HomeEditorialiC’è un vino che nasce in fondo al mare. Questa non è una  fake news. Grecia e Magna Grecia docent.

C’è un vino che nasce in fondo al mare. Questa non è una  fake news. Grecia e Magna Grecia docent.

Editoriale / 121

C’è un vino che nasce in fondo al mare

Questa non è una  fake news, Grecia e Magna Grecia docent.

                                                                                                                      di Pierluigi Palmieri

 Voglio mettere subito in chiaro che ho deciso di scrivere questo  editoriale perché qualche giorno fa mentre seguivo in un collegamento in diretta TV con l’Isola d’Elba durante il quale sono state mandate in onda le  immagini di un “affondamento”  nelle acque del mare  di fronte a Porto Azzurro, mi è tornata alla mente una storia, avvenuto, in tempi abbastanza lontani, che parlava di un altro affondamento  a largo della costa occidentale della Sicilia. Perché questo accostamento?  In entrambi i casi di tratta di.. vino, ma mentre nel caso del Sud-Tirreno si sarebbe trattato di una nave proveniente da Marsala carica di botti (seconda metà del ‘700), nel caso del Nord Tirreno ad affondare  sono delle ceste di vimini (nesse) contenenti uva  portate sul fondo da squadre di Sub (2018-2023).  Ho usato il condizionale riferendomi alla storia siciliana perché, confesso, di aver creduto  per un bel po’ alla narrazione, che  voleva che uno tra i più  rinomati ed esportati vini italiani, sarebbe nato per caso proprio  a causa dell’affondamento nella rotta verso l’Inghilterra della nave che trasportava le botti  .

Secondo alcuni, infatti qualche anno dopo il naufragio il commerciante inglese John Woodhouse, ricco mercante di Liverpool,  avrebbe deciso di recuperare il carico e  avrebbe scoperto che il vino, già di per sé di buona qualità, non solo si era perfettamente conservato nelle botti avvolte dall’acqua marina, bensì aveva migliorato la sua struttura. Da qui sarebbe derivata la sua decisione di  iniziare la produzione sistematica del vino  denominato Marsala e la sua commercializzazione.

In realtà questa versione non trova riscontro in documenti ufficiali. Anche se la casualità intriga abbastanza, il merito per la qualità del vino che Woohhouse propose con successo ai consumatori inglesi,, già “abboccati” alla degustazione del Madeira e dello Sherry provenienti dalla Spagna e dal Portogallo,  è, di sicuro, da attribuire ai contadini siciliani che per tradizione già all’epoca applicavano il metodo in perpetuum. Questo consiste nel rabboccare le botti che contenevano una parte del vino consumato durante l’anno con il vino di nuova produzione. Gli inglesi comunque hanno avuto “naso”, visto che alle cantine di Woohhouse si affiancarono  quelle di Ingham & Whitaker,  per decenni dominarono il mercato delle esportazioni del Marsala. Non tardarono però a farsi avanti imprenditori italiani come il calabrese Vincenzo Florio, sulla cui scia si lanciarono nel corso del XIX secolo i siciliani don Diego Rallo, Carlo Pellegrino, De Bortolo, Buffa e Curatolo Arini,  arrivati presto alla notorietà internazionale,

Archiviamo quindi come fake news il metodo “sottomarino” di John Woodhouse non senza ribadire  l’efficacia del  metodo in perpetuum degli autoctoni marsalesi che aveva intrigato i commercianti inglesi, e torniamo all’altro “affondamento”, quello dell’Elba, che in maniera più appropriata dobbiamo definire immersione.

Nasse prima dell’immersione (da Tgr Toscana)

Antonio Arrighi, produttore toscano con il pallino della ricerca e della sperimentazione, alleva le sue uve in quello che definisce l’Anfiteatro dei vigneti ( ventidue ettari) che si affaccia su Porto Azzurro . Una parte delle uve Ansonica, tipiche dell’Elba, viene destinata appunto all’immersione,

Elba -Anfiteatro dei Vigneti

La buccia molto resistente ed la polpa croccante di questa uva  favorisce la permanenza in mare e le permette di assumerne  profumo e sapore. Il sale fa il resto purificando  i grappoli che saranno vinificati senza aggiunta di solfiti.  Nella presentare il suo Nosos –Il vino marino- Arrighi sottolinea che “ Il contatto diretto con il mare e le sue correnti per qualche giorno ha lo scopo di togliere la pruina della buccia dell’uva senza danneggiare l’acino, accelerando così il successivo appassimento al sole e preservando l’aroma del vitigno”.  “Confessa” però che lo spunto per la sperimentazione gli è  stato fornito dal prof. Scienza dell’Università di Milano il quale durante un  convegno aveva fatto riferimento al metodo utilizzato anticamente nell’Isola greca di Chio. 

L’Ansonica dell’Elba  presenta infatti  analogie genetiche con il vitigno Ansonica-Inzolia  utilizzato  lì all’epoca. Quella che viene definita sperimentazione ha quindi ottime possibilità di consolidarsi nel tempo, visto che si  basa su un metodo adottato già 2.500 anni. Sembra evidente l’assonanza tra le modalità con cui Woohhouse e Arrighi hanno ri-scoperto i rispettivi metodi di produzione e per questo auguriamo a  quello greco, tornato attivo da poco più di cinque anni  nell’Arcipelago toscano, di affermarsi allo stesso livello del Marsala della Magna Grecia. Con questa    condivide non solo la presenza sul territorio di un importante “anfiteatro”, ma anche  l’inserimento nel disciplinare del marsala Oro e del Marsala Ambra,  del vitigno Ansonica. E’ per puro caso che nel marsalese questo vitigno venga detto Inzolia, come a Chio,?  .

No, questa non è una fake news. Grecia e Magna Grecia docent.

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