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NICCOLO’ DELL’ARCA, IL COMPIANTO DEL CRISTO MORTO

 

Nei peregrinare in giro per il mondo mi sono ritrovato a Bologna, stupenda città nota per le sue superbe qualità gastronomiche delle quali, peraltro, mi sono beato.  Al suo interno, fra i tanti capolavori che adornano le sue chiese e le innumerevoli manifestazioni culturali e artistiche cominciate con l’era Zangheri, iniziatore di una delle politiche culturali più efficaci di cui, la città, ha beneficiato da quel momento in poi, conserva all’interno del proprio scrigno di tesori una delle opere d’arte più belle , meno valorizzate e conosciute del quattrocento italiano: IL COMPIANTO DEL CRISTO MORTO di Niccolò dell’Arca,

Il gruppo scultoreo, poiché di un gruppo di personaggi si tratta, composto da sette figure è ora custodito all’interno della chiesa di Santa Maria della Vita dove può ora essere visitato e, senza l’uso del flash anche fotografato.  Questa è un’opera che non è mai stata molto apprezzata dai bolognesi del tempo e anche da quelli del cinque, sei, settecento. Disprezzata per la solo apparente bruttezza dell’espressione dei suoi personaggi, si racconta che, nel comune parlare del dialetto bolognese, venisse presa a prestito per additare la bruttezza di qualcuno…hai la faccia come quella delle due madonne…. Per moltissimi anni, dopo la  sua primigenia collocazione accanto alla porta dell’ingresso principale del Santuario sulla via Pescherie, fu rimosso nel 1586 e fatto oggetto di vari spostamenti fra gli altri, le voci popolari raccontano di una sua indebita collocazione  anche nel cortile di un macellaio che gettava su di esse i rimasugli della macellazione per alimentare una grande proliferazione di gatti che beatamente si nutrivano, nel leccare contemporaneamente rimasugli e statue. Ricordiamo che tutte le componenti statuarie erano formate, cotte e successivamente decorate a secco. Questa decorazione pittorica è praticamente scomparsa, solo qualche prezioso residuo fà bella mostra di sé.

I personaggi del compianto sono,  a partire dalla sinistra del gruppo:

  1. Giuseppe d’Arimatea, inginocchiato con un martello in mano e la tenaglia nella cintura, che guarda e invita lo spettatore ad assiste alla tragica scena, fu colui che chiese a Pilato il corpo di Cristo e trovò per lui il sepolcro. Distinto e facoltoso, fedele a Gesù, acquistò la Sacra Sindone e depositò il corpo di Cristo nella tomba, in realtà predisposta per sé.

  2. Dopo di lui Maria di Giuseppe ( Salomè) viene identificata dalla tradizione come madre dei figli di Zebedeo. Ella seguiva Gesù come discepola fin da quando predicava in Galilea.

  3. La Madonna che ha ai suoi piedi il catafalco del Cisto deposto.

  4. Immediatamente al suo fianco San Giovanni Apostolo al quale, prima di morire, Gesù aveva affidato la propria madre.

  5. Viene poi Maria di Cleofa che con le mani tenta di allontanare da sé l’orrore del Cristo morto.

  6. Infine Maria Maddalena, collocata tradizionalmente ai piedi di Gesù perché peccatrice, aveva lavato i piedi del Signore e li aveva asciugati con i propri capelli, e da questo era stata perdonata. Fra le altre questa è forse la figura più tragica del Compianto: giunge al santo sepolcro di corsa con grida strazianti.

  7. Il cristo morto è adagiato composto, in attesa della sepoltura. Ad osservarlo è l’unica delle immagini a non mostrare dolore e disperazione: il suo destino terreno si è compiuto, ora siede sereno alla destra del Padre.

  8. Si racconta anche di Nicodemo, una figura storica rappresentata in tutti i compianti che, nel nostro, manca. Pare che la sua scomparsa sia da attribuirsi al fatto che il modello usato per raffiguralo fosse quello di Giovanni Bentivoglio signore della Città. Quando questa venne conquistata da Giulio II, dopo il 1560, fu fatta abbattere come tante altre, per cancellare la memoria dei signori precedenti.

La drammaticità e il pathos di alcune di queste figure non hanno pari nella cultura italiana dell’epoca, almeno nelle opere pervenuteci, ed ha posto l’interrogativo delle fonti alle quali Niccolò attinse: sicuramente la scultura della Borgogna, poi l’Umanesimo gotico d’oltralpe

Il gruppo presenta tratti notevoli di modernità, talvolta di carattere espressionistico come nell’espressione di Maria Maddalena, metafisico nella figura di un addolorato inconsolabile riflessivo Giovanni.

 

 

Ma Niccolò dell’Arca chi era?

Probabilmente di famiglia dalmata, nacque probabilmente fra il 1435 ed il 40, in Puglia, come può dedursi dalla scritta sul cuscino su cui il Cristo poggia la testa Opus Nicolai de Apulia. E’ presente a Bologna dal 1462, Altre opere attribuitegli sono la grande Madonna con Bambino, sempre in terracotta, posta sulla facciata di Palazzo d’Accursio, l’ Aquila, sempre in terracotta, sull’ingresso della chiesa di San Giovanni in Monte, due Busti di San Domenico, uno presso il Museo di San Domenico a Bologna ed un altro presso la collezione Cavallini- Sgarbi, in provincia di Ferrara. Altro lavoro famoso è il Coperchio Marmoreo dell’Arca di San Domenico, nella chiesa bolognese dedicatagli. Per questo motivo Niccolò d’Apulia prese il soprannome di Dell’Arca, che rimase alla famiglia proprio in seguito alla realizzazione dell’arca sepolcrale. Morì nel 1494 e fù sepolto nella chiesa dei Celestini nei pressi di San Petronio.

   

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