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PAROLE NUOVE NELLA COSTITUZIONE: RAGIONI PER UNA VERDE SPERANZA

Il Limite

di Raniero Regni

“…..si può mentire a molti per un po’, a pochi per sempre, ma non si può mentire per sempre a tutti….” (Abrahan Licoln)

“Meglio perdenti che perduti”, con questa frase del religioso e poeta Davide Maria Turoldo, che invitava sempre a stare dalla parte degli ultimi e non da quella dei poteri forti che fanno vincere sì, ma perdono in umanità, ho provato spesso a consolare me stesso e i miei amici. Chi è impegnato su tematiche ambientali locali, non perché è un ambientalista ma semplicemente perché è un uomo o una donna del nostro tempo, un cittadino che ha preso semplicemente coscienza della sfida decisiva che riguarda la sopravvivenza della vita sul pianeta, non ha molte ragioni di speranza. La realtà gli oppone le ragioni dell’economia, aggravate dalla crisi pandemica, e le pseudo ragioni del mercato, con tutta la loro forza miope e nichilistica. 

Eppure, nonostante lo sguardo spesso sconsolato che abbiamo quando si parla di vera economia circolare, di utilizzare i rifiuti come materia prima seconda, a fronte invece della produzione infinita di scarti da parte dell’economia della crescita illimitata, oggi c’è di che sperare. Al netto del pessimismo dell’intelligenza, oggi è un buon giorno. Quasi all’unanimità dei membri della camera, sono state votate due integrazioni importanti della nostra Costituzione, che entrano immediatamente in vigore. 

La prima modifica riguarda l’art. 9, che appartiene ai principi fondamentali della Repubblica, ovvero i valori trasversali e di fondo, non soggettivi, che regolano la nostra società. La nuova formulazione suona così: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. – ed ecco l’aggiunta – Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. L’altro articolo è il 41, “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”. Le aggiunte in corsivo sono le modifiche, parole nuove, parole come pietre. La salute è un diritto non mediabile, il che vuol dire che il ricatto “occupazione o salute” non appare più accettabile, perché il realismo di cui si vantava appare oggi sempre più suicida. 

Parole come pietre. Ma le parole, nel nostro paese, non sono mai le cose. Mentre il ministro della transizione ecologica Cingolani, già tifoso entusiasta del nucleare e del metano (secondo lui, entrambe energie rinnovabili e pulite!), saluta con enfasi queste modifiche come epocali, contemporaneamente, attraverso il Decreto semplificazioni, toglie la necessità per i cementifici di sottomettersi alla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). Nella mia citta, Gubbio, unica città d’Italia ad avere nel suo piccolo territorio due cementifici, ovvero due industrie insalubri di prima classe e appartenenti ad un settore in declino, viene abrogata la VIA imposta dalla Regione Umbria e si autorizza ad usare 100 mila tonnellate di CSS, combustibile derivato dai rifiuti. Una delle città medievali più belle del mondo, nel cuore di una delle regioni emblema della bellezza del paesaggio italiano, sarà sottoposta a questa minaccia. Un danno irreparabile e irreversibile al suo ambiente, alla sua storia, come alla salute dei suoi cittadini. In barba alle leggi, in barba al vento del tempo, in barba al buon senso, e ora anche in barba alla Costituzione.  

Quelle parole nuove della carta costituzionale, che rappresentano le ragioni per sperare di conservare un pianeta ancora vivibile per i nostri figli e i nostri nipoti, fanno naufragio sugli scogli della sotto politica e della sottocultura furbastra del nostro paese, nel quale esiste un detto, che non ha un corrispondente in nessuna altra lingua del mondo: “fatta la legge, trovato l’inganno”. E, oltre l’inganno, anche la beffa delle parole di Cingolani, che si aggiungono a quelle dei politici locali e degli imprenditori che dipingono di verde i loro interessi, ora chiaramente anche anticostituzionali.  

Eppure noi speriamo ancora di impedire questa minaccia che riguarda sì una città, la mia, ma che grava su molte altre realtà presenti un po’ in tutto il paese. Noi speriamo, perché crediamo nella verità delle parole che si fanno cose, e agiamo di conseguenza. Noi speriamo perché troppa manipolazione della verità uccide la manipolazione stessa, perché crediamo in quello che disse una volta A. Lincoln, “si può mentire a molti per un po’, a pochi per sempre, ma non si può mentire per sempre a tutti”.  

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