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      EUROPA, LA PAZIENZA HA UN LIMITE !

Politica Economia & Finanza / 78

 

                     EUROPA, LA PAZIENZA HA UN LIMITE ! 

di Mario Travaglini

Non vorrei parafrasare Totò che con la sua famosa battuta rovesciata fece ridere un intero paese : “badi a come parla, ogni limite ha la sua pazienza”. Ma, da qualunque angolatura la si voglia vedere, dal punto di vista del limite o da quello della pazienza, sta di fatto che l’Europa ha rotto…… gli argini.  Abbiamo tutti pensato, soprattutto al momento della introduzione dell’Euro, che  consegnando all’Europa una sorta di delega in bianco, avremmo guarito i problemi che da soli non riuscivamo a risolvere.  Da qui  è nata una esaltazione collettiva, una sorta di euforia permanente, che ha portato il nostro paese a rimanere affascinato da qualsivoglia provvedimento adottato sia in sede plenaria che dalla Commissione, anche quando essi erano palesemente lesivi dei nostri interessi. Solo da qualche tempo, dopo reiterate cantonate, alcuni, pur europeisti convinti, tra i quali mi annovero,  hanno cominciato ad avanzare dubbi e porre domande, sovente rimaste senza risposta. Anche dalle colonne di questa rivista mi sono trovato spesso a stigmatizzare decisioni o non decisioni che mi apparivano sbagliate, inopportune o semplicemente fuori tempo. L’ultima nefandezza, come è facile intuire, riguarda la pantomima recitata sul tema del gas, più precisamente sul tetto del prezzo che con forza e con urgenza  era stato richiesto da ben 15 paesi della Comunità allo scopo di frenare l’aumento stellare delle bollette che  in queste ultime settimane stanno mettendo in ginocchio aziende e famiglie. I continui rinvii, di volta in volta giustificati da pietosi comunicati stampa, hanno smascherato le divisioni sempre più profonde   tra la Germania (come poteva mancare!), la Norvegia, l’Olanda e la Francia, da una parte, e quasi tutti gli altri che non hanno né grandi disponibilità finanziarie né la fortuna di avere nel sottosuolo giacimenti per essere autonomi. L’Italia ha certamente le sue colpe per aver fatto poco o nulla per abbassare il suo debito pubblico e non aver saputo gestire i pozzi in Adriatico, ma non si è mai tirata indietro quando c’era da assumere una posizione comune per il salvataggio della Grecia o, come recentemente, per sanzionare il despota russo. Cosa ancor più grave è che la Germania mettendo sul tavolo 200 miliardi di euro (accumulati, è il caso di ricordalo, sforando le norme europee) ha fatto capire chiaramente che avrebbe comprato gas a qualunque prezzo e che la Norvegia da quell’orecchio non ci sente perché con le sue sterminate riserve naturali e surplus sempre crescenti può finanziare la sua economia e trasferire i profitti alla popolazione attraverso bonus e riduzioni di imposte. Stesso discorso per l’Olanda che, pur non avendo giacimenti, è in grado di influenzare il prezzo del gas attraverso la gestione del mercato  Ttf di Amsterdam, di tal ché quanto più alto è il volume d’affari che passa sulla borsa della capitale tanto più alti saranno i profitti olandesi. La Francia, infine, dopo le abbondanti piogge di fine estate che hanno ridato ai fiumi la loro portata abituale permettendo alle centrali nucleari di riprendere a pieno regime la produzione di energia, guarda con fare distaccato la baruffa europea senza prendere posizione, salvo una blanda lamentela contro Berlino, preferendo occuparsi delle questioni interne e tranquillizzare imprese e cittadini ai quali verranno garantite tariffe bloccate sino al 31 di dicembre.

Risultato: il prezzo del gas è salito alle stelle ed oggi costa più in Europa che nei paesi asiatici dove non arriva via tubo ma attraverso i rigassificatori.  Dare la colpa a presunti speculatori è comodo e serve a nascondere i contrasti e le guerre economiche in seno alla Comunità; ecco perché non ho alcuna remora ad utilizzare il termine “vergogna” perché questa Europa non ha più alcun senso se non viene ripristinato e da tutti osservato il principio della mutualità.

Dopo il lock down pandemico prepariamoci anche ad un lock down energetico, con tutte le conseguenze annesse e connesse facilmente intuibili, sia per le imprese che per i soggetti più fragili.

Al punto in cui siamo è di tutta evidenza che non riuscendo l’Europa ad imporre un price cap l’unica via possibile è quella  del sostegno diretto del Governo che, lo dico sommessamente e a malincuore, il nostro Primo Ministro uscente avrebbe dovuto adottare già da diverse settimane. Nel caso in cui il Governo entrante optasse per questa soluzione con l’idea di rivalutare “l’interesse nazionale” potrebbero verificarsi due effetti collaterali sui quali sarebbe il caso di riflettere a fondo. Il primo: lo scostamento di bilancio porterà ad un significativo aumento del debito pubblico sul quale, lo sappiamo, lo Stato paga  gli interessi, i quali, a loro volta, potrebbero crescere in modo esponenziale  qualora la speculazione tornasse a colpire attraverso lo spread. Questo vuol dire che quanto più alto sarà lo spread tanto più alto sarà l’importo complessivo degli interessi pagati a coloro che comprano il nostro debito e che, nel momento di massima necessità, l’esecutivo potrebbe trovarsi a corto della liquidità necessaria per far fronte agli impegni correnti. Il secondo: battere i pugni sul tavolo di Bruxelles, certo in maniera urbana, potrebbe servire, da un lato,  a reimpostare  un rapporto nuovo con la Comunità al fine di tutelare meglio i nostri legittimi interessi e, dall’altro, a mandare un segnale forte ai due paesi che fino ad oggi  hanno sfacciatamente egemonizzato  i rapporti inter partes . Continuare, dunque, ad essere europeisti è certamente possibile ma a patto che ci si ricordi che il nostro è pur sempre uno Stato sovrano il cui Governo deve adoperarsi  per tutelare gli interessi della collettività.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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