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RICORRENZE O UTENZE?

 

Il dubbio / 111

RICORRENZE O UTENZE?

di Enea Di Ianni

 Qualche pomeriggio fa, nella sala d’attesa dello studio del medico di famiglia, fingo di essere impegnato a scorrere una delle tante abituali riviste che, solitamente, gli ambulatori medici lasciano a disposizione dei pazienti fino a quando, gualcite, non si decidono a rinnovarle sostituendole con altre della stessa identica tipologia.

Con me ci sono quattro signore e un signore; il loro vocio mi giunge gradevole al punto da sperare che il medico, non ancora in ambulatorio, prolunghi il ritardo per non privarmi di un ascolto, in presenza del quale il Covid ci aveva brutalmente privati.

Anni fa, quando il medico di famiglia si chiamava “condotto” e disponeva, ancora, di tempo e voglia di ascoltarci e di visitarci con attenzione per poi rimanere in assorta riflessione nella ricerca della terapia “su misura”, la sala d’attesa era sempre luogo di conversazioni, di discorsi, a bassa voce, che si intrecciavano e alternavano. Gli argomenti ricorrenti avevano a che fare con la salute e, spesso, con i prodigi sortiti da una particolare cura o medicinale e contemplavano, quasi sempre, l’elogio del  medico che non aveva trascurato i dovuti controlli in itinere: controllo di dosaggio, degli effetti primari e secondari. Poi, quasi “en passant”, all’incirca in questo stesso periodo, il discorso volgeva alle vacanze, alle ferie.

Più o meno tutti socializzavano il proprio progetto estivo. Quei discorsi non li ho più scordati non tanto per i contenuti, che erano molto similari tra loro, quanto per lo sguardo che illuminava chi li esponeva. Si usava, ancora, trascorrere i fine settimana facendo visita ai cugini in montagna, ai suoceri in zona marina, ai compari nella periferia di Roma e, non ultimo, entrava, quasi sempre, tra le mete, un santuario che  diventava, all’istante, importante per il fervore di chi lo descriveva non omettendo il benessere che generava in chi vi si recava a visitarlo.

Non ricordo di aver sentito parlare di agenzie di viaggio, di Tour operator, Travel planner, né di vacanze Low coste, di prenoti all’ultimo minuto di crociere. Anche di lavoro si parlava in sala d’attesa, del proprio lavoro e di quello dei propri cari, ma era un parlare rassicurante perché dal tono e dai termini traspariva un palese rispetto per l’attività lavorativa, per il datore di lavoro e per la divina provvidenza. Nessuno ometteva di aggiungere, a conclusione del suo dire sul lavoro, “E meno  male che c’è!”

A rafforzare l’utilità-necessità delle vacanze  contribuivano le fatiche sostenute, allora, nei percorsi scolastici, dai figli e la votazione conseguita  a conclusione di scrutini o esami.

C’era in quei discorsi una strana saggezza che sapeva di vita e dove la vacanza andava a collocarsi, comunque, come premialità perché non apparteneva all’ordinario, ma piuttosto, alla straordinario.

Ho capito, col tempo, che in quell’ambulatorio si concentravano speranze diverse e, spesso, facevano tutt’uno coi sogni confondendosi con essi.

Credo che anche col dottore, all’interno dell’ambulatorio, si patteggiasse per la salute venendo ad una sorta di intesa tra chi esaminava e chi era esaminato, anche se, alla fine, si era esaminatori ed esaminandi entrambi, medico e paziente, perché l’uno serviva all’altro e l’uno poteva aiutare l’altro nello star bene.

Torno al presente. Il medico non ancora è arrivato. In sala d’attesa il parlare si confonde, un poco, col sottofondo musicale trasmesso da uno stereo in maniera soft.

La conversazione è dominata dalle scadenze, una litania di adempimenti che lascia poco spazio alla fantasia. Dalle elencazioni che ascolto e che pure mi riguardano, siamo veramente sommersi da appuntamenti ricorrenti in quanto beneficiari di servizi e utenze per cui, nell’arco dell’anno, non c’è mese che non ci si veda chiamati a pagare. I ticket, che sembravano dover essere piccoli concorsi in spesa sanitaria si sono fatti corposi e costanti. La difficoltà maggiore, denuncia il signore presente, è la conservazione, per un lustro, di tutte le ricevute e dei scontrini relativi ai pagamenti denunciati.

Conservarli perché?  Perché   è invalsa l’abitudine, da parte di Enti locali, Regione, Consorzi vari, Fisco di far pervenire agli utenti, proprio in “zona cesarini”, quando sta scadendo il quinto anno, la richiesta di controllo-verifica con l’invito a produrre le ricevute degli avvenuti saldi ovvero a pagare il dovuto e, questa volta, incrementato per gli effetti della morosità, degli interessi di legge eccetera.

Accade agli automobilisti da parte delle Regioni e relativamente alla tassa di circolazione (il Bollo!), ma anche da parte degli Enti locali per le verifiche su IMU e TARI e dall’Agenzia delle Entrate che richiede, magari, la presentazione, in originale, dei ticket farmaceutici e sanitari di cinque anni prima.

Sto pensando ai costi di quest’ultimo anno, quelli di cui ci hanno degnato di attenzione  i fornitori di gas ed energia elettrica e che noi, più o meno tutti, ci siamo rassegnati a pagare avvezzi, come siamo, ad “obbedir tacendo”. Mi distraggo un attimo dal vocio sommesso della sala d’attesa e corro, col pensiero, ad un mio amico che, qualche mese fa, mi ha tessuto addirittura l’elogio della società che gli eroga energia elettrica e gas per un comportamento, secondo lui, a dir poco, esemplare: gli ha consentito di rateizzare l’importo delle bollette in quattro rate mensili e senza gravarle degli interessi. Ha provato anche a consigliarmi quel fornitore.

Dopo che i costi di gas ed energia elettrica si sono quanto meno triplicati, per rimanere soddisfatti può bastare la rateizzazione della bolletta?

Se penso che appena un anno fa, venendo meno la segregazione Covid, in questi giorni ci si ritrovava, con gli amici, a parlare di come ci saremmo mossi durante l’estate, delle sagre che avremmo potuto riassaporare, della voglia di tornare a riallacciare rapporti umani ritessendo un’ interrotta  ragnatela di ricorrenze, abituali pretesti per tornare a muoverci, mi accorgo che, davvero, a scandire la nostra vita, stiamo rischiando che  siano sempre più le utenze.

Il suono delle chiarine, che giunge  dall’esterno, mi ricorda che oggi e domani, ragazzi e ragazze in età di scuola elementare e media, sono impegnati, a Sulmona, nella “Cordesca”, una Giostra cavalleresca dei più giovani, dei “frutti acerbi” della città. Si svolge una volta all’anno e coinvolge, oltre ai bimbi ed all’Associazione “Giostra Cavalleresca”, borghi, sestieri e famiglie. Forse è bene che esca ad ammirarli, quei ragazzi, e ad applaudirli. Dal medico tornerò poi, ora non voglio perdermi la “ricorrenza”.

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