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QUANDO UN RAGAZZINO SOLO E AFFAMATO SI SALVO’ DALLA “SPAGNOLA”

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QUANDO UN RAGAZZINO SOLO E AFFAMATO SI SALVO’

DALLA TERRIBILE “SPAGNOLA” CON MILIONI DI MORTI 

di Marcello Martelli

Quell’impressionante incredibile testimonianza d’un ragazzo affamato (futuro grande scrittore) che si salvò dalla “Spagnola”, una pandemia più pericolosa e perniciosa del “Coronavirus”, che nel primo ‘900 devastò il pianeta, causando milioni di morti. Il suo nome legato al fatto che, nella primavera del 1918, durante la prima guerra mondiale, la censura alla stampa nei Paesi belligeranti non divulgò notizie spaventose sull’esistenza dell’epidemia di influenza “per non turbare ulteriormente l’opinione pubblica”. Solo la Spagna informò dettagliatamente e il resto del mondo attribuì erroneamente l’origine della malattia all’unico Paese che ne aveva parlato. La terribile “Spagnola” si diffuse ovunque tra il 1918 e il 1920, facendo più vittime della prima guerra mondiale (e della peste del 1300!). In pochi mesi, la “Spagnola” registrò fra i 50/100 milioni di vittime, in prevalenza gente giovane e in buona salute, al contrario del Coronavirus, che miete vittime fra la popolazione più anziana. E’ comunque improponibile il confronto fra le due epidemie, se si tiene conto che ai tempi della “Spagnola” non erano stati ancora scoperti gli antibiotici e gran parte delle vittime morì per sopravvenute infezioni batteriche. Una storia da me ricordata sul quotidiano “Libero” con protagonista un ragazzino affamato di 5 o 6 anni chiamato Piero Chiara, che visse un’allucinante esperienza, nutrendosi degli avanzi dei militari contagiati sul fronte della Grande Guerra. Il futuro grande scrittore ebbe miracolosamente salva la vita, anche se la sua famiglia ne rimase inesorabilmente colpita. “La nostra casa, che era quasi di fronte a uno degli alberghi trasformati in ospedale, con le finestre a qualche metro da quelle alle quali si affacciavano i soldati a vomitar nella strada, fu investita in pieno dal contagio. Si ammalò mio zio Pietro, che era buon bevitore, ma scampò, mentre due mie zie morigeratissime perirono, seguite dal mio nonno materno, al quale parve buona l’occasione per andarsene in quell’anno, che era il novantatreesimo di sua vita”. Con la madre fra la vita e la morte, il padre occupato a curare e seppellire i parenti, il futuro scrittore – come testimonia nel suo libro “Le corna del diavolo. Il piatto piange”- si ritrovò abbandonato a se stesso: “Mi ero messo a girare per le strade -ricorda- a seguir funerali e ad esplorare i dintorni, spingendomi fino alle più lontane frazioni”. Con nessun divieto o precauzione, il ragazzino libero e indifeso cominciò a farsi abitudinario dell’albergo vicino casa sua, dov’erano ricoverati i militari “senz’altra cura che la passata giornaliera d’un medico e la distribuzione d’un magro vitto”. Il piccolo Piero saliva spesso in quelle stanze piene di ammalati, che lo chiamavano per imbucare lettere o fare piccoli acquisti e anche per nutrirsi dei loro avanzi, “sotto gli occhi ingialliti dei soldati che mi guardavano mettere la faccia nei loro avanzi, convinti che li avrei seguiti di lì a poco, mentre da quelle fredde brodaglie e da quei tozzi di pane raffermo prendevo forza a vivere e a superar la morìa”. L’allucinante revival di Piero Chiara, è importantissimo per la lettura pedagogica sempre attuale che offre. In prima pagina, un giorno trovarono la lieta notizia: “E’ finita la spagnola!”. Ma non tutti ne furono contenti, a cominciare dal ragazzo miracolosamente risparmiato dalla terribile epidemia: “Quell’annuncio quasi mi deluse, perché in tanta pubblica afflizione mi era toccato il comodo e il vantaggio di una completa libertà. Tornavano purtroppo l’ordine e la disciplina e presto si sarebbero riaperte le scuole”. Spagnola o Coronavirus, le epidemie e il loro tragico bilancio, sono sempre uguali e non cambiano mai. Come la miope impreparazione degli umani, che ne pagano il prezzo in vittime e danni.

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QUANDO BRUNO VESPA PRESENTAVA I SUOI LIBRI 

NEL SALOTTO NOBILE DI CORSO S. GIORGIO

Con il personaggio Bruno Canguro, il giornalista abruzzese Bruno Vespa diventa un cartone animato. Già in precedenza era finito sul quotidiano Le Monde come protagonista di un fumetto dal titolo “La troiseme Chambre”, ovvero “la terza Camera del Parlamento”.

Un omaggio al conduttore di Porta a Porta, nel senso che la trasmissione di Rai Uno è un appuntamento d’obbligo per i politici italiani. Basti pensare che il famoso “patto con gli italiani” di Berlusconi è stato stipulato proprio alla presenza di Bruno Vespa. Le Monde è però anche pungente nei confronti di Vespa per far capire la longevità del personaggio, spiegando che è su Rai Uno “dai tempi in cui Andreotti era al potere”. 

Fra vecchie carte, ho trovato una foto che ricorda una sosta nello scomparso salotto buono di Corso S. Giorgio: la storica libreria La Scolastica, indimenticato punto d’incontro degli amanti della lettura. Presenti noti intellettuali, da Pasolini a Vespa e altri. 

A “La Scolastica” c’era sempre la simpatica Assunta, molto attenta e disponibile nell’accogliere tutti. Quel giorno il mio ex collega de “Il Tempo”, Bruno Vespa, presentò ai lettori della “Scolastica” uno dei suoi primi libri di successo. Bei tempi quando certi incontri si svolgevano nelle librerie, mentre oggi sono riservati ai grandi notabili della politica e del governo (Nella foto: Bruno Vespa a La Scolastica con Gianni Gaspari e il sottoscritto).

(M. Martelli)

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