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COME ADATTARE GLI INVESTIMENTI AI RISCHI DEL 2023

 Economia & Finanza / 91

COME ADATTARE GLI INVESTIMENTI AI RISCHI DEL 2023

di Mario Travaglini

 Non è una novità che gli eventi di questi ultimi mesi ci hanno obbligato a constatare  come il modello energetico italiano, ma anche quello europeo nel suo complesso, sia stato messo in discussione per carenze, omissioni, errori di programmazione e sottovalutazione dei rischi geopolitici. Di fronte a tali evidenze mi sembra opportuno valutare con sobrietà i possibili investimenti che i risparmiatori si apprestano a mettere in opera nel corso del 2023, una sobrietà che sia solo un modo saggio per preservare la propria salute, senza abbassare il morale, senza spegnere la speranza, senza spostare le occasioni per divertirsi. Certo, aver sentito dire durante il tradizionale discorso di fine anno dai Presidenti di mezza Europa, compreso il nostro, “Ma chi avrebbe potuto prevedere un tale aumento dell’inflazione? »  mi fa sorridere, come se questo fenomeno fosse dovuto al caso e si sia materializzato nell’arco di ventiquattro ore. Restiamo modesti. Avevamo anche riferito dell’impennata dei prezzi del gas, del petrolio e dell’elettricità ben prima dello scoppio delle ostilità in Ucraina. Il costo del MWh aveva infatti virato verso i 400 euro dall’autunno del 2021, secondo gli annunci di fermo di molti reattori nucleari per manutenzione e chiusure per gravi danni ai circuiti idrici in pressione. Tutti gli ingredienti per un disastro energetico erano quindi ben presenti prima dell’invasione dell’Ucraina. Ma il problema della disponibilità delle risorse  era ben minore  rispetto all’incubo dell’aumento dei prezzi  causato dall’adozione di sistemi di produzione inadeguati (eolico-fotovoltaico) o dalla dipendenza di stati esteri (Francia) o,ancora, da valutazioni geopolitiche a rischio (Russia). I cosiddetti players  sono aziende energetiche alternative solo di nome, perché non sono in grado da sole di soddisfare la domanda complessiva interna, mentre il sistema di prezzi di cui si sono avvantaggiate è del tutto assurdo perché allineato sul costo dell’ultimo megawatt prodotto con il gas. Insomma, tutto era solo in attesa che un episodio di temporanea “tensione” sulla domanda provocasse un’esplosione dei prezzi che non aveva alcun rapporto con il costo medio di produzione dell’energia elettrica. È l’intero modello economico europeo, ispirato e poi imposto dalla Germania direttamente o indirettamente poco importa, che viene messo in discussione e condannato alla rovina dal boicottaggio del gas e poi del petrolio russo (ricordate l’articolo Schmutziges Tanzen ?).

In queste condizioni, non illudiamoci, la reindustrializzazione dell’Europa, che è stata il leit motiv del post-Covid, con progetti di giga-fabbriche di batterie per auto in competizione con quelli della Cina, non è più nemmeno ipotizzabile.   A meno che non si voglia continuare a sovvenzionare con altre centinaia di miliardi quelle aziende che si ostinano a produrre con energia da GNL, che ora costa quattro volte il prezzo del gas negli Stati Uniti, e sei volte il costo dei MWh in Cina (dal carbone/gas/idro/nucleare). Alla prima occasione la disoccupazione tecnica riapparirà nelle nostre fabbriche europee, indipendentemente dal modo in cui saprà reagire il sistema industriale, e la disoccupazione rischierà di colpire le PMI e gli artigiani la cui bolletta elettrica sarà sempre al centro del loro conto economico, dal quale non si potrà prescindere per continuare a competere a livello internazionale. In questo contesto è il caso che gli investitori siano  “costruttivi”  e non si facciano catturare dai giochi di prestigio statistici che i mercati borsistici  esaltano ad ogni occasione di rialzo.  E’ possibile che il 2023 sia un anno di rialzi, ma ricordiamoci da dove veniamo: un 2022 tra i peggiori che le gestioni patrimoniali hanno avuto dal 1871 in poi.  E, ovviamente, uno degli anni peggiori per le criptovalute, con Bitcoin che ha lottato per tre mesi per preservare il suo supporto di $ 16.000. Ciò che più preoccupa nel breve termine, tuttavia, è l’aumento dei rendimenti obbligazionari in Europa verso i livelli peggiori dell’autunno 2022, con BTP che superano il 4% e Bund sopra il 2,50%. Dall’altra parte dell’Atlantico, attenzione all’aumento oltre il 3% da parte dei    T-Bond ed al breakout di 10.320 punti sul Nasdaq. Dopo un ribasso del 33% nel 2022, il prossimo target per l’indice dei titoli tecnologici sarebbe nientemeno che lo storico ex zenit di 9.838 del 20 febbraio 2020 che aveva preceduto la caduta del Covid.  Sarebbe allora meglio mostrare “sobrietà” in termini di somme investite sui mercati, spegnere gli schermi, abbassare gli obiettivi e rimandare gli acquisti. Per chi proprio non riesce a  vivere senza l’adrenalina del rischio sarà il caso di prender  qualche goccia di bromuro, almeno fino a nuovi segnali inequivocabili di rialzo. Appuntamento alla prossima settimana per fare il punto sui tre rischi sistemici con i quali l’investitore deve confrontarsi.

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