HomeCulturaartiREMO WOLF. UN’ ICONA ITALIANA DELLA XILOGRAFIA

REMO WOLF. UN’ ICONA ITALIANA DELLA XILOGRAFIA

Nel vasto panorama artistico del Novecento, all’interno di tutte le sue vie, in quell’ampio variegare della sperimentazione del segno, la xilografia ha avuto un peso determinante: nel nord europa è diventato uno degli strumenti principe dell’Espressionimo; nell’Italia fra le due guerre mondiali e per un venticinquennio a seguire è stato il mezzo usato per il racconto aulico in chiave classicista, utile per stare al passo con il regime oppure in chiave regionalistica nella quale prevalgono soggetti paesaggistici o figure e racconti fortemente legati al territorio. In questo contesto, a cavallo fra le seconda guerra mondiale e sino al 2009 si svolge l’opera di Remo Wolf, una figura che emerge non solo per la sua maestria tecnica, ma anche per l’uso che fa del linguaggio xilografico che, quando non legato streattamente  al racconto origina situazioni formali che lo collocano a pieno titolo nella modernità.

Nato a Trento nel lontano 29 febbraio 1912, Wolf ha trascorso gran parte della sua vita immerso nell’arte e nell’insegnamento. Dopo aver studiato a Trento, Parma e Firenze, ha iniziato la sua carriera artistica alternando alla xilografia l’insegnamento di disegno e storia dell’arte in varie città italiane. Tuttavia, la sua vera passione è stata l’incisione, in particolare quella xilografica.

I primi anni della sua carriera furono segnati dalla sua partecipazione al fronte africano durante la Seconda Guerra Mondiale, un’esperienza che avrebbe influenzato profondamente il suo lavoro artistico. Anche durante il periodo di prigionia, Wolf trovò la forza di continuare a creare, producendo xilografie che trasmettevano la sua struggente esperienza.

Nel dopoguerra (1950, 1954 e 1956) la Biennale veneziana ospita Wolf che in quelle occasioni presenta sempre delle xilografie, segnale indiscutibile del ruolo primario che l’attività incisoria è venuta ad assumere nel suo percorso artistico. Sono opere ormai mature, evoluzione naturale di una fase di studio dove il disegno non ha segreti e dove la tavola incisa appare di un’efficacia sorprendente. Sono appunto gli anni nei quali l’artista accosta al tema libero della singola tavola i più articolati e colti cicli narrativi, indicatori di un’attenzione a tematiche del proprio tempo o del passato che Wolf propone come acuto osservatore e sagace critico.

Alcuni cicli erano stati incisi anche prima della guerra: quelli della “Danza della Morte” (1933) e dei “Sogni” (1939) con i quali l’artista inizia a sperimentare la narrazione a tema. E altrettanto determinante nell’opera wolfiana è il ciclo di sette fogli della “Piccola pazzia” (1946), permeato dal dramma della prigionia, che poi riprende e sviluppa tra il 1955 e il 1965 nel più articolato “Incubi di ieri e oggi”.

Con il rientro dall’esperienza bellica, abbandona progressivamente il “legno di testa”, con il quale aveva esordito nel 1929, per approfondire con sempre maggiore perizia quello “di filo” che gli permette esiti formali diversi nell’esaltare una scioltezza del segno sempre più convincente nella sua coerenza formale.

Questo desiderio di “narrare” su più fogli si intensifica dalla metà degli anni Settanta e per tutti gli Ottanta, quando – complice il pensionamento dall’insegnamento – i tempi di lavoro assumono ritmi diversi.
Molti sono confluiti come iconografia di prestigiose edizioni d’arte, testimonianza di una potenzialità espressiva che ha raggiunto l’apice e dove il fascino del racconto si lega indissolubilmente ai caratteri più propri dell’artista: l’ironica lettura, la sottile irriverenza, il gusto della narrazione. Negli anni più recenti, la sperimentazione si rivolge a xilografie a uno o più colori, alcune delle quali realizzate con la tecnica del “legno perso” , tecnica molto usata nella scuola del libro di Urbino, che Wolf fa propria come stimolo e sfida estrema nel campo incisorio.

Nel corso della sua lunga e prolifica carriera, fu uno dei fondatori dell’Associazione Incisori Veneti nel 1952 e continuò a promuovere attivamente l’arte incisoria attraverso varie iniziative, tra cui la fondazione del Centro Culturale Fratelli Bronzetti a Trento.

 

Le opere di Wolf sono state esposte in numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero. Il suo contributo all’arte gli valse riconoscimenti importanti, tra cui la medaglia d’oro al merito per la Cultura e l’Arte dal Ministero per la Pubblica Istruzione.

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