HomeLa RivistaANCORA UNA GUERRA, QUELLA DEI DAZI.

ANCORA UNA GUERRA, QUELLA DEI DAZI.

Valore & Valori 157

di Mario Travaglini

             Se ne parlava già  da qualche settimana, poi martedì il Presidente statunitense Joe Biden ha sciolto la riserva e ha annunziato di aumentare i dazi per le importazioni dalla Cina ai sensi della Sezione 301 del Trade Act del 1974.

Alcuni settori considerati strategici per l’economia americana come la produzione di veicoli elettrici, componenti per pannelli solari e minerali critici potrebbero arrivare  a toccare aumenti del 100% .

Il futuro ci dirà se è una buona strategia per gli Stati Uniti intraprendere una guerra commerciale contro la Cina. Per il momento Wall Street sembra pensarla così e vuole di più, infischiandosene dell’inflazione, dei debiti giganteschi degli Stati, dei problemi migratori dell’occidente etc. etc. Debbo confessare che di tutto questo sono rimasto sorpreso, ma forse dovrei essere più aperto, non tenere gli occhi fissi sui quadranti economici, non essere troppo ossessionato per i debiti crescenti (+ 400 miliardi in Italia + 1.000 miliardi in Francia in sette anni), né preoccuparmi troppo per il loro costo proibitivo che paghiamo attraverso gli interessi. Non dovrei neppure essere tormentato per le crisi migratorie, né per la sovrapproduzione di veicoli elettrici in Cina, stimata in 2,5 milioni di unità, che i produttori  potrebbero trovarsi costretti a svendere e che noi, attraverso Stellantis via Leapmotors, aiuteremo a smaltire, né, soprattutto, a non preoccuparmi dell’inflazione che verosimilmente sarà  “la chiave” che la Fed e la BCE utilizzeranno da qui in avanti  per una politica monetaria più accomodante. Un esempio di come sconfiggerla in modo brillante proviene come sempre dagli Stati Uniti, attraverso il conosciutissimo gioco delle tre carte. Il  Bureau of Labor Statistics, dopo aver constatato un aumento del 73% da settembre 2023 e  un +27% proprio il mese scorso, ha escluso il caffè dal paniere dalle componenti che permettono di calcolare l’indice mensile dei prezzi. E voilà, l’inflazione non c’è più! Ecco, prenditela tra i denti, maledetta inflazione! Punito per i suoi eccessi, l’espresso viene (scusate il gioco di parole) espressamente tolto dal cestino della spesa. Ma torniamo alla notizia bomba della scorsa settimana secondo la quale Biden si prepara a tassare le importazioni di veicoli elettrici cinesi non al 30%, né al 50%, ma al 100%. Non solo ciò verrebbe percepito come una dichiarazione di guerra commerciale di una brutalità senza precedenti, ma il consumatore americano non avrà più altra scelta se non quella di acquistare un modello “made in USA” che vale dal 25 al 30% in più rispetto ai veicoli importati da Cina,  già assoggettati a sovrattassa ai sensi dell’IRA.  Ursula von der Leyen per il momento appare cauta e sembra non voler seguire, come in altre circostanze, l’esempio americano. La Presidente ha detto che in Europa i dazi verranno certamente aumentati ma saranno “commisurati” al danno subito. La sua affermazione, “condividiamo alcune preoccupazioni americane ma noi alla fine dell’indagine in corso imporremo solo dazi mirati e non apriremo una guerra commerciale con Pechino”, pur lasciando aperta la porta a soluzioni diverse appare assolutamente debole, a dimostrazione de fatto che le idee sono poche e poco chiare. Delle due l’una: o si ha il coraggio di difendere gli interessi industriali europei o si aprirà all’invasione cinese. Tertium non datur.

Ciò significa che cambiare auto sarà sempre più complicato dal punto di vista finanziario per la maggior parte degli americani e degli europei , soprattutto perché il costo dei prestiti da 48 a 72 mesi è al suo apice con tassi superiori al 7% per i migliori profili di mutuatari. A questo punto c’è da porsi una domanda, che è la seguente: chi garantirà la sopravvivenza del settore automobilistico americano e europeo e come verranno ricollocate le maestranze che perderanno il lavoro nelle catene di produzione e nell’indotto?  La parte più ricca della popolazione, circa il 18%, avendo già acquistato una Tesla, un’Audi e-Tron, una e-Porsche o un altra autovettura di alta gamma, bisognerebbe convincerla ad acquistarne una seconda, mentre la tendenza attuale sarebbe orientata piuttosto verso un ritorno ai veicoli termici tra gli appassionati di “auto sportive” e “supercar”. Il problema, più in generale, è che quel 18% più ricco ha già tutto e difficilmente potrà fare di più per sostenere l’economia. A sorreggere il mercato dovrebbe provvedere, allora, la classe media, ma questa, sappiamo bene, è stata letteralmente distrutta, soprattutto in Italia, e con il suo misero contributo ai consumi del  22%  non è in grado di fare miracoli.

 Ciò si spiega in gran parte con il fatto che i “risparmi Covid” sono stati interamente spesi e che un’inflazione superiore al 5% per 37 mesi consecutivi ha eroso il potere d’acquisto dei meno fortunati.

Allo stesso tempo il mercato azionario è cresciuto, cosa che accade raramente in tempi di inflazione, ampliando significativamente il divario di ricchezza tra coloro che hanno capacità di risparmio e coloro che continuano a vivere a credito. Questa realtà potrebbe pesare molto all’inizio di novembre, quando lo stato dell’economia mondiale, nell’ambito della quale quella americana, europea e italiana appaiono estremamente floride dal punto di vista degli indici azionari,  potrebbe flettere significativamente dopo il voto presidenziale americano, indipendentemente da chi risulterà il vincitore, perché Biden e Trump avranno lo stesso nemico comune, ovvero la Cina.

Il futuro ci dirà se l’aumento dei dazi sarà stata una buona strategia per avviare una guerra commerciale di tale portata…….. e Wall Street sembra pensarla proprio così!

FOTO di Apertura : MILANO Dazio di Porta Vigentina (Wikipedia pub, dom,)

 

 

Nessun Commento

Inserisci un commento