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L’INFORMAZIONE DI QUALITA’ PUO’ RIPORTARE ALLE URNE I TROPPI NON VOTANTI: Ma per il giornale di carta c’è un futuro?”

 

Attualità  / 95

L’INFORMAZIONE DI QUALITA’  PUO’ RIPORTARE ALLE URNE I TROPPI NON VOTANTI: Ma per il giornale di carta c’è un futuro?”

 di Marcello Martelli

 “Ma per il giornale di carta c’è un futuro?”. Molti amici fanno questa domanda, la stessa posta a Indro Montanelli, poco prima della sua scomparsa, e la risposta fu catastrofica. “Quello della carta stampata contro il video -così sentenziò il maestro di tutti noi- è una lotta disperata e condannata a una disfatta che fin d’ora s’intravede”. Sono passati gli anni e abbiamo capito che, percorrendo nuove strade, è possibile una diversa stagione del giornale cartaceo. Anche se le nuove tecnologie non bastano. Debbono cambiare anche i giornalisti e chi ha la proprietà dei giornali. Occorre il cosiddetto “editore puro” che non mescoli l’editoria con altre attività. Ma il giornalista come dovrebbe essere? La risposta l’ha già data Ryszard Kapuscinski, famoso autore di reportages: “In questa professione -ha sottolineato- i dilettanti sono sempre stati numerosi, ma oggi invadono addirittura il settore. Molti di loro non si rendono conto addirittura che fare il giornalista significa innanzitutto lavorare continuamente su se stessi, formarsi, acquisire conoscenze, cercare di comprendere il mondo”. A sua volta Henry Grunwald, autorevole ex direttore del Time, ha aggiunto:” Occorre che la categoria si metta a ristudiare (o a studiare) la storia e la geografia, si inventi una nuova ottica mondiale e trovi in se stessa una sensibilità diversa per porsi in sintonia con una audience la cui ricettività alla notizia è cambiata”. Da militante della carta stampata passando al video, capii la differenza che passa quando, alla direzione di una emittente tv degl’imprenditori Romano Malavolta, Guido Nicodemi ed altri, la prima operante sul territorio, feci le prime esperienze televisive. Dopo anni nel giornalismo della carta stampata, in poco tempo capii che la vera popolarità è quella che dà la tv. Quando entri in sintonia con i telespettatori, trattando argomenti che li riguarda, nelle case finisci per essere considerato uno di famiglia. Comunque, un punto di riferimento, come in effetti era quella mia trasmissione seguitissima del lunedì sera, “Parliamone insieme”, su un argomento centrato sull’attualità, con ospiti in studio e un numero impressionante in diretta di telespettatori. Allora, una autentica novità, che rendeva molto in ascolto e pubblicità. Per me che ne ero il conduttore le conferme erano continue. Un’estate mi trovavo in spiaggia e ascoltai casualmente, non visto, due amiche che sulla battigia conversavano calorosamente. “Questo fatto -concluse una delle due-andremo a raccontarlo a ‘Parliamone insieme’”. Era la prova della sintonia di quella trasmissione con la gente e i suoi problemi. Altra conferma, una delle tante, quando il mio programma ebbe qualche mese di pausa. In ascensore una signora, che sospettava dietro alla mia assenza dal video chissà quale congiura dei soliti potenti, mi guardò con insistenza. Poi, per mostrarmi solidarietà, sbottò: “Ma lei non è quello della tv? Hanno tappato anche la sua bocca, questi porci…”. Quando un mezzo di comunicazione e un giornalista riescono a stabilire questo tipo di feeling con la gente e l’opinione pubblica in generale, vuol dire che il lavoro dell’informatore è sulla strada giusta. Insomma, l’”informazione di qualità” – auspicata di recente anche da Andrea Riffeser (nella foto), presidente della FIEG- serve alla nostra democrazia e anche per tenere in buona salute i mezzi di comunicazione, giornali cartacei in primis.

 

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