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Quando la società civile ne sa più della politica e dell’amministrazione

Il Limite /46

Quando la società civile ne sa più della politica  e dell’amministrazione

 di Raniero Regni

Chi si impegna in azioni di tutela ambientale e per la difesa di certi diritti locali scopre che esistono organizzazioni e associazioni di cittadini che spesso hanno competenze molto elevate sui temi di cui si occupano magari da decenni. Parliamo di organizzazioni e associazioni che vanno a costituite la società civile. Che cos’è la società civile?

È una realtà che sta tra lo stato e il mercato che si è formata spontaneamente, almeno in Europa e in poche altre realtà. Ma che stenta ad essere presente in Cina oppure in Russia o in altre società dove regimi autocratici hanno governato da tempo immemore. È una formazione sociale autonoma rispetto alla sfera economica e a quella politica, come pure svincolata rispetto alla sfera privata della famiglia. La società civile presuppone un pluralismo istituzionale ed economico, ovvero molte e diverse forme di organizzazione plurali, appunto, non monocratiche. Come sosteneva il grande antropologo sociale E. Gellner, che le ha dedicato uno studio fondamentale, è un insieme di svariate istituzioni non governative abbastanza forti da fare da contrappeso allo stato, per cui esclude sia i regimi autoritari accentrati che i regimi comunitari opprimenti. Il pluralismo politico-economico presuppone e rimanda anche ad un pluralismo culturale. La società civile richiede e, al tempo stesso rende possibile, il pluralismo ideologico, il dubbio e il compromesso.

Chi scrive ha avuto esperienza recente di come organizzazioni spontanee prodotte dalla società civile sappiano molto più delle istituzioni in certe materie come quelle ambientali o come quelle legate all’uso dei rifiuti. Esiste infatti in Europa l’organizzazione Zero Waste Europe, ovvero un’associazione di cittadini, a cui aderiscono però anche sindaci e amministratori pubblici, che ha messo a punto una proposta per il riciclo e il riuso dei rifiuti che rappresentano il lato oscuro della società dei consumi. I rifiuti rappresentano una materia prima seconda; andrebbero prodotti di meno riciclati di più. Attraverso forme di recupero di materia e non di energia, ovvero non andrebbero inceneriti e neanche stoccati in discarica.

Nella mia regione, l’Umbria, esiste il Coordinamento rifiuti zero Umbria che aderisce appunto a Zero Waste Italy e alla relativa catena internazionale che ha proposto alla Regione un piano di vera economia circolare. La Regione, governata dal centro destra, dopo decenni di dominio del centrosinistra, ha invece ignorato questi interlocutori, ha costituito una commissione apparentemente molto agguerrita dal punto di vista scientifico che però ha prodotto il “topolino” di un aumento di rifiuti portati in discarica e la proposta di costruzione di un inceneritore nel 2030. C’è poi il rischio che la raccolta porta a porta venga sostituita da quella dei cassonetti cosiddetti intelligenti che hanno dato invece pessimi risultati. In queste poche righe non si può dare conto degli errori contenuti nel piano regionale e invece delle ragioni del comitato Rifiuti zero che rappresenta l’avanguardia per le politiche dei rifiuti. Un esempio del modo di ragionare miope dell’amministrazione regionale. è costituito dal fatto che prima si è pensato di costruire un inceneritore (si precisa che in Umbria, una regione con ottocentomila abitanti, ne esiste già uno a Terni), il che presuppone almeno 130 mila tonnellate di rifiuti annui da usare, e poi, a ritroso si è impostata la raccolta differenziata in maniera tale da lasciare quella quota di rifiuti non riciclati. E’ chiaro che cosa si intende fare. l’inceneritore, una macchina costosissima e di difficile collocazione in una regione densamente abitata e dai paesaggi storico-artistici delicati e bellissimi, non verrà costruita per cui l’alternativa, alla fine, sarà quella di bruciare i rifiuti e i loro derivati nei cementifici di Gubbio (cementifici che sono peggio degli inceneritori, dal punto di vista delle emissioni).

Questo è solo un esempio di come le competenze di amministratori improvvisati siano inferiori a quelle di cittadini che da anni studiano e si impegnano volontariamente per le migliori pratiche da impiegare nelle realtà locali.

Fin qui l’articolo che avevo pensato per nostra rubrica settimanale, ancora sui limiti per ridurre l’inquinamento. Ma ancora una volta la tragica attualità ci incalza. Me ne ero andato in montagna con il desiderio di disintossicarmi fisicamente e spiritualmente, non leggendo magari neanche un giornale e non guardando neanche un minuto di televisione. Invece, nel frattempo, è scoppiata una guerra in Europa, alle frontiere dell’Unione Europea.

La guerra! Chi come la mia generazione è nata e cresciuta nel mito della pace, non possiede neanche le categorie per pensare la guerra. Dopo tanti errori storici, come possiamo pensare di risolvere le controversie internazionali sparando? Sembra un brutto sogno ma siamo ancora quelli “della pietra e della fionda”. “Ancora tuona il cannone, ancora non è contenta di sangue la belva umana”. Mi risuonano nella mente le parole e la musica di vecchie canzoni e mai dimenticate poesie. Davvero la storia, come diceva Camus, è l’incubo da cui non ci è dato di svegliarci.

Paesaggio dolomitico. Cielo azzurro, sole, neve perfetta. E intanto arrivano le immagini di bambini di un reparto oncologico di Kiev che sono costretti a lasciare l’ospedale per scappare in un rifugio. Come possiamo sopportare tutto questo?

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