INTELLIGENZA VERDE

Il limite / 78

Intelligenza verde

di Raniero Regni

Un certo indolenzimento alla schiena mi segnala che i quintali di legna segati, spaccati e accatastati sono diversi. Come molti, anche a chi scrive è capitato in questi giorni di preparare un po’ di combustibile per l’inverno, nel mio caso si trattava di più rami di una grande quercia schiantatati dall’ultima tempesta di vento, la stessa che sull’altro versante dell’Appennino ha provocato l’alluvione delle Marche. Eventi estremi a cui sarà difficile adattarsi. Ma non è di questo che si vuole parlare, anche se nell’ecosistema tutto si tiene e solo i furbi interessati fanno finta di non saperlo. Quello che il trafficare con rami e tronchi fa venire in mente è quanto dobbiamo al mondo vegetale, alle piante, agli alberi. Mentre crescono assorbono anidride carbonica che si accumula in loro e quando muoiono ci forniscono il carbonio come combustibile, ma il tutto in un equilibrio a tutto vantaggio della salubrità dell’ambiente.

E allora si capisce il pensiero cinese antico che giustamente non parla solo dei quattro elementi (aria, acqua, terra, fuoco) ma ne aggiunge uno: il legno. Oggi la scienza e la filosofia forniscono nuovi elementi che valorizzano il popolo verde che ha reso abitabile la Terra producendo ossigeno. Tutta la vita sul nostro pianeta dipende dal mondo vegetale che rappresenta il novanta percento della massa biologica vivente, il novanta per cento della biosfera. La Terra più che il pianeta blu, ricoperto di acqua, è soprattutto un mondo verde.

In passato la filosofia occidentale si è occupata poco del mondo vegetale, almeno dopo Socrate, al quale la natura non interessava affatto, ma interessavano solo gli uomini e la città dove vivevano. Il pensiero occidentale, pur avendo alla sua origine proprio i filosofi pre-socratici, i fisiologi che si erano interrogati proprio su quale fosse il principio costituivo della Physis, ovvero della natura, come Democrito. Ma poi con l’età moderna, come avrebbe detto Hegel, “la sostanza diventa soggetto”, l’antropocentrismo diventa dominante.

E la natura scompare dal dominio della filosofia, questo è uno dei limiti fondamentali del pensiero moderno che tratta la natura come un semplice oggetto senza intelligenza, e le pianete come semplici cose. L’uomo si pensa al centro dell’universo e non ha interesse per il silenzioso, immobile, umile, docile, mondo vegetale.  Tutto quello che ha valore deve assomigliare a noi, deve muoversi ed avere un cervello.

 

La nostra cultura, dice un originale studioso come Emanuele Coccia, è zoocentrica e noi, in quanto animali, ci identifichiamo di più con le altre specie animali che ci somigliano piuttosto che con le piante.

Dire di una persona che assomiglia ad un vegetale, non è sicuramente un complimento! Eppure esse hanno molto da insegnarci e noi avremmo molto da imparare dal mondo vegetale. Intanto, per il fatto che non si possono muovere esse non si possono separare dal mondo che le accoglie. E questo potrebbe essere un grande insegnamento: l’organismo non è qualcosa di diverso e di così separato dall’atmosfera in cui è immerso, non c’è la pianta e poi il mondo in cui è inserita ma si co-appartengono.  La pianta ci insegna un’esperienza immersiva, non più quella di un soggetto che si rapporta con un oggetto, ma quella di un essere che fa tutt’uno con il suo paesaggio.  E poi esse rappresentano il simbolo della vita Ogni vita presuppone un’altra vita ma tutte presuppongono le piante che sono alla base della catena alimentare. La pianta invece presuppone solo il mondo geologico e non vive a spese di altre vite. E’ lei a creare i presupposti della vita. La stessa aria che ci contiene è un prodotto delle piante. Noi respiriamo il respiro di altri esseri viventi, il loro respiro.  E se vivere significa respirare, esse hanno trasformato il mondo, dice Coccia, “nella realtà di un respiro…sono il respiro di tutti gli esseri viventi, il mondo in quanto respiro”.

Poi le piante sono radici, foglie, fiori, semi, frutti. La loro utilità, la loro indispensabilità è fuori discussione, per non parlare poi della loro bellezza. Che cosa sarebbe il mondo senza lo splendore dell’erba e delle fronde degli alberi? Forse è davvero necessario rifondare una cosmologia partendo dal pensiero verde: le piante sono intelligenti e collaborano, dimostrano che grazie alla vita la materia può diventare spirito. Esse prosperano nella convivenza con altri esseri (ad esempio gli insetti di cui hanno bisogno per riprodursi), nella mescolanza e nella biodiversità, quella che noi stiamo distruggendo.

Il pensiero verde dovrebbe essere alla base anche di una nuova educazione ecologica. Forse addirittura di una nuova filosofia, che non è l’arida, chiusa, disciplina insegnata dai professori ma, come dice la sua etimologia, la conoscenza nel regno di Eros. La filosofia en plein aire, la filosofia che respira e pensa la vita, ha molto in comune, come sostiene Coccia, con l’atmosfera più che con l’essenza.  Che si manifesta nella sua impossibilità a ridursi ad un metodo, un oggetto definito, uno stile determinato. La filosofia, eccedenza della domanda su ogni risposta, è l’amore per il sapere che ben si unisce all’amore per la vita proprio delle piante. Intelligenza verde, intelligente come le piante.

 

 

 

 

 

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