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GUERRE ED INVESTIMENTI POSSONO ANDARE D’ACCORDO ?

Valore & Valori / 128

GUERRE ED INVESTIMENTI POSSONO ANDARE D’ACCORDO ?

                                                                                                                di Mario Travaglini

 Che il momento non sia particolarmente felice è fuori discussione, ma che il  mondo stia andando a pezzi forse è un tantino prematuro per affermarlo con certezza.  Le guerre da qualche parte del globo terraqueo ci sono sempre state cosi come conflitti caldi in attesa di scoppiare. Ma certi periodi presentano più rischi di altri, sia perché i conflitti sono più intensi, sia perché ce ne sono di più… o entrambe le cose allo stesso tempo. In tali situazioni, l’approccio migliore per analizzare la situazione non è semplicemente fare un elenco di quelli in corso ma esaminare la loro interconnessione e valutare i rischi di escalation. A  mio modo di veder c’è da capire se si tratta semplicemente di un “brutto momento”, come il Vietnam degli anni ’60, o siamo sull’orlo di una catastrofe globale, come la Seconda Guerra Mondiale.  A proposito di quest’ultima è importante ricordare che essa fu preceduta da una lunga serie di eventi isolati culminati con la sua esplosione. Questi includono l’invasione giapponese della Manciuria, l’invasione italiana dell’Etiopia, la conquista tedesca dell’Austria e l’annessione di parte della Cecoslovacchia e la guerra civile spagnola. La maggior parte delle persone considera da tempo questi eventi non correlati. Solo pochi statisti – il più famoso dei quali fu Winston Churchill – capirono che questi erano i passi che avrebbero portato ad una nuova guerra mondiale. Poiché in simili frangenti né l’economia né la finanza si fermano gli investitori non possono rimanere semplici spettatori. Le fortune vengono create o distrutte a seconda della capacità di identificare le connessioni tra le varie crisi  e di come vengono usati gli strumenti analitici disponibili per capire dove tutto ciò porta. Ecco una panoramica delle criticità che mi sembrano pericolose perché sono forti i legami tra questi conflitti ed alti sono i rischi di una loro progressiva intensificazione.

 Ucraina

Ho scritto già su questa guerra e, pertanto, non mi soffermo a ripassare in rassegna l’intera storia. Mi limito a dire che l’offensiva ucraina lanciata il 4 giugno è completamente fallita e che le linee di difesa russe sono intatte. L’Ucraina non ha guadagnato alcun territorio apprezzabile, ad eccezione di alcuni villaggi deserti nella zona grigia dove le sue truppe sono annientate e le perdite di attrezzature sono enormi. Gli Stati Uniti sono rimasti distanti da ogni tentativo volto ad avviare i  colloqui di pace. Al contrario l’America continua ad alimentare l’escalation inviando più armi e denaro. L’obiettivo di Joe Biden è proseguire la guerra oltre le elezioni del novembre 2024, per non dover ammettere un’altra sconfitta. Il pericolo è questo: se gli Stati Uniti dovessero continuare a fornire armi sempre più sofisticate (caccia F-16, carri armati Abrams, droni marittimi, consiglieri a terra), ciò potrebbe portare a dure risposte da parte dei russi (missili ipersonici, nuova offensiva nel nord). ed entrambe le parti potrebbero avvicinarsi all’uso delle armi nucleari a causa di questa dinamica che alla fine diventerebbe incontrollabile.

Kosovo-Serbia

Questo conflitto si aggiunge alla lunga lista delle guerre balcaniche che risalgono alle origini della Prima Guerra Mondiale, nel 1912-1913. L’ultimo è quello tra Kosovo e Serbia. Il Kosovo ha dichiarato la sua indipendenza  nel 2008, una mossa che la Serbia non ha mai riconosciuto. I rapporti tra le due regioni sono rimasti stabili grazie alla mediazione dell’UE e degli Stati Uniti. Ma recentemente la tensione è aumentata a causa delle accuse di un attacco terroristico serbo in Kosovo e del raggruppamento delle truppe serbe al confine. La Serbia è un alleato di lunga data della Russia. Ed è circondato da paesi membri della NATO (Slovenia, Croazia, Ungheria, Romania). Se la Serbia riuscisse a riprendere il controllo del Kosovo, rafforzerebbe l’accerchiamento della NATO. Il rischio non è solo quello di una guerra tra Kosovo e Serbia, ma anche quello di una nuova guerra per procura tra Stati Uniti e Russia, che si aggiungerebbe a quella in Ucraina. Anche in questo caso i rischi di escalation sono elevati. .

