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L’INNO ALLA GIOIA CONTRO I NEMICI DELL’EUROPA

 Il Limite /159

di Raniero Regni    

 

 

O amici, non queste note! Intoniamone altre / più grate e gioiose. / Gioia, bella scintilla divina, figlia dell’Elisio, / ebbri di fuoco noi entriamo/ o Celeste, nel tuo santuario…Tutti gli uomini diventano fratelli, / là dove si posa la tua ala leggera / Abbracciatevi a milioni! / Questo bacio vada al mondo intero/ Fratelli, sopra il cielo stellato / deve abitare un padre che ci ama 

F. Schiller, Inno alla Gioia riadattato da L. Van Beethoven

L’Unione Europea, con i suoi 27 stati membri e i suoi 450 milioni di abitanti rappresenta una delle grandi potenze economiche e culturali. Ma non è solo il potere a renderla uno dei global player più forti nel panorama geopolitico mondiale di oggi, è la sua potenza umana, valoriale e democratica a farne quasi un’eccezione. E questo può essere detto senza nessuna presunzione eurocentrica. L’Europa è un’oasi di democrazia e di diritto in un mondo pieno di regimi antidemocratici, violenti, ingiusti, autoritari. Forse anche per questa sua eccezionalità, guadagnata a costo di tante guerre e di tante ingiustizie di cui si sono macchiati i suoi stati in passato, comprese due guerre civili europee come la prima e la seconda guerra mondiale, che oggi appare quasi una cittadella assediata. L’Unione Europea ha molti nemici sia esterni, come le grandi potenze imperiali, quasi sempre antidemocratiche, che usano la supremazia militare e la guerra come strumenti di azione politica, che interni, come i partiti populisti e nazionalisti, o le democrature, forme di regime ibrido a tendenza autoritaria.

Nelle elezioni di oggi, con cui andremo a rinnovare il parlamento europeo, la posta in gioco è molto alta. Quelle di oggi rischiano di diventare elezioni storiche, decisive per la sopravvivenza della nostra Unione di fronte alla quale si aprono due strade. La prima, auspicabile, è il rafforzamento dell’Unione fino a costituire gli Stati Uniti d’Europa con una politica estera comune e una politica interna sempre più unitaria. L’altra è quella dell’indebolimento della compattezza europea, tanto faticosamente guadagnata, verso forme di nazionalismo, apparentemente sempre più forte all’interno, ma realmente sempre più debole all’esterno. La prima via appare l’unica, la più saggia e promettente, ma non sempre la saggezza trionfa storicamente.

Nel 1972, con geniale intuizione, il Consiglio d’Europa adotta L’inno alla Goia, contenuto nell’ultimo movimento della 9° sinfonia di L. van Beethoven, come inno europeo. Nel 1986, Herbert von Karajan ne ha realizzato un adattamento che è divenuto poi l’inno ufficiale dell’Unione Europea, senza parole, solo musica, che fa da complemento alla bandiera a stelle della comunità. Un inno alla libertà, alla solidarietà, alla pace, i valori dell’Europa. Non l’inno di una sola nazione ma di tutte le nazioni europee, che non nega la bellezza dei singoli inni nazionali, ma li supera e li armonizza in un unico grande coro.

Scritta dal genio tedesco nella parte finale della sua vita, quando già sordo e in preda alla depressione aveva pensato più volte al suicidio, rappresenta uno dei vertici della musica e della bellezza poetica di tutti i tempi e di tutte le culture. Beethoven (1770-1827) mette in musica riadattandola, una delle poesie più famose del grande poeta romantico F. Schiller (1759-1805) intitolata Ode alla gioia, scritta nel 1785. Il movimento si annuncia con una parola, inserita dal musicista, che in tedesco è Freude (si pronuncia froide), gioia, che poi risuona nella strofa successiva nell’altra parola Freunde (si pronuncia froinde), amici. La radice delle due parole tedesche è la stessa, solo una “n” le distingue. Quasi a dire che “la gioia è tale solo se può essere condivisa, solo se può essere cantata con degli amici”, ha commentato su Rai radio 3 il critico Sandro Cappelletto, in magnifiche trasmissioni dedicate alla sinfonia beethoveniana.

Sì, perché quest’anno ricorre il secondo centenario della prima esecuzione della sinfonia eseguita a Vienna il maggio 1824. Non commissionata da nessuno, né da principi né da mecenati, è stata elaborata dal genio romantico con grande tormento personale in un esito straordinariamente potente. È un inno alla amicizia e alla fratellanza universali, mai realizzati nella storia ma neanche mai annichilite completamente dagli eventi. “Utopia romantica!”, direbbero i realisti di oggi, pronti ad accettare il peggio dell’essere umano e della sua storia. A questo realismo, che riduce la storia al luogo delle sopraffazioni in cui, come diceva Manzoni, “non resta che far torto, o patirlo”, preferisco sempre l’utopia beethoveniana dell’amicizia universale. E spero davvero che i lettori di questa rubrica abbiano votato tutte quelle forze politiche e tutti quei candidati sinceramente europeisti, pacifisti e ambientalisti capaci di aiutare l’Unione e il mondo ad avviarsi sulla strada sperata da Beethoven e realizzata (questo è il primato dell’arte sulla morale, dell’estetica sull’etica!)  nella sua sinfonia: uno dei più grandi atti d’amore nei confronti dell’umanità intera. La gioia non può risolversi nella dimensione privata, neanche di una singola nazione. Non si può essere felici in un mondo di infelici, non si può essere sani in una società malata. La gioia e la bellezza saranno tali se saranno condivise dall’unica famiglia umana. Non da una sola nazione ma di tutte. Alleanza universale di tutte quelle anime, di tutti quegli esseri, che hanno provato nell’universo, almeno una volta nella vita, la Gioia divina, la Gioia della libertà.

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