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Le patologie traumatiche nell’atleta di Triathlon

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Le patologie traumatiche nell’atleta di Triathlon

di Giuseppe Mazzocco

   Il lavoro affronta un argomento specifico, nel vasto campo delle tecnopatie da sport, e prende in esame uno sport “minore”, il Triathlon, per evidenziarne i “danni” che può provocare, se “fatto male”, ed offrire delle preziose indicazioni ai tecnici che sono responsabili dello stato di forma dell’atleta stesso: chinesiologi, allenatori, preparatori atletici, massofisioterapisti, medici sportivi, ecc.

   L’Autore parte dalla presentazione del Triathlon cercando, anche, di dare un profilo dell’atleta che realizza questo specifico sport.

  Il Triathlon è la somma di tre sport aerobici (il nuoto, il ciclismo e la corsa) che nasce negli Stati Uniti nel 1974 (sviluppato nelle Hawaii, nel 1977, in una base militare), come variazione del programma di allenamento dei podisti, dei maratoneti e per le corse su strada, e che arriva in Italia nel 1984.

   Oggi il Triathlon è praticato in tutto il mondo, dal 1989 ne viene organizzato il campionato mondiale (1.5 km di nuoto, 40 km di ciclismo e 10 km di corsa) ed a partire dalle Olimpiadi di Sidney del 2000 è fra le discipline olimpiche.

   Come sport “nuovo” non è ancora entrato nella perversa logica dei carichi esagerati; il risultato a tutti i costi, cioè, impone delle gestualità sportive che, sovente, sono foriere di patologie dell’apparato locomotore. È, ancora, uno sport non condizionato che, comunque, con impegnative attività dinamiche di resistenza (con gestualità specifiche come quelle del nuoto, del ciclismo e della corsa), può provocare i “classici” traumi del mondo sportivo. Soprattutto perché il Triathlon, come sport di recente divulgazione, annovera fra i praticanti degli atleti autodidatti, ovvero con una preparazione non scientificamente seguita per gli aspetti fisici, tecnici e mentali.

   Un atleta ben preparato psico-fisicamente e tecnicamente sa sopportare meglio lo stress, riuscendo ad evitare l’infortunio alle strutture muscolo-tendinee, perché non cade negli errori tecnici di programmazione e di tenuta.

   Il lavoro descrive, per maggior chiarezza tematica, le caratteristiche generali di un atleta di triathlon e le spinte motivazionali che spingono soggetti, già con vario passato sportivo, a “complicarsi la vita” con questo sport durissimo e certamente di non facile esecutività.

   L’Autore riporta delle considerazioni sul tempo che bisogna dedicare all’allenamento, alla programmazione ed alla specifica “dieta” alimentare che, per le caratteristiche delle specialità atletiche, diventa di non facile equilibrio fra il tempo delle frazioni, quello della digestione e l’altro dell’assimilazione (basti pensare al fatto che si nuota, anche in acque fredde).

   Un utile capitolo viene dedicato all’equipaggiamento perché, come in tutti gli sport all’aperto, può essere condizionato dalle escursioni climatiche. È assiomatica la preziosità che questo lavoro riveste per chi, come il massaggiatore sportivo, deve essere pronto a realizzare una tecnica manipolativa, anziché un’altra, per prevenire contratture o annullare le negatività di una già instaurata.

   Nei capitoli successivi appaiono molto chiare le tipologie traumatiche del Triathlon che, l’Autore, riporta e riferisce alle specifiche frazioni della gara e le distingue in acute e croniche.

   Si “incontrano”, così, le abrasioni, le contratture, le patologie della cuffia dei rotatori, le tendinopatie e le miositi localizzate, le borsiti, le rachialgie e le artralgie.

   Sono, inoltre, riportate le varici, i colpi di calore (il Triathlon è uno sport fatto all’aperto) e di freddo (le contratture).

   Il lavoro riporta, inoltre, un’indagine fatta, presso una società di Triathlon, per evidenziare le patologie più comuni, anche in atleti seguiti da specialisti della preparazione psicofisica, con delle tabelle stilate per la tipologia degli infortuni, le sedi della localizzazione e le percentuali per le singole frazioni (nuoto, ciclismo e corsa).

   Il lavoro “apre” il mondo del Triathlon a che deve realizzare gli interventi di prevenzione o di terapia per le tecnopatie più comuni: Chinesiologi e Medici Sportivi, Massofisioterapisti e Terapisti della Riabilitazione, Podologi e Tecnici Ortopedici, Psicologi dello Sport, Osteopati, Chiropratici e Posturologi.

   Per questi positivi messaggi e per il coinvolgimento delle aree pertinenti delle attività manipolative, il lavoro è stato scelto e premiato dalla Commissione Giudicatrice del premio nazionale ANATRIPSIS 1996.

 

 

 

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