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ESERCIZIO FISICO ED OSTEOPOROSI (prima PARTE) Copia

Benessere / 135

Esercizio fisico ed osteoporosi  (prima parte)

di Giuseppe Mazzocco

    Il lavoro è diviso in due parti. La prima riporta delle circostanziate “notizie” sull’osteoporosi: epidemiologia, anatomia e fisiologia dell’osso, patogenesi, sintomi, riconoscimento e prevenzione. La seconda parte, intitolata “attività fisica ed osteoporosi”, si sviluppa in quattro capitoli dai “profili” monto ben delineati: effetti della sedentarietà e dello stress meccanico sull’osso, proposta di un protocollo di esercizi per la prevenzione, massaggio e stretching.

Queste, chinesiologia e massaggio, risultano le proposte più interessanti per la prevenzione e per la cura dell’osteoporosi.

Il movimento viene presentato come “momento terapeutico” essenziale e descritto come pratica da “dosare” in maniera intelligente, realizzando non solo gli aspetti attivi (contrazione volontaria e controllata), ma sviluppando anche quelli passivi (stiramenti e stretching). Di seguito, il massaggio diventa, quasi obbligatoriamente, la tecnica manipolativa che riequilibra asimmetriche situazioni contrattili o fastidiosi stati tensivi, aiutando il soggetto, in “terapia chinesiologica”, a conquistare un alto livello di benessere.

Il lavoro riporta, ancora, una chiarissima premessa, un capitolo di conclusioni, un atlante iconografico ed una ricchissima bibliografia, per un totale di centoventuno (121) testi di riferimento (quasi tutti in lingua inglese): una preziosissima fonte che, divisa per capitoli, rende veramente completa questa trattazione sulla chinesiologia, sul massaggio e sull’osteoporosi.

Il “ritmo” descrittivo del lavoro ubbidisce ad un interessante “crescendo” che, dalle statistiche epidemiologiche (USA, Svezia, Francia ed Italia), dai “ricordi” istologici (particolare riferimento alla funzione degli osteoblasti e degli osteoclasti) e da quelli patogenetici (concetto di picco di massa ossea), passa alla classificazione dei sintomi (dolori e fratture) ed al riconoscimento degli aspetti patologici (densitometria ossea computerizzata, assorbimetria a singolo o a doppio raggio fotonico, ecc.) per dettare, alla fine della prima parte, le più comuni ed applicabili “norme” preventive.

Questa prima parte presenta l’osteoporosi (riconosciuta malattia sociale e definita, in una prima descrizione, “riduzione della massa ossea per unità di volume”) come “sindrome ipocinetica dell’anziano” o “sindrome da immobilizzazione”, ne traccia i contorni e ne indica le “complicazioni”. Fra queste, come le più frequenti, l’Autrice riporta le fratture, indicando (come distretti anatomici più a rischio) quelle dei femori, delle vertebre, delle coste e dei polsi. Le fratture femorali, comunque, sono le più “temibili” e sono quelle che predispongono ulteriori complicazioni. L’Autrice dedica un passaggio al dolore vertebrale da osteoporosi, ricordando come, tipicamente, colpisce il tratto rachideo dorsale basso e lombare alto. Precisa, inoltre, che “esso compare generalmente in modo brusco ed improvviso, nel corso di normali movimenti quotidiani (come chinarsi o sollevare pesi) o anche in momenti di completo riposo”.

La postura in piedi, quella seduta ed i movimenti per cambiare posizione, mentre si è a letto, aggravano lo stato del dolore, mentre la posizione sdraiata, rimanendo immobili, o quelle in semi decubito controllato, con scarichi localizzati, generalmente, lo alleviano. Esso dura alcuni giorni e, nei casi più gravi, qualche settimana; fra i vari episodi acuti si possono intercalare periodi di remissione, caratterizzati da una sensazione muscolare qualitativamente definita “dolore sordo”, assimilata ad un “senso di peso” o di profonda stanchezza.

La seconda parte del lavoro si apre con la classificazione della osteopenia (diminuzione della massa ossea per “disuso” o per “ridotto carico gravitario”), riportando i primi studi di Albright, di Deitrich e di Stevenson, su situazioni di poliomielite, di fratture, di tubercolosi, di para e di tetraplegie, di lunghi allettamenti (per degenze ospedaliere o in istituti di ricovero) e di immobilizzazioni distrettuali (apparecchi di contenzione, protesi, impianti di fissazione).

Il lavoro riporta, inoltre ed in percentuale, la riduzione della massa ossea in riferimento ai distretti anatomici (rachide, arti, ecc.) ed in ragione del fattore tempo (in base ai mesi d’immobilizzazione), il concetto e le indicazioni di osteopenia (causata da lunghi periodi di decubito o da vari voli nello spazio) e quello di osteoporosi senile (forma primitiva, seconda, per importanza clinica, solo a quella post-menopausale).

Il lavoro continua con il capitolo che mette in rapporto l’incremento dell’attività fisica e la massa ossea (ai livelli dell’apparato locomotore) con una conclusione che, con il consenso unanime di tutti i ricercatori (anche se con varo distinguo), ritiene ci sia una correlazione diretta tra movimento e “qualità scheletrica”.

Da questo concetto di base nasce il lavoro in oggetto, che ha per titolo “Esercizio fisico ed osteoporosi”.

(Continua con la seconda parte).

 

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