HomeLa RivistaAttualità e AmarcordQUANDO L’ACQUA DEL RUZZO IMBOTTIGLIATA DOVEVA DIVENTARE UNA PREGIATA ACQUA MINERALE

QUANDO L’ACQUA DEL RUZZO IMBOTTIGLIATA DOVEVA DIVENTARE UNA PREGIATA ACQUA MINERALE

di Marcello Martelli

Per commercializzare l’invidiata risorsa era già pronto un progetto, poi abbandonato, con altre iniziative necessarie per consolidare una gestione sana e corretta dell’ente, che invece si stava avviando a una svolta clientelare, con disastrosi bilanci in profondo rosso. Dodicesima puntata su La Città dell’inchiesta sull’acqua : l’opera che conclude l’importante programma avviato nel 1973 (quando si constatò che il quantitativo di acqua scaturita dal Traforo aumentava invece di diminuire con il progredire dei lavori autostradali), prevede la costruzione di un’adduttrice principale che, partendo da quella della Vallata del Vomano, va a intersecare, rafforzandoli, i tre tronchi esistenti di Roseto, Giulianova e Vibrata, potenziando così l’approvvigionamento idrico della zona collinare della costa e della Valvibrata. Fin qui (e si sottolinea “fin qui”) va riconosciuto che il consorzio per l’Acquedotto del Ruzzo, alla luce delle opere realizzate e dei risultati conseguiti, è un ente accorto e lungimirante, sempre teso a conservare alla collettività, in continua espansione e con esigenze in crescita, quell’ottimale approvvigionamento idrico potabile, invidiato da tutti, che addirittura ha consentito un uso persino “senza risparmio” da parte delle popolazioni. Tuttavia l’Acquedotto del Ruzzo aveva sempre cercato non solo di gestire correttamente gli impianti e la rete realizzati e disponibili, ma aveva saputo impostare programmi e progetti che tenevano conto delle possibili risorse idriche e della globalità delle esigenze della provincia. In tale ottica non si era limitato, come in tante altre parti d’Italia, alle soluzioni più semplici e, a breve, più economiche, ma aveva

 

voluto privilegiare la qualità. Si era posto in una proposizione nuova, almeno per il nostro territorio, praticando una politica costruttiva e in linea con le leggi di mercato. Il consorzio del Ruzzo era così diventato un gioiellino snello e competitivo (senza quella pletora di personale e sperperi vari che in seguito verranno), da portare ad esempio per una gestione sana e competitiva. Davvero rosea rispetto a un futuro catastrofico in arrivo. Un ente che si era posto su un piano imprenditoriale, rispettoso delle esigenze della collettività, ma anche dei sani principi di buona e corretta gestione delle risorse. Per tale situazione, era maturato ed era stato conseguito un altro passo avanti verso la modernizzazione, che il Consorzio per l’acquedotto del Ruzzo aveva compiuto con la creazione dell’ASAR, Azienda Speciale dell’Acquedotto del Ruzzo. Nel programma operativo triennale dell’azienda, i progetti e le iniziative ereditati dal consorzio costituivano il fondamentale punto di partenza per lo sviluppo degli interventi. I criteri e gl’indirizzi alla base del piano-programma dell’ASAR comprendevano interventi che avrebbero consolidato la solidità e lo sviluppo dell’azienda Ruzzo. Progettata anche la produzione di energia elettrica. La favorevole situazione economico ha invece incentivato nell’ente un nuovo corso politico-gestionale mai abbastanza deprecato che, con la moltiplicazione dei posti di potere e dei costi, ha portato una situazione clientelare con bilanci disastrosamente in profondo rosso.

 

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