UN EQUILIBRIO COMPROMESSO

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Il Limite / 8

UN EQUILIBRIO COMPROMESSO

di Raniero Regni

“È realistico aspettarsi che chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle prossime generazioni?”

Papa Francesco

 

Un equilibrio compromesso, è il titolo di un convegno che si è svolto a Gubbio, la mia città (“mia”, nel senso che io appartengo ad essa!) sabato scorso. L’equilibro a cui rimanda il titolo, e l’immagine che l’accompagna, sassi di diverse dimensioni che pendolano precariamente come i bracci di una bilancia molto instabile che può precipitare in ogni momento, è quello tra salute, ambiente e economi<a.

L’incontro, durato un’intera giornata, è stato organizzato dall’associazione NOCSS nelle cementerie di Gubbio, unica città dal triste primato di avere due industrie pesanti, due industrie insalubri di prima classe, che insistono sulla stessa piccola valle interclusa, una delle quali a ridosso del più popoloso quartiere della città.

Al convegno hanno però partecipato rappresentanti di tre città italiane, Monselice (Veneto), Galatina (Puglia), Venafro (Molise) che combattono da anni contro lo stesso problema: industrie che eludono o, meglio, costruiscono leggi e regolamenti fatti ad hoc, pur di avere le mani libere di fare quello che vogliono in fatto di inquinamento. In queste tre città da molti anni, in alcuni casi da decenni, i cittadini, esposti involontari al rischio di inquinamento ambientale, sono impegnati in una lotta contro industrie di un settore in crisi che cercano di riconvertirsi trasformandosi in inceneritori impropri. Chiedere, come fanno a Gubbio, di bruciare centomila tonnellate di un combustibile derivato dai rifiuti solidi urbani, è evidentemente un piano industriale e non energetico. Non si tratta di ridurre infatti l’impatto ambientale della CO2, ma di evitare le sanzioni imposte dall’Unione europea e di fare cassa in un settore pericolosamente lucroso che, da sempre, interessa le ecomafie.

Il nodo principale da cui si è partiti è però quello della salute. Secondo la legge italiana, la salute è un bene non mediabile. Che cosa vuol dire? Che non si può scambiare un rischio per la salute con un po’ di posti di lavoro. Non è semplicemente possibile. Eppure è quello che si è fatto in maniera eclatante a Taranto e che ha portato poi alle conseguenze che tutti conosciamo, cifre impressionanti di tumori soprattutto infantili. L’indagine medica proposta è quella della “epidemiologia dei cittadini”, ovvero un progetto per risalire ai dati delle malattie in maniera geolocalizzata, ovvero chi è morto o ha sofferto di determinate malattie in un raggio di un chilometro, due chilometri, e così via, rispetto ad un cementificio. Indagine anonima e raffinata sul piano statistico. Sì, perché il convegno eugubino ha fatto capire che sono di nuovo i numeri, è di nuovo la statistica che può ingannare la ricerca sulle malattie correlate all’inquinamento.

Le indagini fatte sulle matrici ambientali attraverso la dendrochimica, ovvero il carotaggio degli anelli di accrescimento delle querce e quello sui licheni e sugli insetti, un’indagine costosa, sottoscritta da numerosi cittadini e commissionata a due atenei italiani, ha fatto emergere la presenza di metalli pesanti tipici marcatori dei cementifici così come ha fatto emergere che un piccolo comune nel cuore verde d’Italia abbia un inquinamento dell’aria simile a quello dell’ambiente urbano di Milano. Sono i camini a legna o le stufe a produrre questo impatto? In altre città è stato analizzato il latte materno e le unghie dei bambini. I metalli pesanti erano presenti anche lì e, pur esistendo in natura, lì non dovrebbero esserci.

Ma quello che si scopre, analizzando con l’aiuto di esperti, le varie autorizzazioni comunali e regionali rilasciate ai cementifici, è che le famose soglie stabilite per legge rappresentano un inganno perverso e fatto ad arte, non per proteggere e garantire la salute, ma per ingannare ed eludere i controlli. Come è stato ricordato anche dalla USL Toscana sud est, che ha respinto la richiesta di un cementificio di raddoppiare la combustione del CSS, perché, “i metalli pesanti sono sostanze persistenti per la loro scarsa biodigeribilità e la loro pericolosità e capacità di danno sulla salute dovuta alla loro caratteristica di trasferirsi con la catena alimentare e accumularsi progressivamente nei tessuti biologici. Per la maggior parte di questi microinquinanti non esiste una soglia sotto la quale non siano in grado di causare conseguenze dannose sull’organismo”.

Eppure c’è una legge che dice che è possibile. Allora ha ragione Papa Francesco a scrivere, nella sua lettera Enciclica Laudato si’, “c’è bisogno di sincerità e verità nelle discussioni scientifiche e politiche, senza limitarsi a considerare che cosa sia permesso o meno dalla legislazione”.

E l’economia, il PIL, l’occupazione? È evidente oramai, e questo è emerso sempre nel convegno di Gubbio, che ci sono due visioni dell’economia, che nascondono due vere e proprie antropologie, due diverse visioni dell’essere umano. La prima è quella dell’Homo Economicus che cerca di massimizzare i profitti a scapito degli altri, mosso esclusivamente dall’egoismo acquisitivo, l’homo homini lupus, l’uomo che è una belva per l’altro uomo. E un’altra visione di economia che fa del mercato non il padrone ma il servo dell’essere umano. Che sostiene proprio il contrario, non si può fare la propria felicità senza coinvolgere quella degli altri. Si può far risalire la prima matrice al mondo animale che lotta per la sopravvivenza, mentre il secondo paradigma si ispira al mondo vegetale, dove c’è sì competizione, ma soprattutto collaborazione e reciprocità. Un capitalismo dove si capisce bene la famosa frase di E. Mattei, preferisco essere un imprenditore povero in un paese ricco, che un imprenditore ricco in un paese povero.