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Aspetti chinesiologici dello stretching (seconda parte)

Benessere / 153

di Giuseppe Mazzocco

Assumendo una delle tante posizioni dello stretching si provoca tensione nel muscolo; i fusi, come risposta, innescano la contrazione dello stesso, procurando un leggero dolore (tensione media). A questo punto, la risposta riflessa di lasciare la posizione deve essere annullata in foma cosciente, mantenendo la postura, per permettere, nel tempo di pochi secondi, ai corpuscoli del Golgi di dare la loro risposta: il rilasciamento.

È questa la base dello stretching.

Le posture statiche dello stretching, assunte lentamente, devono porre muscoli, tendini e legamenti in condizioni di allungamento prolungato, per annullare le risposte riflesse indotte dall’attività dei fusi neuromuscolari (tempi superiori ai sei-otto secondi: riflesso miotattico) e per provocare quelle indotte dagli organi tendinei del Golgi (rilasciamento per inibizione autogena).

La terza parte del lavoro chiude l’area della teoria ed apre, contemporaneamente, quella della pratica.

I successivi dieci capitoli riportano i metodi conosciuti di allungamento: il dinamico, il misto, lo statico ed il PNF, anche se solo gli ultimi due (ricorda l’Autrice) sono tecniche di vero stretching.

La tecnica dinamica o metodo di Ling è basata sul molleggio e provoca il riflesso miotattico diretto, tanto che (come metodica) viene usata a livello sportivo per lo sviluppo delle reattività del muscolo e diventa utile se preceduto da un buon riscaldamento. Non viene usato a livello “terapeutico”.

La tecnica mista (i “famosi” slanci degli arti) forza l’allungamento di un muscolo, stabilendo un riflesso miotattico diretto. Potrebbe essere dannosa, se eseguita senza criterio.

La tecnica statica, ideata da Bob Anderson, è oggi la forma di stretching più conosciuta e praticata. Pretende l’allungamento lento e graduale di un muscolo (fino ai propri limiti fisiologici) senza attivare il riflesso miotattico diretto e stimolando gli organi tendinei del Golgi, per realizzare il rilasciamento.

Bob Anderson distingue, nel suo sistema, queste fasi:

  • creare una tensione (facile), per scatenare il riflesso miotattico inverso, da mantenere per dieci-trenta secondi, senza molleggiare. In questo tempo bisogna avvertire la riduzione di tensione che, all’inizio e sempre nella stessa posizione, il muscolo aveva;

  • aumentare la tensione (discreta), attraverso un aumento dell’escursione articolare. Questa è la parte sviluppata dall’allungamento, da tenere per trenta secondi o più;

  • smettere l’allungamento per non entrare nella fase di eccessiva tensione (drastica), che rischierebbe di danneggiare le strutture e di non attivare il riflesso inverso di stiramento;

  • mantenere il rilasciamento della parte stirata per trenta-sessanta secondi ed eseguire esercizi con una parte diversa del corpo;

  • si potrà ripetere l’esercizio per altri trenta secondi;

  • mai tralasciare la respirazione: espirare mentre si assume la posizione di allungamento; respirare normalmente nel mantenerla (mai rimanere in apnea); inspirare nel tornare alla posizione di partenza.

La tecnica PNF (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation) è stata divulgata da Holt e differisce da quella statica di Bob Anderson perché non si basa su un unico tempo (quello della trazione prolungata), ma su due tempi successivi: una contrazione isometrica ed un allungamento statico.

Si eseguono attraverso questi tempi:

  • raggiungere il massimo allungamento, moto lentamente, senza arrivare alla soglia del dolore;

  • eseguire una contrazione isometrica del muscolo o gruppo muscolare interessato all’allungamento. La contrazione dovrà essere la più intensa possibile, ma non dovrà produrre alcun spostamento dei segmenti corporei. Si potrà realizzare questa contrazione opponendo una resistenza al movimento, per esempio un’altra parte del corpo, una parete o un altro qualsiasi ostacolo (anche un compagno di lavoro). La contrazione dovrà durare quindici-venti secondi ed il muscolo dovrà trovarsi nella condizione di massimo allungamento;

  • realizzare un brevissimo periodo di rilasciamento, di tre-cinque secondi;

  • portare in allungamento (trazione) statico per venti-trenta secondi i muscoli precedentemente contratti isometricamente;

  • ripetere l’intero procedimento per altre due-tre volte, cercando di allungare il muscolo antagonista, sempre senza andare oltre la soglia del dolore.

(continua con la terza parte)

Premio Nazionale ANATRIPSIS – Le culture manipolative, le scienze motorie e le aree pertinenti fra storia, metodologie applicative ed aspetti professionali – Edizione 1997.

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