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La prevenzione e la rieducazione di alcune tecnopatie della pallavolo (ultima parte)

Benessere / 130

La prevenzione e la rieducazione di alcune tecnopatie della pallavolo (Ultima parte)

   La seconda parte del lavoro in esame, analizzando alcuni aspetti della prevenzione, del pronto soccorso in campo e della rieducazione di alcune tecnopatie della pallavolo, riserva un importante capitolo all’uso ed alle tecniche del bendaggio funzionale.

   Dopo aver riportato il confronto fa la scuola americana (taping, esclusivamente con materiali inestensibili) e quella europea (contenzione, con l’uso razionale di bende inestensibili ed estensibili sui diversi assi di lavoro), precisa che il bendaggio può essere usato sia come prevenzione che come rieducazione. In ogni caso, nel bendaggio funzionale si useranno le bende elastiche, per comprimere o per produrre degli arresti morbidi del movimento, e quelle anelastiche, per proteggere gli elementi capsulo-legamentosi, con un confezionamento mirato alla singola struttura da proteggere e personalizzato, sempre, alle esigenze dinamiche del soggetto.

   Le diverse azioni del bendaggio (si ricava dal lavoro in esame) investono il campo biomeccanico (si riconoscono finalità compressive, di sostegno, di stabilizzazione e di scarico) e quello neuromotorio-riflesso (l’effetto che produce la benda, applicata sulla cute, ne allerta l’azione esterocettiva, sfruttando la stimolazione dei recettori).

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   Un altro aspetto evidenziato è quello an

talgico (il ricomposto equilibrio degli assi articolari e la recuperata funzionalità muscolare opacizzata e, a volte, annulla il dolore localizzato), mentre non sono da sottovalutare la componente psicologica (la sensazione di sicurezza che deriva al soggetto “protetto” dalle bende) e quella trofico-vasomotoria (l’azione vascolarizzante esercitata dal bendaggio elastico: “una pompa aspirante-premente sulla circolazione”).

   L’esecuzione del bendaggio, ricorda l’Autore, “pretende” un’analisi preventiva del compartimento da trattare (la verifica dello stato dei tessuti superficiali, per l’accertamento della presenza di ferite, vesciche o tumefazioni) e la detersione della cute, con un’eventuale tricotomia (azioni preparatorie, da realizzare sempre, che possono essere rese più complete sia con l’uso di un salvapelle, che con l’applicazione di compresse di garza, per proteggere porzioni cutanee riconosciute i uno stato di compressione eccessiva). Viene, inoltre, ricordato l’uso di uno spray, adesivo e protettivo, che velocizza e rende più razionale l dinamica stessa della stesura delle bende: le rende più “ferme” e solidali col salvapelle e con gli ancoraggi da tenuta.

   La tecnica del confezionamento di un moderno bendaggio nasce, infatti, per convenienza di vestibilità, con l’applicazione del salvapelle e degli ancoraggi, su cui saranno fissati i capi delle staffe da trazione. Queste staffe, dei veri e propri tiranti, possono favorire la tenuta di ben precisate posizioni o “pretendere” che alcune gestualità abbiano assi articolari perfettamente funzionali.

   Sono le parti “dinamiche” della complessa struttura morbida che scaricano le forze interne e le distribuiscono, attraverso la trabecolatura degli incroci, sugli ancoraggi, resi “corpo unico” con la pelle del soggetto dall’uso degli spray, di cui si è detto prima.

   Il lavoro è arricchito da chiare figure, con un evidente significato didattico; è quasi un manuale tecnico. Con figure che precisano, dettagliatamente, i vari passaggi, la posizione delle mani ed i “versi” delle bende. Le “volute” di questi particolari elementi, combinate secondo le logiche architettoniche della funzione statico-dinamica della componente muscolo-legamentosa, realizzano un tessuto di sostegno che offre la più completa protezione a qualsiasi gesto atletico.

   L’Autore riserva, inoltre, un particolare passaggio ai modi più usuali per togliere il bendaggio, riportando l’uso dello “squaletto”, una particolare taglierina per bende. Questo passaggio, dedicato ad un’azione che di solito non viene mai esplicata, ma di indubbio significato tecnico (togliere un bendaggio non è azione da sottovalutare), la dice lunga sulla completezza del lavoro che, tra l’altro, dedica un intero capitolo ad una forma di bendaggio (quello digitale), considerato minore, ma di difficile riscontro in letteratura: non sono molti i tecnici che riescono a bendare le dita.

   Negli ultimi anni non è, per fortuna, molto frequente quella che, per tanto tempo, è stata chiamata la “sindrome del dito del pallavolista”, ovvero il distacco del tendine del muscolo estensore del dito, alla base della falange distale. Il trauma può avvenire, con maggior frequenza, durante le azioni di “muro”, quando l’impatto della palla costringe le dita ad una forzata inversione di posizione. Molti atleti usano, allora, a scopo preventivo, un particolare bendaggio delle dita. Il lavoro dedica a questo non molto noto bendaggio digitale una chiara esposizione, con relative illustrazioni. L’Autore ricorda come i principi applicativi siano sempre gli stessi: gli ancoraggi, le staffe ed i passaggi incrociati. La ridotta superficie a disposizione (la base di un dito non offre, certamente, molto spazio ai movimenti tecnici) e la necessità di non ingabbiare, in maniere eccessiva, il dito (che deve continuare a “sentire” la palla) rendono non facile il bendaggio. “Leggendo”, comunque, le immagini del lavoro in esame si comprende, benissimo, quale sia, per l’Autore, il modo più giusto per prevenire traumi che possano derivare dalla gestualità dello sport in esame.

   Prevenzione e rieducazione di alcune tecnopatie della pallavolo: un tema sviluppato in maniera completa ed illustrato in modo molto chiaro, con una nutrita bibliografia di riferimento.

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