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SILICON VALLEY BANK: PER CHI SUONA LA CAMPANA?

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SILICON VALLEY BANK: PER CHI SUONA LA CAMPANA?

                                                                                                                                                                                        di  Mario Travaglini

 Il fallimento della Silicon Valley Bank (SVB), a cui ha fatto seguito anche quello di un istituto minore (Signature Bank, specializzata in servizi al settore legale e immobiliare e affondata da scommesse sulle criptovalute), ha gettato nel panico gli operatori della borsa italiana che nella sedute finali della scorsa settimana ed in quella appena conclusa ha perso quasi il 10 % .  Per capire meglio quanto accaduto e valutare le possibili ricadute economiche e finanziarie è bene inquadrare velocemente la storia dell’istituto. La Silicon Valley Bank fondata nel 1983 a Santa Clara, in California, da un professore di Stanford e da due banchieri di investimento, è la sedicesima banca degli Stati Uniti e la prima della “Bay Area” (regione di San Francisco). Contrariamente a quanto riferito dai media e da alcuni opinionisti apparsi in televisione a me sembra che la banca fallita non sia proprio di secondo piano, specie se la paragoniamo a quelle che Italia chiamiamo “colossi bancari” come Unicredit e Intesa San Paolo. Infatti, oltre a detenere il 50% della quota di mercato riferita al finanziamento delle start-up è anche la  n° 1 nel “venture capital” annoverando tra i suoi clienti  quasi tutti i pesi massimi del Nasdaq e gli imprenditori e dipendenti di maggior successo della Silicon Valley titolari di conti per diverse centinaia di milioni di dollari. Poiché questi depositi sono assicurati solo fino a 23 miliardi di dollari (250 mila pro-capite), la restante parte di 150 miliardi dovrebbe restare, in teoria, a carico dei depositanti risparmiatori. Vedremo più avanti che non sarà così.

La SVB è andata al tappeto quasi alla velocità di una e-mail, giusto il tempo perché Wall Street si rendesse conto che le perdite subite sulle sue obbligazioni in circolazione – in gran parte legate all’aggressivo rialzo dei tassi della Fed – stavano superando il suo patrimonio netto e che un aumento di capitale non sarebbe stato possibile a causa della recessione economica del settore tecnologico. Indubbiamente quanto accaduto  rappresenta il più grande fallimento bancario negli Stati Uniti dalla crisi del 2008 e dalla liquidazione di Washington Mutual nel 2009. Se, da un lato, bisogna riconoscere che prima del fallimento non ci sono stati controlli da parte della Fed, dall’altro occorre dare atto che la stessa  Fed e la FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation), pur rifiutando di salvare apertamente la banca, hanno messo in atto un nuovo strumento che non è altro che un salvataggio camuffato, ribattezzandolo “Bank Term Funding Program” (o programma di finanziamento bancario a termine). Esso consentirà a tutti i depositanti  di avere accesso a tutti i loro risparmi, depositi e crediti rendendo inutile una corsa agli sportelli: tutti i beni sono al sicuro, indipendentemente dagli importi, in contraddizione con tutte le norme in vigore dal 2009.

La Fed e la FDIC si difenderanno facendo appello al fatto che la misura si è resa necessaria per evitare il contagio, che è temporanea e che è da considerarsi eccezionale, in attesa di un’acquisizione di SBV da parte di un altro establishment… Un po’ come avvenne per Bear Stearns di JPMorgan, o Merrill Lynch di Bank of America, nell’autunno 2008. Tutto questo significa che Il governo americano ha  tranquillizzato i mercati assicurando che nessun cliente avrebbe perso i soldi, anche al di sopra della soglia minima garantita di 250 mila dollari. Proprio grazie alla efficacia ed al tempismo del Governo l’indice borsistico del Down Jones,dopo il tonfo di venerdì 10, è rimasto sostanzialmente invariato. Tuttavia, anche se gli intendimenti della Fed sono stati  encomiabili, questo crea sicuramente un nuovo precedente di salvataggio che sarà  emulato da tutti gli altri istituti di credito a corto di liquidità, sia perché  stanno subendo contemporaneamente perdite ingenti sul proprio portafoglio obbligazionario e su sofferenze detenute su start-up, e sia anche verso promotori immobiliari che sono costretti spesso a sospendere l’incasso delle rate dei mutui.

Questa è grosso modo la situazione oltre oceano. Non mi avventuro in ipotesi, supposizioni o congetture che poi potrebbero essere smentite dagli eventi. Resta però il fatto che tutto quanto accadrà in America ed ai suoi mercati borsistici sarà, come sempre, replicato in Europa ed in Italia. Un primo assaggio del pericolo incombente lo abbiamo avuto appena qualche giorno fa quando il Credit Suisse in una sola seduta di borsa ha lasciato sul terreno ben il 25% del suo valore. Alla domanda che segue,  che peraltro 2la maggior parte dei risparmiatori si pone, posso invece rispondere: ”Perché il nostro listino è crollato? “ E ancora : ”C’è rischio di contagio”. E’ crollato perché, essendo il Ftse Mib composto da titoli prevalentemente bancari, c’è il timore che anche in Italia o in Europa, tra le pieghe dei listini, si nascondano altre banche come Silicon Valley Bank. Se alla SVB, prima vittima illustre del rialzo dei tassi d’interesse iniziato poco più di un anno fa, ne seguiranno altre, si vedrà. Quel che non si vedrà, di sicuro, qui in Europa, è qualcosa di simile alla rapidità e alla essenzialità degli interventi del governo americano per regolare almeno i più pressanti problemi  pratici di questa calamità. Quanto alla seconda parte del quesito, ritengo che il sistema  europeo ed italiano, in particolare, siano molto più solidi di quello USA per il semplice fatto che la regolamentazione bancaria è molto più stringente obbligando gli istituti a vincoli temporali, di bilancio, di raccolta ed impiego fondi che in America non esistono. Sotto questo profilo puramente teorico non vedo grossi problemi, salvo il caso in cui la BCE nella persona della signora Lagaffe ( “gaffe” è puramente voluta) non continui a fare il contrario di ciò che andrebbe fatto ( vedasi ultimo rialzo dei tassi di ieri l’altro, attuato contro ogni logica e contro il comune sentire di molti economisti ). C’è un insegnamento che possiamo ricavare da questi eventi ? Certamente. Che l’epoca del denaro facile è finita e che l‘helicopter money deve rimanere a terra e non alzarsi più.

Che l’era dei tassi a zero in cui tutto era possibile è finita. Il mondo è tornato dove doveva essere prima della cura da elefante a cui è stato sottoposto in termini di politica monetaria e fiscale. Un mondo in cui se c’è inflazione i tassi non possono essere a zero. Chi non si è adeguato in tempo, come la Silicon Valley Bank, ora paga il conto. Speriamo solo che finisca qui e quello che segue possa trasformarsi in una buy opportunity.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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