Israele-Hamas

L’attacco a sorpresa di Hamas contro Israele del 7 ottobre scorso è stato di una portata senza precedenti dai tempi della guerra dello Yom Kippur nel 1973, avvenuto, guarda caso, esattamente nel giorno del suo cinquantesimo anniversario. Per la prima volta dal 1973, Israele ha dichiarato ufficialmente guerra. Questa non è un’incursione, un incidente o un attacco terroristico. Questa è un’invasione di Hamas, alla quale Israele risponderà con la distruzione di Gaza. I dettagli iniziali del conflitto sono terribili. I combattenti di Hamas sono andati casa per casa e hanno giustiziato civili, compresi donne e bambini. Alcuni sono stati uccisi, denudati e trascinati per le strade. Altri sono stati decapitati e privati di organi vitali con una ferocia inaudita. Un migliaio di israeliani sono stati uccisi il primo giorno e un numero imprecisato è stato  preso in ostaggio. Non sono prigionieri di guerra perché non indossavano uniformi militari. Sono cittadini inermi. Israele, dopo aver lanciato una campagna di terra verso Gaza sperando che ai molti civili venisse permesso di spostarsi verso sud, nella notte tra venerdì e sabato ha rotto gli indugi avviando quell’azione militare totale che, pur giustificabile, nessuno avrebbe voluto vedere. Anche in questo caso, il principale rischio geopolitico che si presenta è quello di un’escalation. Hamas è sostenuto in modo visibile da Iran e Qatar. E in modo indiretto da Russia e Cina. Non è azzardato pensare che queste ultime due potenze usino le prime per accelerare la risoluzione del conflitto in Ucraina. Molti leader di Hamas vivono a Doha, la capitale del Qatar. Israele non esiterà ad assassinarli. Non si può escludere una guerra molto più ampia in Medio Oriente. Le implicazioni per i mercati energetici globali sono evidenti. Si stanno già ampliando le recriminazioni contro Joe Biden, per il fatto che ha recentemente erogato 6 miliardi di dollari  all’Iran e che ha inviato fondi anche ad Hamas. Le dichiarazioni di Gutierrez e di Erdogan non solo non aiutano ma mettono altra benzina su un fuoco .

Siria – Turchia – Stati Uniti

Gli sforzi sostenuti dagli Stati Uniti per rovesciare il regime di Assad in Siria risalgono all’amministrazione Obama. Le truppe americane sono presenti nel nord della Siria per promuovere questo sforzo e controllare la produzione petrolifera siriana a beneficio dei curdi indigeni. La Turchia vede i curdi come nemici mortali perché stanno cercando di liberare le parti curde della Turchia per integrarle nel più ampio Kurdistan. Non è una novità  che la Russia è stata fortemente coinvolta nel sostegno ad Assad, peraltro anche con qualche successo. La Turchia ha recentemente intensificato i suoi attacchi contro le posizioni curde in Siria. Gli Stati Uniti hanno recentemente abbattuto un drone turco. La Russia è in allerta. Russia e Turchia sono in buoni rapporti, ma gli Stati Uniti e la Turchia sono alleati della NATO. La situazione è complessa, ma i rischi di scontri tra gli Stati Uniti e aerei turchi o russi, così come i rischi di un attacco missilistico russo contro aerei americani, sono alti.

Cina – Taiwan

Un’invasione comunista di Taiwan si tradurrebbe in una guerra più grande di quelle descritte sopra, ma la situazione è relativamente calma in quella regione. Questa calma è probabilmente dovuta alle prossime elezioni a Taiwan, dove un partito filo-cinese ha buone possibilità di vincere. La Cina non vuole fare scalpore con l’avvicinarsi delle elezioni. La situazione resta comunque pericolosa e potenzialmente esplosiva.

Ho appena descritto cinque guerre in corso o quasi-guerre. Sarebbe facile aggiungere a questa lista le tensioni in Azerbaigian, Corea del Nord, Niger, India e altrove. Senza assegnare probabilità numeriche al peggioramento di ciascuna crisi, le statistiche mostrano che quando cinque o più conflitti si intensificano, la probabilità che uno di essi esploda è alta.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte  gli investitori dovrebbero applicare  alcune semplici regole che di seguito riassumo:

Seguire gli eventi da vicino. Non dare nulla per scontato e non pensare mai che le cose “funzioneranno”. A volte non è così. Le probabilità statistiche che uno di questi conflitti si intensifichi sono elevate. Non è inevitabile, ma le probabilità sono alte. Diversificare il portafoglio. Sembra ovvio, ma molti investitori non capiscono cosa sia la diversificazione. Non si tratta di possedere 50 azioni in dieci settori. Ciò comporta la divisione del portafoglio tra almeno cinque categorie di asset non correlate. Questi possono includere azioni, ma anche liquidità, private equity, hedge fund, oro, immobili e obbligazioni di alta qualità come i titoli del Tesoro. Rimanere flessibili. Le situazioni possono cambiare rapidamente. In tempo di guerra, è opportuno aumentare la propria quota di liquidità e beni durevoli e detenere azioni nei settori della difesa e dell’energia. Se gli eventi vengono risolti senza escalation, potrebbe essere opportuno tornare all’azionariato puro. Ma quando si tratta di allocazione del portafoglio, ora non è il momento di “fare finta che nulla stia accadendo”.

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