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PSICOMOTRICITA’ NEONATALE: CONTRIBUTO CLINICO

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Dall’informazione sul movimento razionale al benessere consapevole: un nuovo filone, con al centro le recensioni di ricerche che hanno indagato la motricità, dalla nascita alla senescenza, per conoscere meglio un pilastro dello star bene.

Psicomotricità neonatale: contributo clinico

di Giuseppe Mazzocco

Alla base di questo studio si trova l’analisi dello sviluppo psicomotorio nel primo anno di vita.

Ogni attività del bambino, sia essa psichica, motoria o affettiva, è estremamente correlata con altre, fondendosi costantemente in quell’unità che è il bambino stesso. Dallo studio di tutto ciò nasce il bisogno di conoscenza della psicomotricità infantile e del primo anno di vita, per guidare lo sviluppo successivo con coerenti stimoli educativi.

La complessità dello studio, secondo quanto esposto, porta alla suddivisione dei primi dodici mesi di vita in quattro trimestri; da ciascuna di queste epoche vitali, si cerca di enucleare le caratteristiche più salienti ed interessanti, analizzando l’attività motoria riflessa e volontaria. Le motricità riflesse (chiamate reazioni primitive) vanno scomparendo nei primi mesi di vita per “dar posto” a reazioni, dette secondarie, che porteranno ad un completo sviluppo motorio, accertato da un esame motoscopico, attraverso la somministrazione di batterie di test.

L’esame motoscopico prevede la somministrazione di schede per l’analisi dello sviluppo psicomotorio.

Le schede per l’annotazione dei reperti dei test si presentano divise in due parti: la prima serve per l’annotazione dei reperti che riguardano il comportamento motorio e posturale spontaneo, secondo l’impostazione della scuola comportamentista; nella seconda vengono annotate le risposte evocate da stimoli specifici, comprendenti i riflessi, le reazioni recessive, le variazioni di raddrizzamento, il sistema paracadute e di equilibrio.

La ricerca distingue le risposte del neonato di fronte alle persone e di fronte ad un oggetto. Si identificano le reazioni circolari, interpretate come atti di intelligenza senso motoria del bambino stesso, in quanto richiedono necessariamente il dominio dei riflessi arcaici e la maturazione della coordinazione della presa, dello sguardo e del controllo del capo.

 

 

E’ chiaro che queste tecniche, per l’esame generale dello sviluppo neonatale, non sono sostitutive della valutazione specialistica e dettagliata; esse costituiscono la base per una precoce valutazione di anomalie dello sviluppo motorio-affettivo, che altrimenti si rivelerebbero nel secondo anno di vita, quando ormai ci sono difficoltà non indifferenti da superare.

Inoltre, presentano un valido mezzo per riconoscere i tempi di maturazione di ogni singolo neonato, rendendo quindi possibile la puntualizzazione delle sue esigenze e il rispetto dei suoi ritmi evolutivi.

Ogni bambino, infatti, ha un suo ritmo di sviluppo che non è mai uguale a quello di un altro, anche se esistono, in questo periodo evolutivo, delle tappe importanti, abbastanza costanti, sia per l’epoca di comparsa, che per quanto concerne la loro espressività.

Dall’osservazione di un numero elevato di soggetti, di vari condizioni fisiche e sociali, risulta, inoltre, sempre più evidente che il neonato possiede notevoli capacità di entrare in comunicazione con le persone. Qualsiasi interferenza, in questo delicato processo di formazione dei legami intrafamigliari, crea difficoltà comunicativa, con possibili conseguenze a distanza, che possono essere massime, quando il neonato è affetto da disturbi che lo obbligano ad una prolungata degenza in un reparto clinico.

Infatti, i rapporti, tra bambino ed ambiente, si determinano precocemente e, nonostante sia corretto attribuire un’ampia plasticità al comportamento infantile nei primi mesi di vita, la possibilità di porre rimedio ad un inadeguato o carente sviluppo è inversamente proporzionale all’età del bambino.

E’ stata, infatti, ampiamente dimostrata, dalla lettura delle schede motoscopiche raccolte, la dannosità delle interferenze con questo processo, molto delicato, di formazione dei legami intrafamigliari.

L’analisi dei test ha permesso di verificare, con certezza, quanto la separazione del neonato dai famigliari crei difficoltà comunicative, con possibili conseguenze anche sullo sviluppo motorio.

Il lavoro è ricco di tabulazioni grafiche, di foto e di una vastissima bibliografia.

 

 

  

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