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DEMOLIMMO LO STORICO “ ‘DDO DE COPPE” PER APRIRE AI MOTORI LE PORTE DELLA CITTA’

 Attualità / 80

DEMOLIMMO LO STORICO “ ‘DDO DE COPPE”

PER APRIRE AI MOTORI LE PORTE DELLA CITTA’

di Marcello Martelli

 

La difesa della propria identità è fondamentale per una città antica, che non ha mai concluso il suo passaggio di territorio post-agricolo-artigiano-sanitario. Un tempo chiamata “città dei matti”, per la presenza dell’ex ospedale psichiatrico, il cosiddetto manicomio, che occupa una buona fetta del centro storico. La riqualificazione di quest’area, che tarda ad arrivare, gioca un ruolo fondamentale per le sorti del territorio che dovrà necessariamente far fronte alle esigenze di sviluppo locale, in vista di un disegno con una più ampia prospettiva. Un percorso culturale, conoscitivo, gastronomico, sportivo che, attraversando la città e il territorio, su diverse quote, dal mare alle colline e alla montagna, avrà il compito di unire realtà diverse, grandi e piccole, riaccendendo, riattivando e riqualificando differenti aree urbane abbandonate, degradate o in via di trasformazione. Come non pensare ai nuovi ingenti investimenti in programma per le strutture sanitarie, da considerare in un processo trasformativo estremamente forte, che cambia radicalmente il volto della città. Da tenere, per quel che resta, ben radicata nella propria identità storica e culturale. Sia disciplinando e coordinando trasformazioni estremamente veloci, per lo più legate a grandi interventi pubblici o a operazioni immobiliari e finanziarie, sia di trasformazioni apparentemente più lente, ma che ugualmente determinano un radicale cambiamento non solo urbanistico o territoriale, anche sociale e culturale. Se rileggiamo la storia, si scopre che nei primi anni dell’800, l’amministrazione del tempo predispose una serie di sopralluoghi per accertare lo stato delle mura cittadine, cadenti in più punti. Il tratto più fatiscente quello di Piazza Garibaldi (allora Largo di san Giorgio), con il vecchio arco ormai in rovina e la demolizione dei resti eseguita per mezzo di cariche esplosive. È lo storico Niccola Palma a raccontare l’evento e, dopo un susseguirsi di fatti drammatici, solo nel 1821 si mise mano alla costruzione dei due “pilastri”, che il popolino chiamerà “lu ‘ddò de coppe”, con i due vasi sovrastanti le colonne inseriti parecchi anni dopo, tra il 1839 e il 1840, dopo l’arrivo a Teramo del nuovo Intendente, Francesco Statella, marchese di Spaccaforno, che si impegnò a fondo per il decoro e l’edilizia della città. All’alba del nuovo secolo (1901), dopo l’intitolazione della piazza al generale Giuseppe Garibaldi, la data di demolizione delle caratteristiche coppe all’inizio di Corso San Giorgio non è certa, ma ne è sicura la motivazione. Dissero che “lu ‘ddò de coppe” andava sacrificato per agevolare il crescente traffico automobilistico. Ma forse è arrivato il momento di recuperarlo, in nome della identità urbana, se è vero che si restaura anche il vicino teatro comunale.

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