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LA DOMANDA CHE OGNI AZIENDA DOVREBBE PORSI

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LA DOMANDA CHE OGNI  AZIENDA DOVREBBE PORSI

di Mario Travaglini

 Nel 1999, quasi tutti i dirigenti d’azienda si interrogavano sulla velocità della innovazione tecnologica e sugli obblighi indiretti che essa poneva. La domanda più frequente era la seguente: “Dobbiamo avere un sito web?”.

Oggi, a distanza di ventiquattro anni, la risposta sembra ovvia. Certo, occorre avere un sito Web. Ma Internet, nel 1999, era un mondo ancora tutto da scoprire. E le aziende non sapevano davvero come quello strumento potesse davvero aiutarle. Diamo per scontato che un sito Web consenta a un’azienda di raggiungere un pubblico più ampio, realizzare vendite e comunicazione diretta con i consumatori e rafforzare l’immagine del marchio dell’azienda.

Nel 2007,  con l’avvento dei social, le imprese si sono trovate di fronte al medesimo problema. E si sono adeguate . Oggi, quasi tutte le principali aziende utilizzano piattaforme come Facebook, Twitter e TikTok per coinvolgere i propri utenti. L’anno scorso, le aziende di tutto il mondo hanno speso più di 500 miliardi di Euro in pubblicità digitali. Quasi un quarto di questa somma è stato speso sui siti di social media. Oggi, forse senza accorgerci di nulla, stiamo vivendo una nuova svolta tecnologica, come già avvenuto per l’adozione di massa dei siti Web e dei social media. E la domanda che ogni azienda dovrà porsi sarà sempre la stessa:”Dovremmo utilizzare l’IA per rimanere al passo con i tempi?”

I lettori attenti alle novità tecnologiche credo abbiano già una certa familiarità con l’intelligenza artificiale generativa e sono al corrente che essa non sia apparsa dall’oggi al domani, come  il rumore mediatico odierno sembra voler accreditare. Infatti, la ChatGPT,  pur essendo stato il primo programma di intelligenza artificiale mainstream ad aver attirato l’attenzione mondiale quando è stato rilasciato nel novembre 2022, è oggetto di ricerca da più di 70 anni. Una delle sue  prime forme applicative risale al 1952 ed insegnava a giocare a dama. Da allora, è stato utilizzato nei software di trascrizione vocale, per guidare i rover su Marte e per aiutare la guida in autostrada. Tutte applicazioni una tantum costruite per risolvere un problema specifico. L’intelligenza artificiale di oggi è diversa perché, per la prima volta, i programmi possono essere composti su set di dati per una varietà di ruoli. L’intelligenza artificiale più popolare in questo momento è ChatGPT che anche nella versione gratuita può comporre canzoni e poesie, rispondere a domande e scrivere codici per creare siti Web e app. Le versioni specializzate possono essere utilizzate come agenti del servizio clienti, per scrivere materiali di marketing e persino fornire analisi in tempo reale su azioni e obbligazioni. Questa flessibilità significa che l’IA è accessibile a quasi tutte le aziende e come accaduto nel 1999 e nel 2007 verosimilmente le renderà più efficienti e più reattive nei confronti dei loro clienti. L’amministratore delegato di IBM ha dichiarato in una recente intervista a Bloomberg che la società farà ricorso all’intelligenza artificiale per sostituire il 30% dei lavori d’ufficio nei prossimi cinque anni, stimando un risparmio di circa 780 milioni di euro all’anno e consentendo di aumentare il proprio reddito netto del 48% da 1,6 miliardi a  2,4 miliardi di euro. L’esempio che ho appena riportato è pubblico e può rappresentare quindi un enorme incentivo per migliorare i risultati aziendali spingendo molte aziende ad usare l’intelligenza artificiale. A mio modo di vedere ci sono tre tipi di aziende che ne trarranno vantaggio: le innovatrici, le integratrici e le adottanti. Mi spiego meglio.

Le innovatrici sono le aziende che fanno grandi progressi nell’hardware e nella programmazione dell’IA.  La società Nvidia  quotata al Nasdaq di New York appartiene a questo tipo di imprese.  Quest’anno gli analisti prevedono per essa una crescita delle vendite del 58%  grazie alle sue innovazioni hardware.

Le integratrici sono aziende che aiutano le altre ad adottare l’IA. Mentre tutti possono pagare una tariffa fissa per accedere all’IA di base, le aziende avranno bisogno di più aiuto per garantire che l’IA sia controllata prima che possa essere utilizzata in sicurezza e diventi operativa. E’ evidente, per esempio, che  un grande studio legale o contabile non può correre il rischio di utilizzare un’intelligenza artificiale che commette errori. Se non vogliono correre il rischio di subire cause risarcitorie da parte dei loro clienti avranno bisogno di un integratore che possa testare e verificare che l’IA funzioni alla perfezione prima di essere messa in uso.

Ci sono, infine, le adottanti che costituiscono la parte più grande del mercato perché sono quelle che si buttano a capofitto in questa tecnologia trasformativa pensando di avere comunque un ritorno economico a prescindere da un uso corretto, ponderato e razionale nonché dall’attività esercitata dall’azienda.

Quanto detto fino ad ora significa che la corsa all’adozione dell’intelligenza artificiale da parte dei giganti della tecnologia e di migliaia di altre aziende quotate nei listini internazionali apre sin da ora un consistente ventaglio di opportunità di investimento che, con giudizio, consiglio di cavalcare.

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