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GUERRA SPORCA GUERRA

Editoriale /47

GUERRA SPORCA GUERRA

di Pierluigi Palmieri

“…Ancora tuona il cannone, ancora non è contenta di sangue la belva umana”…Io chiedo, come può un uomo uccidere un suo fratello…Io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare…

(CANZONE DEL BAMBINO NEL VENTO Francesco Guccini)

 

 

Guerra , una parolaccia, Guerra  sinonimo di violenza, Guerra,,  per chi l’ha subita e per chi ha un minimo di memoria storica è una parola che non dovrebbe esistere più nel vocabolario di tutte le lingue del mondo. Invece risuona a cadenze regolari  in molte parti del pianeta. Siamo abituati a sentire gli echi dei focolai africani e asiatici che si accendono e si spengono a ritmi impressionanti. In Europa dopo la caduta del Muro pensavamo proprio fosse stata bandita questa parola che, come nessun altra, al solo sentirla pronunciare o semplicemente a leggerla, rende immediatamente l’idea delle sue conseguenze e ci produce le più sgradevoli delle sensazioni. Ebbene oggi la guerra è tornata in Europa.

Nella Rubrica “Benessere psicofisico”di questa settimana la nostra  L. Menditto, parla di “affordance”, un termine molto tecnico che si riferisce alla prerogativa degli oggetti fisici di far comprendere “a prima vista” come possono essere utilizzati (vedi la matita che invita a scrivere o disegnare). Credo che, anche se non è un oggetto fisico, l’affordance si attagli molto bene alla parola  guerra, che al suo apparire, ribadisco, solleva immediatamente nella mente umana una marea gigantesca, che sprizza orrore e disgusto da tutte le parti. R. Regni, sembra confermare  questa mia  estensione del termine , perché, anche lui in questo numero, nella Rubrica Il Limite, commenta l‘invasione dell’Ucraina manifestando le perplessità e lo sdegno di chi appartiene a una generazione che “non possiede neanche le categorie per pensare la guerra perché è nata e cresciuta nel mito della pace”. E subito dopo ricorda  Francesco Guccini e  il suo  “ancora tuona il cannone, ancora non è contenta di sangue la belva umana”. La mia associazione più immediata con la parola guerra invece, forse perché quella di cui parliamo oggi si riferisce al “Granaio d’Europa” va ( in aggiunta ovviamente all’orrore e al disgusto)  è la tessera annonaria. Ne ho  memoria ben vivida perché, dall’ infanzia i poi in famiglia vi si faceva  quasi sempre  riferimento  per rimproveraci  quando lasciavamo nel piatto qualsiasi genere di “avanzo” (per la verità la cosa riguardava più mio fratello che il sottoscritto!). Come dimenticare infatti il racconto di Mamma Fedora che per responsabilizzarci contro lo spreco ci ripeteva: “in tempo di guerra con la tessera annonaria, come razione giornaliera di pane, ci toccava una “rosetta” a testa. Io ero incinta e vostro padre mi cedeva la sua quasi per intero e se cadevano delle  briciole sulla tovaglia  lui le raccoglieva, ne faceva un mucchietto e me lo passava”. 

Erano i tempi in cui l’Italia  partecipava all’asse Roma- Berlino – Tokio, il trattato sottoscritto a un anno dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, con cui queste tre nazioni si legittimavano il diritto di potenza “guida”, ciascuna in una propria area: l’Europa per la Germania, il Mediterraneo per l’Italia, l’Estremo Oriente per il Giappone. Uno degli effetti più tangibili ed emblematici sulla popolazione civile fu quello di costringere gli italiani ad usare appunto la tessera annonaria, che fu presto ribattezzata “tessera della fame” quando la razione di pane passò dai 500g ai 100g al giorno.

Sappiamo come è finita la seconda guerra mondiale  e come negli anni che sono seguiti vincitori e sconfitti apparissero  talmente convinti di dover garantire la pace alle generazioni a venire da dare vita ad un organismo che prese il nome  delle “Nazioni Unite”, in cui tutti erano e sono rappresentati e di cui tutti avrebbero dovuto rispettare le decisioni. L’obiettivo di “mantenere la  pace e la sicurezza mondiale e sviluppare  relazioni amichevoli tra le nazioni” oggi suona come una beffa, perché questa settimana dopo un susseguirsi di sceneggiate in cui ha preso per i fondelli perfino il Macron custode della Grandeur, Putin, neo Zar di Russia, sputa il rospo e dichiara tutta la sua ostilità all’Ucraina e a chi la governa, invade i suoi confini riconosce le repubbliche separatiste filorusse e fa sputare anche le bocche da fuoco dei suoi lanciamissili e della sua artiglieria verso i centri abitati distruggendo abitazioni civili. scuole e ospedali. Mentre scrivo apprendo che Charkiv e Kiev  le maggiori città della Ucraina sono sotto assedio e che  il Presidente Volodymyr Zelens’kyj ha definito” brutale”   la notte appena trascorsa.  Siamo nel “Granaio dell’Europa”. L’incommentabile si commenta da sé. Allora  non vado oltre, ma lascio parlare le immagini che ho ricavato dai servizi televisivi che in questi giorni ho seguito molto assiduamente. Commuovono, suscitano sdegno e ho tanta voglia di mostrarle  al Putin, inventore dell’Asse Mosca – Mosca- Mosca, che accecato dal suo diritto di Potenza Guida resterebbe  indifferente anche  di fronte a quella della bambina che con gli occhi affogati dalle lacrime, da un rifugio sotterraneo, continuava a ripeteresono stata svegliata da un botto enorme, è la guerra”.  E a quella di una nonna che mostra un neonato che quasi scompare in un piumino di fortuna. E  a  quella di un papà che si inginocchia  a mani giunte davanti alla figlioletta di 8- 9 anni, quasi a  scusarsi perché deve partire per il fronte…( con poche probabilità di tornare). Forse però le hanno viste i cittadini russi che

sono scesi in piazza per protestare  contro l’invasione dell’Ucraina. Spero tanto che siano gli emuli di quei francesi che duecentotrentatre anni fa  in Francia presero  la Bastiglia.  Quindi Putin attento alla tua  sporca Guerra sporca.

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