ma nei confronti dei quali siamo stranamente avari. Questo è il caso del rispetto e della gentilezza. Rispettare gli altri, ovvero trattarli come noi verremmo essere trattati, il più delle volte non comporterebbe un grande sforzo eppure non lo facciamo. Perché? Forse perché siamo stati persuasi da una forma di diseducazione sottile e persistente che ci dice che gli esseri umani non sono affatto buoni e generosi, che è bene pensare al proprio interesse, che a pensare male si fa peccato ma che si indovina quasi sempre, che non bisogna aspettarsi niente di buono dal prossimo, e così via. Si tratta di una vera e propria antropologia che attribuisce all’essere umano un fondamentale e innato comportamento egoista.

Questo è smentito oggi proprio dalle scienze, quelle stesse scienze che in passato avevano dato credito al comportamento aggressivo e competitivo innato, come la biologia di derivazione darwiniana, oggi portano moltissimi argomenti a favore della collaborazione e della gentilezza. Le neuroscienze, con la scoperta dei neuroni specchio, avvenuta a metà degli anni ’90 del secolo scorso, mostrano i limiti dell’egoismo, ci dicono che ci sono dodici parti del cervello, il circuito dell’empatia, che ci fanno sentire quello che l’altro pensa e sente. La medicina ha poi scoperto quanto la gentilezza faccia star bene chi la pratica e chi la riceve. Gentilezza, ottimismo, perdono, gratitudine e felicità hanno effetti biologici sul nostro organismo, migliorandone le condizioni di salute. Così come l’aumento dello stress fa peggiorare la nostra salute, relazioni felici, alimentazione, meditazione, movimento fisico, musica e contatto con la natura, la migliorano.

Come ha scritto I. De Vivo, docente di medina ad Harvard, “la gentilezza va ben oltre il significato comune di buona educazione. È un valore sociale di fondamentale importanza, che crea senso di appartenenza senza alcun bisogno di ricorrere a una comunicazione verbale violenta, di creare competizione o di farsi dei nemici, di far leva su istinti primari, paure e ferite emotive”.

Se definiamo la gentilezza come la serie di azioni compiute a beneficio di qualcun altro senza vantaggio per sé, ma al contrario assumendosi un costo, scopriamo che è un tratto profondo della natura umana. Essa favorisce i legami sociali e rende gli esseri umani più disponibili a cedere un pezzo del loro egoismo per costruire qualcosa insieme agli altri.

Foto da State of Mind

Ma allora sorge la domanda: perché, se l’altruismo è innato e fa star bene, i comportamenti aggressivi e distruttivi, la cattiverai e la crudeltà, sono così diffusi, fino alla forma massima che è la guerra? La risposta va cercata proprio in quella forza debole che è l’educazione. Se la gentilezza non viene pratica sin dall’infanzia, sin dalla nascita possiamo dire, se l’empatia non viene sviluppata, anzi, se ci si comporta in maniera priva di grazia e cortesia nei confronti dei bambini con la scusa che tanto sono bambini, allora l’essere umano crescerà nella diffidenza e nel disprezzo o, peggio, nell’odio e nella cattiveria. La gentilezza e l’empatia, ancorché innate, vanno esercitate, altrimenti si logorano, si atrofizzano, si riducono, diffondendo indifferenza e maleducazione, che fanno star male tutti.

Se ogni giorno, invece di piccole gocce di violenza, noi aiutiamo noi stessi e gli altri a mostrare il lato più luminoso di noi, stessi, la bontà si diffonderà. Anch’essa è contagiosa. È infatti un’esperienza meravigliosa vedere un piccolo bambino che aiuta un suo compagno, con un gesto e un sorriso gentili che sorgono spontaneamente in lui. Questo ci sorprende come un miracolo. La gentilezza ferma il mondo, quel mondo indifferente e accelerato che ci gira intorno. Perché c’è luce dentro noi, e quei gesti luminosi sono una Pasqua del cuore, una resurrezione della nostra anima e dei nostri corpi, una rinascita della parte migliore di noi.

Nessun Commento

Inserisci un commento