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Silvio, rimembri ancora….

Editoriale / 114

Silvio, rimembri ancora….

                                                                                                                                   di Pierluigi Palmieri

 “La redazione di questa rivista non ha ritenuto di accodarsi ai peana post mortem o alle stroncature a volte pesanti ed incivili che in numero assai rilevante sono apparsi sulla stampa quotidiana e settimanale dal giorno del decesso di Silvio Berlusconi”: inizia con questa affermazione l’articolo di M. Travaglini pubblicato contestualmente in questo numero 114 di Centralmente- La Rivista della Domenica. L’esordio del pezzo rintracciabile nella rubrica “Valore&Valori” e ampliamente condiviso da chi scrive, mette a fuoco la debolezza in termini di obiettività  dell’attuale sistema della comunicazione, dal quale con la nostra testata cerchiamo costantemente di prendere le distanze. Lo fa molto bene il dottor Travaglini stralciando dalla tanto discussa omelia dell’Arcivescovo Metropolita di Milano, la frase più emblematica “E ora incontra Dio!”, interpretandola come un rinvio alla Massima Cassazione del “giudizio”, che data la lunga premessa sembrava che  il Cardinale  volesse esprimere.  Una cassazione “definita, definitiva, finalmente vera e seria”.

Rimando alla lettura integrale  del pezzo (link BERLUSCONI, L’ UOMO DELLA DISCORDIA – Centralmente) che parla delle promesse del Cavaliere che  in occasione della sua discesa in politica, da Presidente del Milan, creatore di Milano 2 e fondatore di banche e dell’impero delle TV commerciali, apparvero “irresistibili”. Chi non ricorda le prime apparizioni dell’imprenditore rampante prestato alla politica, il suo sorriso accattivante e i suoi occhi ridenti ma  non fuggitivi?  (“non voglio vivere in un paese illiberale”, “L’Italia è il paese che amo”), E il contratto con gli italiani firmato in diretta televisiva? E le narrazioni autobiografiche al Congresso della Coldiretti?: mentre attaccava i comunisti, ricordava che il padre si era dovuto rifugiare in Svizzera perché antifascista, e lui  fu “costretto” a sette anni a mungere le mucche assieme alla sorellina perché “non c’erano disponibilità economiche”. Il conduttore del dibattito gli sussurra “la platea La apprezza molto,,,”,  e lui  replica “ovunque io vada, nelle strade  nelle piazze e nei raduni, sono accolto dal calore e dal consenso della gente che mi vuole bene” (“che speranze, che cori, Silvio mio!”). E il suo narcisismo?,  decisamente deleterio per le ibride e spesso inopportune alleanze, che inevitabilmente fecero “inceppare” il sogno della rivoluzione liberale. Il sogno di Silvio, adolescente in politica, che mentre  “il limitar di gioventù saliva”  affogava nello specchio di un possibile nuovo boom.  , E le comunicazioni giudiziarie arrivate mentre esordiva nel set dei Grandi della Terra a Napoli?.

 Tornano alla mente le considerazioni espresse, già nel lontano 1998, da prestigiosi autori (tra cui F. Ravaglioli,  T. Klitsche de la Grange, R. Regni e A. Negri) in “Lo specchio infranto. La parabola di Forza Italia”.

La serietà dell’analisi e l’obiettività nel giudizio  contrastano  con la  superficialità, il sensazionalismo e la partigianeria dei Post pubblicati sui social che sfociano sistematicamente nella volgarità, In uno si dileggia il Cavaliere, mettendo a confronto il suo “misero” patrimonio con quello di Michele Ferrero (7 miliardi contro  40 miliardi di euro).  Il Re della Nutella imprenditore, morto nel 2015, era il più ricco imprenditore italiano (oggi lo è il figlio Giovanni che precede G. Armani con S. Berlusconi “solo” terzo), Il titolo, ovviamente “virale” come quasi tutti quelli sciocchi, è il seguente: ”A tutti gli orfani presunti di Berlusconi” (v. foto  facebook qui a lato).

Settimanalmente su questa rivista pubblichiamo i post che riteniamo degni di considerazione per obiettività e pregnanza culturale (in questo n. 114 quello di M. Bartoletti su Sergio Endrigo). Sono invece costretto, per doverosa documentazione, a inserire qui quello che conclude così “Se  vogliamo parlare di imprenditori illuminati parliamo di lui (Ferrero n.d..e), e non di chi in 30 anni di politica e 15 di governo si è fatto solo i cazzi suoi e ha impoverito  gli italiani”.

Dal sogno liberale alla politica de “i cazzi suoi” ecco che ”all’apparir del vero, Tu, misero, cadesti (Silvio): e con la mano la fredda morte ed una tomba ignuda mostravi di lontano”.

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