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Alternativa ambientale e finitezza ecologica

Il Limite / 96

Alternativa ambientale e finitezza ecologica 

Per immaginare uno sviluppo infinito in un mondo finito bisogna essere matti o economisti

K. Boulding

di Raniero Regni

   Una delle convinzioni di fondo che hanno guidato le riflessioni condotte in questa rubrica è che siamo giunti al punto di dover imprimere una svolta al nostro modo di pensare e di vivere. Una conversione radicale e anche piuttosto veloce, per evitare che i nostri figli e nipoti paghino le conseguenze delle nostre scelte sbagliate e delle nostre non scelte. È necessario partire dal piccolo e dal grande. Certo, non cambierà il mondo, ma intanto chi scrive installerà trenta metri quadrati di pannelli fotovoltaici con cui alimentare ogni tipo di elettrodomestico e con cui ricaricare le batterie della propria auto, fornendo energia a quasi tre abitazioni.

Certo, non è un investimento economico, ma non è neanche una scelta ideologica. L’economia si basa sul breve termine, mentre solo considerando il lungo termine si può proteggere la sopravvivenza delle società umane. Il breve termine, di cui vive l’economia (pochi, maledetti e subito!), sconsiglierebbe l’investimento, per rientrare dal quale devono passare molti anni. È evidente anche che non si diventa ecologisti comprando un impianto fotovoltaico. Eppure, questo provocherà un qualche sollievo al senso di colpa che oramai attanaglia ogni mio comportamento nei confronti di ogni sorta di consumo superfluo e impattante.

Per l’economia, “di più” vuol dire “meglio”, l’idea folle della crescita infinita domina ancora, anche se oramai in mala fede, ogni discorso pubblico. Invece, nel caso dell’energia, ogni diminuzione dell’uso di combustibili fossili (metano, petrolio, carbone), a favore di energie rinnovabili (solare e eolico), è un amento di efficienza di tutto il sistema. Se non è la decrescita gli assomiglia molto. Non è proprio vero che “meno è più”, ma ci siamo vicini. Ma per arrivare a questo è necessario un cambiamento radicale, è necessaria un’alternativa ambientale che è già disponibile per tutti.

Anche G. Clément, il pensatore ecologista e “giardiniere” francese, parla da molto tempo di “alternativa ambiente”. L’avvento dell’ecologia come scienza, avvenuto nel 1866 ad opera di E. Haeckel, fondatore di una scienza dei legami che uniscono gli organismi viventi e il loro ambiente vitale, è oramai divenuto un sapere trasversale. Non si tratta più di una scienza specialistica ma di un orizzonte di pensiero e di senso capace di orientare ogni scelta, nella parte e nel tutto, nel piccolo e nel grande.

L’ecologia porta con sé l’idea di “finitezza ecologica”, ovvero l’idea che l’ecosistema è un sistema limitato. E porta con sé anche l’altra indispensabile consapevolezza, che l’essere umano non è fuori della biosfera, non è un essere destinato a dominare la Natura, ma ne è parte integrante, è “dentro” e “con”. L’ambiente non è l’ambiente, non è fuori di noi, è dentro di noi tanto quanto noi siamo dentro di esso. Mentre il pensiero dominante (ancora per poco!) considera il pianeta come un terreno di sfruttamento illimitato e inesauribile, l’alternativa ambientale sa che il sistema finito impone il riciclaggio. Come scrive Clément, “il giardino planetario, spazio chiuso, esige che si cambi urgentemente giardiniere”.

Se per l’economia la Borsa significa la vita, in realtà la speculazione finanziaria ed economica significa la fine della vita. Anche se l’alternativa di un pensiero ecologico appare sovversiva, lo è solo per il consumismo e il produttivismo. Allora l’economia prova a sbarazzarsi dell’ecologia. Come? La prima azione è quella di trasformare il pensiero ecologico in un pensiero autoritario che, in nome della sopravvivenza, impone forzatamente delle rinunce. La seconda è quella di trasformare l’ecologia in un affare. Siccome il discorso ecologico diventa ogni giorno sempre più ineludibile si prova a recuperalo al mercato. Lo si reiventa come sviluppo sostenibile. La versione più recente è il Green Business. Si usa un racconto estetizzante di un pianeta in disfacimento per imporre una Green Economy che monopolizza il mercato bio. Se rende va bene anche l’ecologia.

La vera alternativa è quella di una nuova coscienza planetaria frutto di un’ecologia della mente e della natura. L’opinione pubblica, addormentata dai media e risvegliata dalla crisi, dovrebbe essere aiutata dalle iniziative della cittadinanza attiva a pensare e perseguire l’alternativa ambientale.  Un’alternativa al tempo stesso ecologista e umanista.

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