Scienza dei cittadini

Il Limite / 101  

Scienza dei cittadini *

di Ranieo Regni 

È un’esperienza strana quella che vivono i numerosi cittadini, professionisti e lavoratori nei più diversi settori, persone qualunque, che si trovano per varie ragioni impegnati in comitati ambientali in Umbria, ma anche nel resto del territorio nazionale. Il movente iniziale dell’impegno è legato ad una questione locale, qualcosa che minaccia o inquina, che tocca la vita e la sensibilità di chi è nato e cresciuto in un certo luogo. Luogo che ama e che è parte integrante della sua identità. Una minaccia al paesaggio, alla salute, propria e altrui, quella dei figli e dei nipoti, quella dei giovani, appare come uno sfregio alla propria identità e sicurezza. E allora ci si dice, “no, questo è sbagliato, questo non si può fare”. Si scorge un limite che non deve essere superato per nessuna ragione.

A questo iniziale risveglio della coscienza segue poi il fatidico “che fare?”. Allora comincia l’impegno, ci si guarda attorno e si cercano persone che abbiano la stessa sensibilità. Poi comincia lo studio e l’azione di protesta, che è un dire no, ma anche un dire sì. Moltissimi cittadini, che una certa stampa, non certo priva di conflitti di interesse, classifica e cerca così di neutralizzare definendoli come “gruppi ambientalisti”, “estremisti del no”, “fondamentalisti dell’ambiente”, iniziano a studiare. Dedicano tempo e competenze, altruismo civico, per costruire un sapere che viene dal basso ma punta in alto, punta alla conoscenza scientifica, al dibattito di elevato profilo, a controlli ambientali non di maniera.

I comitati di cittadini, loro sì senza nessun conflitto di interesse e nessun interesse di parte se non quello della difesa dei beni comuni, delle matrici ambientali come suolo, aria, acqua, informazione, che riguardano tutti. Questi comitati contribuiscono a produrre sapere, dando vita a quella che è stata definita la “scienza dei cittadini”. Così la chiama J. Rifkin, uno dei più grandi economisti e intellettuali globali, nel suo ultimo libro. “Milioni di persone in tutto il mondo offrono il proprio tempo come volontari della scienza dei cittadini in oltre 500.000 gruppi locali della società civile, dove monitorano la vita selvatica, analizzano la biodiversità, misurano l’inquinamento dell’aria e l’impronta di carbonio, controllano le falde freatiche” e così via. Cittadini che si mettono a studiare, che ricorrono ad esperti veramente neutrali, che promuovono ricerche ambientali a livello universitario, per diffondere conoscenza utile a risolvere i problemi, indispensabili alla gestione competente e responsabile della vita democratica.

La scienza dei cittadini è alla base anche di una nuova governance dei propri ecosistemi regionali. Quella che emerge è una forma di “paricrazia distribuita”, assemblee di cittadini che operano accanto alla governance convenzionale, quella delegata dei comuni e delle regioni, nella cura delle bioregioni locali. Una governance comunitaria, che fa leva sul senso di appartenenza e di fedeltà delle popolazioni che dipendono dal benessere ambientale della propria ecoregione. E l’ecoregione è l’altra nozione messa in campo da Rifkin. Chi vive la vita sul posto, come vuole anche il principio di sussidiarietà, è il primo soggetto e il più interessato alla soluzione dei problemi. Le esternalità negative degli impianti industriali, il conto entropico di industrie altamente inquinanti sono diventati insopportabili e sfuggono ai controlli istituzionali che spesso si trovano a prendere atto dei dati dichiarati dalle imprese. Per questo i cittadini devono assumere la responsabilità della tutela dei beni comuni.

È strano, leggendo Rifkin sembra che parli proprio di noi. La scienza dei cittadini, la governance della bioregione, sono esattamente quello che si prova a fare in a Gubbio e in Umbria e in molte altre zone d’Italia. Ecodistretti che sottopongano tutte le attività del territorio a precisi canoni ambientali. Gli ecodistretti messi assieme danno vita ad una bioregione. Qui i cittadini possono e debbono mettere in campo tutto il loro senso di responsabilità e le loro competenze che mostrano quanto la società civile sia matura e quante risorse ci siano, dando vita per ora a forme di disobbedienza intelligente e di protesta. Risorse che l’amministrazione politica in questo momento non sa utilizzare, anzi le teme e le ostacola, ma presto le dovrà ascoltare.

 

 

*Questo testo sarà pubblicato anche nel numero di marzo della rivista mensile umbra “L’altrapagina”, che porta all’interno di ogni fascicolo anche l’inserto Ecosistema dedicato alle reti viventi nella bio-regione centroitaliana. Vedi il sito www.altrapagina.it

 

 

 

 

 

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