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SCHMUTZIGES TANZEN (Atto secondo).

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SCHMUTZIGES TANZEN (Atto secondo)

di Mario Travaglini

 L’anno scorso, più o meno di questi tempi, ebbi ad occuparmi della Germania di Sholz quando il Cancelliere improvvisamente si recò in Cina per omaggiare    Xi Jnping con il nascosto scopo di ottenere vantaggi commerciali dopo  aver regalato il porto di Amburgo alla società Cosco, testa di ponte in Europa per i traffici marittimi provenienti dal quel paese. Concludevo così :” In questo contesto la commissione presieduta dalla Baronessa Von der Leyen resterà tranquilla e muta consentendo ai suoi connazionali di continuare ad esibirsi nel ballo a loro più congeniale: Schmutziges Tanzen.” Oggi, dodici  mesi dopo, sembra non sia cambiato granché. La Germania, ignorando le regole che disciplinano i rapporti tra i paesi dell’Europa, persevera indisturbata nei suoi balli proibiti,  incurante anche dei riflessi che tale comportamento -da sempre egemonico- determina sulle altre economie. Mi riferisco al piano predisposto per aiutare le industrie energivore acché mantengano la loro competitività internazionale dopo aver dovuto rinunziare al gas russo, acquistato a quattro soldi per i noti trattati all’epoca sottoscritti da Putin e Merkel.  Il piano da 60 miliardi, che prevede aiuti per 12 miliardi di euro già nel 2024 ed altri 12 per ogni altro anno fino al 2028, si realizzerà principalmente attraverso un abbassamento delle tasse sull’energia oltre ad altri aiuti mirati territorialmente. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, nel presentare il pacchetto, l’ha definito un’ottima notizia. Non c’è dubbio che lo sia, ma solo per le aziende tedesche. Un po’ meno per tutti gli altri paesi dell’Europa. Molti ricorderanno che già lo scorso anno il governo da lui guidato aveva concesso fiumi di denaro a famiglie e imprese, forte del salvadanaio di 200 miliardi accumulati con i surplus non versati nelle casse comuni europee.  Poi quest’estate erano stati annunciati altri 7 miliardi di aiuti alle imprese e un “tetto” ai costi energetici, valido sia per le famiglie che per le imprese tedesche. Evidentemente non basta, tanto che il nuovo piano non si limita alla riduzione delle imposte sul consumo energetico ma va anche oltre, prolungando nel tempo aiuti specifici a 360 grandi aziende manifatturiere, considerate a rischio di delocalizzazione con ricadute inimmaginabili sulla occupazione interna.

Il ministro dell’economia Robert Habeck non è riuscito a trattenersi ed ha gonfiato il petto dicendosi molto soddisfatto per “….aver trovato un percorso comune con il quale possiamo sostenere la competitività dell’industria, dalle piccole e medie imprese alle grandi aziende”. Egli dimentica che questo è un atto chiaramente distorsivo della parità di condizioni del mercato interno della Unione Europea perché a nessun altro paese è data la facoltà di aiutare fiscalmente le proprie imprese. Ci ricordiamo che in Italia furono fatte fallire due banche (Tercas ed Etruria) senza che fu possibile muovere un dito per salvarle, sebbene i fondi non provenissero dallo Stato ma dal Fondo Interbancario (privato) ?                                                             Questa è la Germania. Un Paese ipocrita che usa le istituzioni europee come se fossero di sua proprietà: impone le regole ma pratica le eccezioni, pone limiti stringenti ma non li osserva, detta la linea ma poi la elude. Non è un caso, quindi, che il giorno dopo in cui la Commissione annunzia di rinviare al 31 marzo 2024 l’applicazione del divieto di erogare aiuti di stato il Cancelliere, nel silenzio generale, cala il suo asso di briscola con cui squilibra il mercato industriale dell’eurozona.

C’è qualcuno che osa chiedere  ad alta voce a cosa servirebbero i dibattiti, gli scontri, le polemiche, le dispute e le negoziazioni tra stati membri se poi c’è sempre un paese che fa quello che vuole?  Mi sembra che la metafora di Orwell contenuta nella sua  Fattoria degli animali sia perfettamente applicabile al paese germanico perché è vero che tutti i paesi dell’Unione sono uguali ma la Germania è evidentemente più uguale degli altri.

Ora, tutto questo avviene mentre sul tavolo di Bruxelles stagna la riforma del Patto di Stabilità, ovvero, detto in maniera più prosaica, quella riforma che dovrebbe introdurre regole più severe su deficit e debito, che la Germania con l’appoggio degli “intransigenti”, e sotto sotto della Francia, intende approvare per mettere il basto alla spesa pubblica dei paesi più indebitati. Ed è naturale che questi paesi, nel pieno di un periodo di rallentamento economico innescato dallo sproporzionato e prolungato rialzo dei tassi (leggasi Lagarde), che peraltro fa seguito ad altri periodi non facili, dovuti alla  crisi pandemica ed a quella energetica,  si pongano di traverso ritenendo che un nuovo Patto di Stabilità fortemente severo e restrittivo potrebbe togliere loro gran parte della libertà di manovra nella costruzione delle prossime leggi di bilancio  pregiudicando il loro sviluppo.

L’Italia, che poi è il Paese più interessato, ha già fatto sapere attraverso i canali informali che è pronta ad esercitare il diritto di veto con il rischio che vengano ripristinate le vecchie regole, conclamando, da un lato, l’incapacità di Ursula von der Leyen di trovare una intesa in tre lunghi anni, e, dall’altro, la sottomissione della stessa alle politiche della casa madre, autorizzandola,di fatto, a prolungare i balli resi celebri da John Travolta: dirty dancing, balli proibiti, schmutziges tanzen.

 

 

 

 

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