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FINALMENTE IL DIALETTO!!

Editoriale  / 143

FINALMENTE IL DIALETTO!!

di Pierluigi Palmieri

Allo stato delle cose potremmo definire questo febbraio Il mese del Dialetto visto che a pochi giorni dalla conclusione in Liguria del Festival della Canzone  dove Emanuele Palumbo ha “imposto” il napoletano come lingua nazionale, dalla Sicilia arriva la notizia che il dialetto della Trinacria sarà oggetto di studio in alcuni licei con la prospettiva di portare al suo riconoscimento, “anche a livello europeo, così come avviene, a esempio, per il galiziano e il castigliano”.  Nel virgolettato ho ripreso le parole con le quali il deputato europeo Ignazio Corrao è intervenuto nel Palazzo  dell’Assemblea Regionale all’incontro di presentazione del progetto, che da marzo  coinvolgerà anche molti “artisti che fanno della loro sicilianità la loro forza”.  credo che siano d’obbligo i complimenti per i promotori, in primis per l’assessore regionale all’istruzione Mimmo Turano e per il Dirigente Vito Lo Scrudato del Liceo Classico “Umberto” di Palermo, che funge da scuola pilota, unitamente all’auspicio che l’idea attecchisca in tutte le altre scuole coinvolte.

Ho accolto con piacere questa notizia e ho più di un motivo per sostenerne il successo in base alla mia esperienza personale, a cui mi permetto di far riferimento senza però alcun intento autorefereziale.

 Il mio primo dialetto è stato il romanesco perché nella Capitale ho vissuto i miei primi sei anni, seguito immediatamente dal paulista, il “portoghese/brasileiro”, perché nella metropoli carioca sono stato per oltre due anni. Poi è arrivato quello di un’altra “capitale”, quella della Marsica, con i suoi particolari accenti e articoli che variano man mano che da Avezzano ci si sposta di  qualche chilometro per assumere altre connotazioni e cadenze., In merito però c’è un valore aggiunto non proprio trascurabile che sta nel fatto che mentre uscendo di casa la pratica dialettale con i compagni si scuola e di giochi assumeva la colorazione del luogo, in casa c’è stata per trent’anni una costante “linguistica” che mi affascinava, mi coinvolgeva e mi divertiva: il napoletano di mio padre.

A parte le canzoni, con le quali ‘On  Roberto, accompagnandosi con la pianola o con la fisarmonica (che suonava rigorosamente “a orecchio”) e gli aneddoti che servivano a rasserenare l’atmosfera nei momenti difficili, era a tavola che ci parlavamo in dialetto, commentando i fatti del giorno e le trasmissioni della radio e poi della televisione. Io non facevo mancare le provocazioni ironizzando su Napoli e i suoi “difetti”. Ricorreva spesso Una battuta simpatica e significativa: ‘o napulitano è na lengua universale. Addò jamme jamme, ce facimme capì”,

Ma i napoletani si sono fatti “capire” in tutto il mondo attraverso personaggi Grandi, che  hanno fatto del dialetto un mirabile strumento culturale. Nei miei scaffali sono sempre pronti per essere “riletti”  i capolavori di Eduardo I Scarpetta e di Eduardo II De Filippo, che stanno in bella compagnia con Matilde Serao e Salvatore Di Giacomo, (V, foto). Altrettanto dicasi per i Sonetti e Le Romanesche di Giuseppe Gioacchino Belli e Le Favole Romanesche di Trilussa con un richiamino a  Marcello D’Orta

Per la precisione la mia Biblioteca ha in dotazione anche  il Vocabolario del dialetto Avezzanese, opera preziosa di U. Buzzelli e G, B. Pitoni.

La  variegata esperienza in questo campo ha inciso in maniera decisiva sulla mia  formazione tanto  che lo Statuto dell’Associazione C.RE.DI,CI , fondata con i colleghi E, Di Ianni e R, Puzzu,  esattamente 13 anni e un giorno fa, prevede tra le sue finalità   “…l’attivazione di scuole con programmi legati alla valorizzazione della cultura, dei dialetti e delle caratteristiche del territorio regionale per coniugare l’insegnamento previsto dai programmi generali con le esigenze del tessuto sociale locale.

Del resto questa Rivista dedica  al Dialetto uno spazio importante nella Sezione “Letteratura, Poesia e Folklore”,

Benvenuto quindi a “Il Mese del Dialetto”, con il progetto della Sicilia  e il Sanremo di I p’ me, tu p’ te,

Una nota stonata c’è: “Ma chistu Gioiler nun se puteve chiamma’ Secondino?”

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